Bruxelles – Per governare in Gran Bretagna basta anche la maggioranza di un voto, il galateo politico lo impone, ma oggi, alla chiusura delle urne delle elezioni legislative (le 22 a Londra, le 23 in Italia), forse nessun partito ce la farà a proclamarsi vincitore.
E la prima volta che a Londra si parla apertamente di “grande coalizione” cioè della possibilità che non basti un solo partito, come spesso è avvenuto, o di un accordo tra due, come è ora tra conservatori e liberali, a formare la maggioranza. Un governo traballante, che secondo alcuni osservatori potrebbe solo portare ad un cambio dei leader per arrivare nuove elezioni a breve, entro l’anno. A destra, il partito nazionalista e populista Ukip di Nigiel Farage, da mesi sta rubacchiando esponenti del partito conservatore. Secondo gli osservatori però Farage non è riuscito ad accreditarsi come una vera alternativa al centrodestra. Anche i laburisti sono in grande difficoltà, in particolare in Scozia, dove tradizionalmente fanno il pieno di voti nonostante il Partito indipendentista locale. Il referendum dello scorso anno ha visto la sconfitta dei separatisti, ma ha anche riacceso gli animi di chi vorrebbe abbandonare Londra e farsi uno Stato tutto per sé. Anzi, ha sdoganato quei voti di chi sull’indipendenza è tiepido e non ha votato a favore, ma non lo è sulla forte autonomia. E la leader col kilt Nicoletta Sturgeon potrebbe prendere 56 dei 59 deputati eletti nel Nord e si prepara ad essere l’ago della bilancia, decisivo se i suoi voti serviranno ai laburisti, utile se la coalizione dovrà essere più larga.
L’Ukip non fa paura anche perché in Gran Bretagna si lotta e si vince collegio per collegio, senza doppio turno, ed è già successo tre volte che il partito con più voti in termini di numeri non sia stato quello che ha preso più seggi. Alle elezioni europee Farage prese un ottimo 26,8 per cento (primo partito), ma era un voto proporzionale, che non garantisce nulla nelle urne di oggi.
Il premier David Cameron ripete una frase in ogni sua apparizione: “Votate per la stabilità, per la competenza di chi ha rimesso in ordine i conti, l’opposizione rischia di riportarci nel caos e di cedere ai ricatti scozzesi”. La questione è però che, se è vero che la ricchezza del Paese è cresciuta significativamente negli ultimi anni, molto pdi più che nel resto d’Europa, questa non è stata redistribuita, e i poveri sono sempre più poveri mentre la classe media si è indebolita. Proprio su questo punto gli risponde il leader Laburista Ed Miliband: “Votate chi mette la gente al primo posto, che si batte per gli interessi di tutti e non solo di pochi privilegiati” . In mezzo i liberali di Nick Clegg, ora alleato di Cameron ma che non ha mai vissuto con grande passione questa coabitazione ed è pronto, lo ha detto, a cambiare cavallo, se necessario.
Sullo sfondo è rimasta in questa campagna la questione dell’Unione europea. Miliband e Clegg sono europeisti convinti, ma sono prudenti, visto che l’aria tra gli elettori è piuttosto critica. Cameron ha promesso un referendum nel 2017 sull’uscita dall’Unione, ma il mondo della finanza e dell’imprenditoria lo ha più volte messo in guardia, spiegando che no, all’economia questo non farebbe bene. Il cavallo all’assalto di Bruxelles dunque l’ha montato solo Farage, con la sua bandiera che porta in bella evidenza il simbolo della sterlina.