Bruxelles – Ora il sostegno dell’Unione Europea all’Ucraina rischia di traballare su un tema che è stato anche al centro delle discussioni dei capi di Stato e di governo dei 27 Paesi membri la settimana scorsa al Consiglio Europeo. Come confermano diverse fonti a Bruxelles, la presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue ha deciso questa mattina (25 marzo) di rinviare il voto sull’intesa provvisoria con il Parlamento Europeo sullo stop ai dazi sulle importazioni alimentari dall’Ucraina a mercoledì (27 marzo) per “ulteriori consultazioni” tra i governi. Si teme il rischio di una bocciatura che non solo metterebbe a repentaglio un beneficio economico annuo per Kiev pari a 1,7 miliardi di euro (fino al 5 giugno 2025), ma che soprattutto minerebbe la credibilità dell’Unione nel sostenere l’Ucraina anche sul fronte economico-agricolo di fronte alla nuova offensiva russa.
Prevista inizialmente per oggi – dopo aver concesso il tempo ai 27 leader Ue di discutere della questione al vertice di giovedì e venerdì scorso (21-22 marzo) – la riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) è stata posticipata di due giorni di fronte all’incertezza della situazione. Quanto riportano alti funzionari è che “diverse delegazioni” non hanno espresso “chiaramente” la propria posizione e per questo motivo si è reso necessario tempo ulteriore per “spiegare” l’accordo provvisorio raggiunto mercoledì scorso (20 marzo) con i negoziatori dell’Eurocamera. A causare lo slittamento sono stati in particolare tre Paesi membri Ue – Francia, Polonia e Ungheria – che hanno sollevato obiezioni su due questioni nello specifico: la prima sull’anno di riferimento per far scattare i ‘freni di emergenza’ in caso di perturbazioni del mercato dell’Unione (o di uno solo dei suoi membri) e la seconda sull’inclusione del grano nella lista di prodotti che vanno considerati proprio per le misure a tutela degli agricoltori europei. A questo si unisce il rischio di un allineamento – anche solo parziale – da parte di altri governi, tra cui anche quello italiano, per le preoccupazioni sugli impatti potenziali nel prossimo anno per il comparto agroalimentare europeo.
Nonostante il confronto tra i 27 leader al Consiglio Europeo, rimangono “le preoccupazioni di principio” dei tre Paesi interessati, anche se tutte le fonti fanno sapere che le nuove proposte sono state comunque accolte “con favore”. L’opposizione di Parigi, Budapest e Varsavia non comprometterebbe il via libera all’intesa (è necessaria la maggioranza qualificata), ma è agli altri indecisi come l’Italia a cui bisogna guardare per il rischio di una minoranza di blocco che farebbe saltare il banco. A quanto si apprende il governo italiano oggi avrebbe votato a favore dell’intesa, ma chiedendo solo la modifica dell’anno di riferimento sui volumi di importazione dei prodotti ucraini per far scattare i ‘freni di emergenza’ (dal 2022-2023 al 2021 pre-guerra). Il punto di equilibrio per Roma sarebbe quello di tutelare interessi nazionali ed europei a livello agricolo, senza però far venire meno il sostegno all’Ucraina anche sul piano dei benefici economici.
È proprio questo uno dei temi più delicati nel cercare il compromesso in Consiglio. Sempre secondo quanto si apprende a Bruxelles, nello scenario di un accordo a ribasso le perdite per Kiev sarebbero pari a 1,2 miliardi di euro, se comparati alla proposta iniziale della Commissione Europea: rispetto ai 2 miliardi di benefici annui calcolati dai servizi del Berlaymont, le fonti riferiscono che con quanto emerso dal trilogo tra Parlamento e Consiglio dell’Ue si scenderebbe a 1,7 miliardi, ma con le richieste di Francia, Polonia e Ungheria si potrebbe arrivare fino a 800 milioni. Questo perché l’inclusione del grano varrebbe da sola circa 700 milioni, mentre la modifica sull’anno di riferimento 200 milioni. È da qui che si stanno impostando le nuove consultazioni tra la presidenza belga, i tre governi più cauti e gli altri indecisi, per arrivare mercoledì a un semaforo verde che non metta a repentaglio le entrate economiche dell’Ucraina in un anno cruciale per le sorti del conflitto con la Russia.
Cosa prevede l’intesa sulla proroga allo stop dei dazi per l’Ucraina
La proposta della Commissione per la seconda proroga alle importazioni dall’Ucraina con una serie di nuove misure nel caso di “perturbazioni significative” del mercato dell’Ue è arrivata a fine gennaio per anticipare (senza successo) le dure proteste degli agricoltori europei. Il trilogo tra i negoziatori di Parlamento e Consiglio dell’Ue si è reso necessario dopo gli emendamenti alla proposta della Commissione introdotti dagli eurodeputati alla sessione plenaria di marzo ma non sostenuti dal Consiglio. Quanto emerso dal trilogo è un Regolamento rinnovato che si applicherà dal 6 giugno – previa approvazione di entrambe le istituzioni Ue – con cui viene prorogata la sospensione dei dazi sull’export ucraino verso l’Unione e che allo stesso tempo permette alla Commissione di intervenire entro 14 giorni (non più 21) per l’attivazione delle salvaguardia automatiche nel caso di perturbazioni di mercato.
Rafforzato il ‘freno di emergenza’ già esistente sui prodotti agricoli “particolarmente sensibili” – ovvero pollame, uova e zucchero – che prende in considerazione “qualsiasi impatto negativo sul mercato di uno o più Stati membri” e non solo sul mercato dell’Ue nel suo complesso. Inoltre viene esteso l’elenco a quattro ulteriori prodotti – avena, mais, semole e miele – con il solo impegno della Commissione a rafforzare il monitoraggio delle importazioni di grano e altri cereali (il primo punto più delicato per i tre Paesi membri in questione). Per l’attivazione dei ‘freni di emergenza’ il periodo di riferimento è il 2022 e il 2023 (il secondo punto critico) e questo significa che la Commissione Europea sarà obbligata a reintrodurre contingenti tariffari solo se le importazioni di pollame, uova, zucchero, avena, mais, semole e miele dovessero superare i volumi medi degli ultimi due anni.