Bruxelles – Quella per la semplificazione è una partita di “grande importanza e grande rilevanza” che “non si può che sostenere”, eppure guardando le prime bozze del testo della ‘Better regulation’, che il primo vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans sta mettendo a punto, e che dovrebbe essere presentato il 18 maggio, si intravede il rischio “di complicare le cose”, creando “nuove strutture per giunta più permeabili all’influsso delle lobby”. È preoccupato il presidente del gruppo ‘Various interest’ (agricoltori, consumatori, ambientalisti, associazioni delle famiglie, Ong etc.) del Comitato economico e sociale (Cese), Luca Jahier.
Crede che la Commissione non stia andando nella giusta direzione?
“L’obiettivo di una migliore e più efficiente legislazione non può essere che essere sostenuto. È necessario eliminare tutta quella regolamentazione inutile che grava solo su cittadini e imprese. Certo non è una cosa che inventano ora ma che va avanti da anni, però adesso lo si fa con maggiore forza. È una partita di grande importanza e grande rilevanza che può avere un impatto positivo sull’Ue, ma può anche comportare derive enormi, come tutte le partite importanti”
A quali rischi pensa?
“I principali sono sicuramente nella parte che riguarda le consultazioni. Una delle direttrici del piano è “consulting more, consulting better”, ma qui si sta già andando nella direzione sbagliata perché si sta proseguendo nella strada che ha contraddistinto il lavoro della Commissione negli ultimi anni: una inutile moltiplicazione di consultazioni internet, di forum e la creazione di gruppi di esperti per ogni nuova legislazione che si intende proporre. Ma ci sono dubbi su queste consultazioni aperte, ci si chiede se poi quanto emerge abbia davvero un impatto reale e venga tenuto in considerazioni, molti hanno l’impressione che non serva a nulla”.
Ma le consultazioni sono importanti…
“Certo che lo sono, ci mancherebbe altro, ma moltiplicarle non vuol dire renderle più efficaci. Andiamo verso un semplice allargamento di questa prassi invece che verso un miglioramento. E per giunta lo facciamo creando una nuova struttura. Timmermans intende mettere in piedi uno ‘stakeholders forum’ con esperti alto livello, rappresentanti della società civile presieduto da lui stesso. Ma che senso ha? Questi luoghi di filtro e di sintesi esistono già nei trattati, sono i partner sociali, il Cese, che è esattamente questo, ovvero la sintesi della società civile europea, e il Comitato delle Regioni che fa da tramite con gli interessi delle autonomie locali. E invece queste strutture non vengono neanche citate nei piano che preferisce creare una ulteriore scatola forse più flessibile e funzionale, ma che desta preoccupazioni”.
Perché?
“Perché così la Commissione si sceglierà da sola i propri esperti e interlocutori in una struttura che sarà chiaramente più permeabile all’influsso delle lobby. I membri del Cese sono frutto di una procedura nazionale, così come quelli del Comitato delle Regioni, che non viene affatto preso in considerazione anche se gran parte delle direttive impattano su autonomie locali. Se non si è soddisfatti di come funzionano queste istituzioni, che sono ricordo previste dai Trattati, si può riformarle, ma perché escluderle? Scegliersi da solo chi ti deve dare i consigli è legittimo e può essere utile, ma non è ‘more consultation’”.
A parte le consultazioni la Commissione punta anche a proporre direttive più efficaci.
“Benissimo, ma anche qui si deve stare attenti. Da sempre si fanno valutazioni di impatto ‘ex ante’, quando si prepara un pacchetto si fanno tantissimi studi, ma il problema è che questi studi poi non hanno alcuni valore alla fine del processo legislativo quando le direttive, nei passaggi tra Parlamento e Consiglio, vengono stravolte e così, come dice lo stesso Timmermans, si inizia proponendo una carota e alla fine ci si ritrova con una banana. Nessuno valuta se quello che viene fuori funziona e alla fine dopo 7 anni ci accorgiamo che non funziona niente”.
Ma questo avverrà sempre, è il processo legislativo.
“Proprio per questo bisogna puntare a un sistema di valutazioni ‘ex post’ che non si concentri solo sulla fase iniziale ma che venga ripetuto a tappe per capire come si sta evolvendo il testo e quali conseguenze avrà sull’Europa. Le valutazioni di impatto vanno fatte in maniera equilibrata in base a fattori economici, sociali e ambientali”.
Non lo si è fatto fino ad oggi?
“Finora ci si è concentrati troppo e soltanto sulla dimensione economica, l’unica che ha indicatori vincolanti. Se sfori deficit e debito ti viene chiesto di rimetterti in carreggiata ma per il resto non sono previsti meccanismi di richiamo su questioni ambientali o sociali. L’Europa ha guardato solo agli equilibri di bilancio dimenticando crescita, occupazione e competitività. Il sociale è stato tagliato e la sostenibilità rinviata. In questo modo non solo tradisci i Trattati ma fai saltare l’intero sistema”.