Bruxelles – L’Unione europea ha bisogno di soldi che non ha, quando ce ne sono tanti che dormono nelle banche e che potrebbero essere usati per finanziare l’economia. Sono i risparmi delle famiglie, fermi sui conti correnti e che si vorrebbe cercare di mettere in circolo per stimolare un’eurozona alle prese con esigenze di liquidità che gli Stati non possono garantire. Ed è in quest’ottica che occorre avviare quell’unione dei mercati di capitali ancora mancante. L’Eurogruppo che si è riunito a Gent (Nord del Belgio) per una sessione informale di lavori avvia un ragionamento cui si vuole dare seguito.
La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, offre numeri utili a capire la portata della sfida. “Dal 2031 serviranno 800 miliardi di euro l’anno se vogliamo soddisfare gli obiettivi europei di riduzione del 90 per cento di emissioni di gas a effetto serro entro il 2040″. Totale: ottomila miliardi entro il 2040. E poi, ricorda Lagarde, “servono 75 miliardi di euro l’anno per soddisfare l’obiettivo di spesa Nato del 2 per cento di Pil per la difesa”. Servono dunque “ambizione” ma soprattutto determinazione nell’azione politica. Terzo elemento numerico: “circa 250 miliardi di euro, pari all’1,8 per cento del Pil europeo, lasciano l’Europa per andare altrove, soprattutto negli Stati Uniti“.
C’è una ricchezza europea che non giova all’Europa. Fermare i soldi in uscita non appare possibile, e trovare i soldi che servono è tutt’altro che semplice. A livello di bilancio statale “non c’è molto denaro disponibile“, ammette Bruno Le Maire, ministro delle finanze francese. Ma di denaro disponibile fermo invece ce n’è, e a palate. “I risparmi degli europei ammontano a 35mila miliardi di euro, e un terzo, oltre 10mila miliardi, dormono sui conti bancari. Sono soldi che dormono e non lavorano, quando i soldi degli europei devono contribuire alla crescita, alla ricerca, all’occupazione”.
Dichiarazioni pubbliche molte delicate, quelle di Le Maire, che rischiano di creare malumori. Ma la chiave è tutta qui, nel saper “mobilitare i risparmi delle famiglie, che sono importanti per sostenere le nostre sfide“, riconosce Vincent van Peteghem, ministro delle Finanze del Belgio, Paese con la presidenza di turno del Consiglio Ue. Sarà questa la chiave di volta. Ma andrà fatto per bene. Da qui l’iniziativa francese per un’unione dei mercati di capitali.
Le Maire porta a Gent la sua idea di un’unione dei capitali “su base volontaria” quale leva per smuovere il denaro che dorme sui conti bancari. Aperta a un numero ristretto di Paesi – “quattro o cinque sarebbe una buona base di partenza”, ragiona il ministro francese – e con l’Esma, l’autorità europea per i mercati e gli strumenti finanziari, nel ruolo di supervisore di Stati e istituti di credito. Quindi un prodotto di risparmio europeo, su cui occorrerà lavorare per definire requisiti e rendimenti. Terzo elemento della proposta una garanzia per la titolarizzazione, cosicché i titoli smettano di gravare sui bilanci delle banche e le banche possano prestare di più ai privati.
La Francia dunque prova a cambiare ritmo e passo. Le Maire vorrebbe progressi tangibili già quest’anno, “nel 2024”, e cerca partner. Il dibattito è avviato, il tema è sul tavolo. I prossimi mesi diranno, soprattutto ai titolari dei risparmi, come l’Unione europea e la sua eurozona decideranno di comportarsi.