Bruxelles – È arrivato il via libera finale degli Stati membri alle nuove norme per combattere il cosiddetto greenwashing, l’ambientalismo di facciata, e rafforzare i diritti dei consumatori. Stretta sulle pratiche commerciali sleali: al bando slogan come “ecofriendly”, “naturale”, “biodegradabile”, se non supportati da prove riconosciute da autorità pubbliche. E sulla proliferazione di marchi di sostenibilità, che dovranno basarsi su sistemi di certificazione approvati o creati da autorità pubbliche.
Le nuove regole modificano la direttiva sulle pratiche commerciali sleali (UCPD) e la direttiva sui diritti dei consumatori (CRD), adattandole alla transizione verde e all’economia circolare. Presentata il 30 marzo 2022 dalla Commissione europea, la proposta è stata avallata da Eurocamera e Consiglio dell’Ue lo scorso 19 settembre. Dopo l’approvazione formale del Parlamento europeo durante la sessione plenaria di gennaio, questo era l’ultimo step prima della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. “Grazie alla direttiva adottata oggi, i consumatori saranno meglio informati, meglio tutelati e meglio attrezzati per essere veri attori della transizione verde”, ha commentato il vice-premier belga, Pierre-Yves Dermagne, a nome della presidenza belga del Consiglio dell’Ue.
La direttiva proteggerà i consumatori da affermazioni “verdi” ingannevoli: secondo uno studio realizzato dall’Ue nel 2020, il 53 per cento delle dichiarazioni ambientali fatte dalle aziende sono “vaghe, fuorvianti o infondate“. Comprese quelle relative alla compensazione delle emissioni di carbonio: le aziende non potranno più ricorrere a dichiarazioni che suggeriscono un impatto sull’ambiente neutro, ridotto o positivo in virtù della partecipazione a sistemi di compensazione delle emissioni. Con tutte le sfaccettature del caso: ad esempio le compagnie aeree non potranno più vendere voli climaticamente neutrali e incoraggiare i consumatori a compensare le emissioni pagando di più.
Regolamentato anche l’uso dei marchi di sostenibilità, data la confusione causata dalla loro proliferazione e dal mancato utilizzo di dati comparativi. Per essere autorizzati, i marchi di sostenibilità dovranno basarsi su sistemi di certificazione approvati o creati da autorità pubbliche.
Giro di vite anche contro l’obsolescenza programmata: le nuove norme chiariranno la responsabilità dei commercianti in caso di informazioni – o mancanza di informazioni – sull’obsolescenza precoce, sugli aggiornamenti software non necessari o sull’obbligo ingiustificato di acquistare pezzi di ricambio dal produttore originale. Verrà inoltre creato un nuovo marchio armonizzato per dare maggiore risalto ai prodotti con un periodo di garanzia più esteso.