Giornalisti, analisti, accademici, appassionati di politica. Tutti insieme non abbiamo capito niente di quello che stava succedendo in Gran Bretagna. David Cameron, invece, forse sì.
Meno di 24 ore fa tutti, ma proprio tutti, quelli che parlavano del voto britannico erano convinti di un testa a testa tra Laburisti e Conservatori, si parlava di grande coalizione, di novità storica. Invece niente, si è solo capito che in Scozia gli indipendentisti avrebbero fatto il pieno, e così è successo. L’Ukip di Nigel Farage non esiste, in termini di seggi ne aveva due ora ne avrà forse solo uno, ed è anche calato in percentuale, dal 26,8 per cento delle europee a poco più del 12.
I liberali hanno pagato il prezzo che, cinque anni fa, tutti si aspettavano e poi hanno dimenticato, dell’alleanza con Cameron. Nick Clegg fece l’errore di mal interpretare il voto dei suoi elettori, forse fu attratto dalla possibilità di diventare vice premier e fece la scelta, rivelatasi suicida, di allearsi con i conservatori che lo hanno fagocitato, mentre la fetta dei sui elettori di sinistra, di allora, lo hanno ovviamente abbandonato. I laburisti possono rammaricarsi della stragrande vittoria dello Scottish national party, che è passato da 6 a 56 deputati (strappandoli a Ed Miliband, che si è appena dimesso), una cifra che comunque terrebbe sempre molto lontani i laburisti dai conservatori. Cameron invece ha conquistato la maggioranza assoluta, guadagnando oltre 25 deputati (mentre scriviamo il risultato non è definitivo).
Tutti i sondaggi hanno sbagliato e le analisi con loro. Su Eunews lo avevamo accennato, proprio nell’articolo di presentazione delle elezioni pubblicato ieri, “Per governare in Gran Bretagna basta anche la maggioranza di un voto, il galateo politico lo impone”. Non era una certezza sul risultato, ovviamente, ma un dubbio, con il quale aprimmo comunque la nostra analisi. Lo facemmo perché oramai siamo convinti che i sondaggi valgono poco, è successo ora in Gran Bretagna, è successo spesso in Italia. E le analisi si sono impigrite, si guarda ai numeri, facili da capire, che sondaggisti sfornano e che i giornali, noi, riprendiamo come oro colato, e su questo si fanno commenti e previsioni. Erano sbagliati non solo i conti sui seggi, obiettivamente difficili da fare visto il sistema elettorale britannico basato sul maggioritario di collegio a un turno, ma anche quelli sulle percentuali. Ma pure lì dovrebbero avere una certa esperienza.
Guardando altri numeri, quelli dell’economia, Cameron ha portato buoni risultati. La Gran Bretagna è cresciuta più di tutta l’Unione europea, più della Germania, la disoccupazione cala. Anche se i poveri sono sempre più poveri e la classe media si è indebolita evidentemente il progetto di Cameron ha convinto molto di più delle proposte laburiste, da un lato, e da quelle estremiste di destra come quelle del partito di Farage. E poi il leader conservatore ha un asso nella manica, il referendum sulla permanenza nell’Unione europea promesso per il 2017, (ma si farà davvero?) che ha giocato come catalizzatore per i più euroscettici.
Diciamo la verità, con il senno di poi. E’ successo quello che fino a sei mesi fa tutti si aspettavano, che era il frutto delle analisi, e ne sono state prodotte tante, degli anni passati, e che poi tutti abbiamo dimenticato perché ci siamo appecoronati dietro i sondaggisti, invece di faticare a capire, ciascuno per il suo, quello che stava succedendo nella società politica britannica. L’errore è stato grande, speriamo che lo sia anche l’insegnamento per il futuro.