Bruxelles – Catapultata in un ordine economico mondiale che fa sempre più paura, l’Ue si rivolge all’alleato di sempre. La commissaria europea per la Concorrenza, Margrethe Vestager, ha scelto la prestigiosa università di Princeton per lanciare l’appello agli Stati Uniti: nella corsa geopolitica alla tecnologia – con la Cina che la fa da padrone – “avere partner di cui ci si può fidare è un vantaggio competitivo”.
Sull’altare della storica amicizia che lega le due sponde dell’atlantico, la commissione Ue è pronta a mettere il sempre più complicato rapporto con Pechino, “partner, concorrente economico e rivale sistemico”. La vicepresidente esecutiva della Commissione europea, invitata nella prestigiosa università americana, è stata durissima sulla Repubblica Popolare Cinese, che “non sempre gioca in modo corretto” quando si parla del mercato delle tecnologie critiche.
Oltre le parole, i fatti, per convincere Washington – e il prossimo inquilino della Casa Bianca – che l’Ue non ha alcun dubbio su che parte stare. Le indagini sulle importazioni di veicoli elettrici dalla Cina lanciata in ottobre, su cui “se dovessimo stabilire che queste auto elettriche sono state sovvenzionate illegalmente, imporremmo dei rimedi”, e su “offerte sospette” in diverse gare d’appalto in Bulgaria e in Romania, con aziende cinesi che “potrebbero essere state indebitamente avvantaggiate”.
Ma Vestager ha rilanciato ancora, annunciando l’avvio di una nuova indagine sui fornitori cinesi di turbine eoliche. “Stiamo indagando sulle condizioni per lo sviluppo di parchi eolici in Spagna, Grecia, Francia, Romania e Bulgaria”, ha dichiarato la commissaria. Annuncio che arriva proprio nel momento in cui il ministro per il Commercio cinese è in viaggio in Europa, con l’obiettivo di – secondo quanto riportato da Reuters – di respingere l’indagine Ue sulle auto elettriche.
Davanti alla platea di Princeton, Vestager ha smascherato il metodo utilizzato da Pechino per “dominare” l’industria dei pannelli solari: “In primo luogo, attirando investimenti stranieri nel suo grande mercato interno, di solito richiedendo joint venture. In secondo luogo, acquisendo la tecnologia, e non sempre in modo trasparente. Terzo, concedendo massicci sussidi ai fornitori nazionali, chiudendo contemporaneamente e progressivamente il mercato nazionale. E quarto, esportando la capacità in eccesso nel resto del mondo a prezzi bassi”.
Con il risultato che solo il 3 per cento dei pannelli solari utilizzati oggi nell’Unione europea sono stati prodotti nei 27 Paesi membri. La commissaria è stata perentoria: “Non possiamo permetterci che ciò che è successo per i pannelli solari si ripeta per i veicoli elettrici, l’eolico o i chip essenziali”. Ma l’Ue ha bisogno di avere le spalle coperte, schiacciata tra i due giganti Usa e Cina. “Mentre sviluppiamo ulteriormente la strategia per le tecnologie pulite, dobbiamo riflettere sulla questione dell’affidabilità”, ha incalzato Vestager.
L’Ue alla ricerca di “partner affidabili”
La proposta lanciata dalla responsabile per la Concorrenza del gabinetto von der Leyen è quella di “sviluppare – a livello di G7 – un elenco di criteri di affidabilità per le tecnologie pulite critiche“. Che vanno dall’impronta ambientale nella loro produzione, ai diritti dei lavoratori fino alla sicurezza informatica. E che possano essere usati “come condizioni per determinati incentivi” o come “criteri” negli appalti pubblici.
Un approccio concertato tra partner che “condividono gli stessi valori”, agli antipodi di quanto successo con l’approvazione da parte del governo di Joe Biden dell’Inflation Reduction Act, l’enorme piano di sostegno all’industria nazionale che nell’agosto del 2022 ha messo in crisi la competitività delle aziende europee. “Legando i criteri alla produzione locale invece dell’affidabilità, gli Stati Uniti hanno limitato il potenziale di scala dei produttori occidentali. E ci hanno costretti a reagire con la concessione di sussidi corrispondenti”, ha pungolato Vestager, sottolineando che in questo modo “ognuno di noi utilizza il denaro dei contribuenti per attirare o trattenere i progetti dell’altro, invece di usarlo per dare alle nostre aziende un vantaggio innovativo o competitivo in questa corsa globale”.
Ma Bruxelles sembra pronta a lasciarsi alle spalle lo sgarbo di Washington, in nome di una causa comune. Che dovrà essere rinnovata dai prossimi leader sulle due sponde dell’Atlantico. Con lo spauracchio di un ritorno al potere di Donald Trump. “Mentre sia l’Ue che gli Usa entrano in periodo elettorale, vediamo l’incertezza che ci attende. Ma una cosa rimane certa: in questa corsa geopolitica alla tecnologia, avere partner di cui ci si può fidare è un vantaggio competitivo”, ha concluso Vestager.