Milano – La proposta di riforma del Codice Doganale dell’Unione europea è ambiziosa: ha un programma che include l’introduzione dell’Eu Data Hub e la creazione di una nuova categoria di operatori economici chiamati Trust and Check Traders. Una svolta che ha l’intento di semplificare controlli e spedizioni, ma che in realtà rischia di danneggiare le piccole e medie aziende, che rappresentano oltre il 90 per cento del tessuto imprenditoriale italiano.
Il punto di partenza della Commissione, visto il forte volume di import-export e il boom del commercio on line, è quello di trasferire più responsabilità su chi gestisce entrate e uscite in dogana. Il coinvolgimento di questi operatori porta con sé – per i nuovi “operatori Trust and Check” – varie semplificazioni, tipo auto-sdoganamento, autocontrollo, dispensa dalle procedure di transito per gli spostamenti all’interno dell’Ue, anche da e per l’azienda, da e verso il confine Ue. Più facilitazioni, ma appunto anche maggiori responsabilità, rischi finanziari e di altro tipo legati, ad esempio, all’applicazione di dazi o sanzioni, considerando gli inevitabili errori che possono accadere.
Ma anche da parte delle aziende, le difficoltà non sono poche. Già negli scorsi mesi, le associazioni continentali dei trasportatori Clecat ed Esc, ma anche nazionali come Confetra, avevano espresso dubbi sulla capacità delle Pmi di adattarsi alla proposta, sottolineando che molte di esse potrebbero non essere in grado di permettersi le infrastrutture e le competenze necessarie per ottenere lo status di Trust and Check Trader. Questo nuovo status richiederebbe trasparenza nella catena di approvvigionamento e l’abilità di sdoganare le importazioni autonomamente, senza doverle presentare fisicamente alla dogana.
Inoltre, la proposta prevede che i rappresentanti doganali assumano nuove responsabilità, come l’accesso diretto ai sistemi informatici degli operatori e il tracciamento in tempo reale delle spedizioni, il che potrebbe renderli riluttanti ad accettare tali responsabilità, rallentando ulteriormente il commercio. Questo potrebbe avere un impatto negativo sulle Pmi, che spesso dipendono dai servizi logistici forniti da intermediari doganali.
Gli importatori e gli esportatori rientreranno infatti nella categoria del ‘Trust and Check Trader’ (una versione aggiornata del cosiddetto ‘Operatore Economico Autorizzato’), per cui, ad esempio, i trasportatori e gli operatori di stoccaggio saranno obbligati a integrare e correggere le informazioni fornite da altri attori della catena di approvvigionamento, senza poter accedere alle informazioni sull’hub di dati che non sono direttamente ad essi legati.
Infine, l’attenzione all’importatore e all’esportatore mette in secondo piano il ruolo degli intermediari, come i fornitori di servizi doganali e logistici, i cui servizi in realtà sono vitali in particolare per molte Pmi che non possono permettersi il proprio personale doganale specializzato e i propri sistemi informatici.
Le piccole e medie imprese potrebbero trovarsi quindi in una situazione di svantaggio, con minori possibilità di accesso ai servizi logistici e maggiori difficoltà nel soddisfare i nuovi requisiti imposti dalla riforma del Codice Doganale dell’Ue. Il risultato finale è dunque un potenziale rallentamento dei flussi di merci alla frontiera e a una maggiore incertezza per le pmi che dipendono dal commercio estero.