Bruxelles – Il clima nei rapporti tra Polonia e istituzioni Ue sotto il governo di Donald Tusk è cambiato, e in modo sensibile. Lo testimoniano i sorrisi, le frequenti risate e le dichiarazioni al miele dei responsabili di Commissione e Consiglio sul dossier delle violazioni dello Stato di diritto a Varsavia, dopo la presentazione di oggi (20 febbraio) al Consiglio Affari Generali del piano d’azione del governo polacco per le riforme giudiziarie che, dopo anni di contenziosi con Bruxelles, potranno finalmente mettere un punto alla procedura scattata sei anni fa secondo l’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea.
“Abbiamo ricevuto il documento che mostra non solo un chiaro impegno su quanto già fatto, ma anche un piano d’azione sulle questioni-chiave che abbiamo messo nella procedura secondo l’articolo 7”, ha confermato il commissario per la Giustizia, Didier Reynders, intervenendo a margine del Consiglio di oggi. Era il 20 dicembre 2017 quando la Commissione Ue decideva di attivare il meccanismo che permette di sospendere i diritti di adesione all’Ue in caso di violazione “grave e persistente” dei principi fondanti dell’Unione da parte di un Paese membro. È di competenza del Consiglio la delibera con una maggioranza di quattro quinti (il Paese membro in questione non parteciperebbe alla votazione) per l’imposizione della misura, mentre serve l’unanimità per la definizione della violazione: l’Ungheria, anch’essa sotto procedura articolo 7, ha sempre esercitato il proprio diritto di veto a sostegno dell’ormai ex-alleato a Varsavia.
Ma da quando due mesi fa l’ex-presidente del Partito Popolare Europeo è tornato a sedere al tavolo dei leader Ue la musica è decisamente cambiata. “È stata la stessa Polonia ad aver presentato al Consiglio un piano d’azione a sole poche settimane dall’insediamento, abbiamo visto uno spirito positivo”, ha confermato la ministra degli Affari esteri belga e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Hadja Lahbib. “Per la Commissione questo è molto più di un impegno, con decisioni chiare e nuove leggi”, ha assicurato il commissario Reynders davanti al ministro della Giustizia polacco, Adam Bodnar, con riferimento alla “decisione di aderire alla Procura Europea, di rispettare tutte le sentenze della Corte di Giustizia Ue e della Corte Europea dei Diritti Umani e di separare la carica di procuratore generale da quella di ministro della Giustizia”. È per questo motivo che trapela particolare ottimismo a Bruxelles, come confermato dalla vicepresidente della Commissione Ue per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová: “È un giorno positivo, ma c’è ancora lavoro da fare, per noi non è importante solo ciò che c’è nel piano, ma anche come sarà implementato” ed è per questo che i servizi del Berlaymont sosterranno Varsavia con “una tabella di marcia per restaurare lo Stato di diritto, è un lavoro congiunto dopo molti anni di violazioni”.
Non passa inosservato il tempismo con cui la stessa Commissione ha reso noto proprio oggi attraverso il suo portavoce-capo, Eric Mamer, della visita di venerdì (23 febbraio) della numero uno dell’esecutivo Ue, Ursula von der Leyen, insieme al primo ministro belga e presidente di turno del Consiglio dell’Ue, Alexander De Croo, a colloquio a Varsavia con il premier Tusk. Non sono ancora noti i punti in agenda, ma sembra verosimile un confronto sia sulla questione dello Stato di diritto, sia del potenziale sblocco dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. “Abbiamo visto progressi sull’implementazione delle pietre miliari del Pnrr, sono tutti passi nella giusta direzione”, ha risposto alle domande della stampa il commissario Reynders, anticipando a livello generale che “potremmo vedere un rilascio dei fondi nelle prossime settimane, ma serve prima una valutazione positiva della Commissione“. Allo stesso modo l’esecutivo Ue guarda alla chiusura della procedura secondo l’articolo 7, considerate le “reazioni molto positive del Consiglio al piano d’azione della Polonia, il passo decisivo prima della nostra valutazione”, ha messo in chiaro la vicepresidente Jourová, a cui ha fatto ancora eco il collega responsabile per la Giustizia: “Se lavoreremo così nelle prossime settimane, di certo potremo concluderla” entro la fine della presidenza belga il prossimo 30 giugno.
I contenziosi tra Ue e Polonia
Dal 2015 l’ex-partito al potere ultraconservatore Diritto e Giustizia ha messo sotto pressione i rapporti con Bruxelles sotto molti punti di vista, ma soprattutto sugli standard Ue di rispetto dello Stato di diritto. Dal 2021 è in corso un contenzioso legale determinato da due sentenze della Corte Costituzionale della Polonia: la prima del 14 luglio, quando i giudici di Varsavia hanno respinto il regolamento comunitario che permette alla Corte di Giustizia dell’Ue di pronunciarsi su “sistemi, principi e procedure” delle corti polacche, la seconda del 7 ottobre, quando la Corte Costituzionale ha messo in discussione il primato del diritto comunitario, definendo gli articoli 1 e 19 del Trattato sull’Unione Europea (Tue) e diverse sentenze dei tribunali dell’Ue “incompatibili” con la Costituzione polacca.
Al centro della contesa c’è la decisione di sospendere provvisoriamente le competenze della sezione disciplinare della Corte Suprema della Polonia, a causa di alcuni provvedimenti arbitrari contro magistrati non graditi alla maggioranza di governo. Mentre è in corso la procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, la Corte di Giustizia dell’Ue ha condannato il Paese membro a pagare un milione di euro di multa al giorno: dal 27 ottobre 2021 al 14 aprile 2023 il conto era salito a oltre mezzo miliardo di euro (526 milioni per l’esattezza).
A questo si aggiunge il contenzioso tra Varsavia e Bruxelles sulla miniera di Turów. Il 20 settembre 2021 la Corte di Giustizia dell’Ue aveva deciso di imporre alla Polonia una multa giornaliera di 500 mila euro per non aver fermato le operazioni della miniera e della relativa centrale elettrica al confine con la Repubblica Ceca a seguito della denuncia di Praga nel febbraio dello stesso anno. Secondo i giudici europei le attività della miniera prorogate fino al 2026 avrebbero conseguenze negative sull’approvvigionamento idrico dei suoi cittadini sul confine, ma Varsavia si è rifiutata di pagare quanto stabilito dalla sentenza. Nonostante la chiusura del caso il 4 febbraio 2022 grazie a un accordo tra i due governi, la Corte di Giustizia dell’Ue ha deciso di chiudere il caso ma senza revocare la multa. È così che pochi giorni più tardi la Commissione Ue ha deciso di trattenere circa 15 milioni di euro dai fondi comunitari destinati alla Polonia proprio a causa del mancato pagamento di quanto imposto dalla Corte Ue dal 20 settembre al 19 ottobre 2021. Il contrasto è proseguito nel corso del successivo anno e mezzo di governo Morawiecki, con l’apice raggiunto lo scorso 10 dicembre – lo stesso giorno in cui l’ex-premier Morawiecki è stato bocciato al Parlamento nazionale per un nuovo mandato da premier – quando la Corte Costituzionale della Polonia ha dichiarato incostituzionali le multe imposte anche in merito alla miniera di lignite di Turów.