Bruxelles – La trasparenza nel lavoro delle lobby in Europa? Per il momento è ancora solo un miraggio, almeno nella maggior parte degli Stati dell’Ue. Secondo il report “Lobbying in Europe: Hidden Influence, Privileged Access”, della Ong Transparency International, che ha preso in considerazione 19 Stati membri e le tre istituzioni comunitarie, solo 7 nazioni possiedono delle forme di regolamentazione del lobbying abbastanza valide, e l’Italia non è tra queste. Anzi il nostro Paese ha ottenuto un misero punteggio generale di 20 punti su 100 collocandosi al terzultimo posto della classifica. Peggio di noi fanno soltanto Cipro e Ungheria che si posizionano agli ultimi posti con 14 punti su 100 e performance basse per tutti gli indicatori, in particolar modo per l’accesso alle informazioni. I criteri presi in considerazione per l’assegnazione di questi punti sono la presenza di codici di condotta per l’attività, il registro delle lobby e i freni al fenomeno delle cosiddette “porte girevoli”, ovvero la possibilità di passare da un impiego nel settore pubblico a quello in una lobby, sfruttando così i tanti contatti e connessioni sviluppate nella precedente attività. Anche altri due Paesi simbolo della crisi dell’Eurozona, il Portogallo e la Spagna, sono tra i cinque con i punteggi peggiori e dove le pratiche di lobbying e i rapporti tra il settore pubblico e finanziario sono particolarmente a rischio.
Grazie alla riforma dello scorso gennaio migliora molto invece il suo ranking la Commissione europea che con 48 punti è al secondo posto, facendo anche meglio del Parlamento europeo che si ferma a 45 punti. Un risultato comunque insoddisfacente per la Ong che sottolinea nel rapporto come “valutate rispetto a standard internazionali e best practice emergenti, le tre istituzioni dell’Unione europea in media raggiungono un punteggio di 36”, un dato “particolarmente preoccupante visto che Bruxelles è un centro di lobbying in Europa e le decisioni prese nella capitale belga influenzano l’intera regione”. A far calare di molto la media il risultato del Consiglio che si ferma a soli 29 punti.
La ricerca di Transparency International mostra che i settori in Europa più vulnerabili a pratiche poco trasparenti di lobbying sono l’industria dell’alcool, del tabacco, dell’energia, dell’automobile, il settore finanziario e quello farmaceutico.
“La totale assenza di regole per i lobbisti e per le loro controparti, i politici, ci pone di fronte a una vera e propria minaccia alla democrazia, soprattutto ora che il Paese sta migrando da un sistema di finanziamento della politica pubblico a uno prevalentemente privato”, Davide Del Monte, direttore di Transparency International Italia. Secondo Del Monte “a fronte di moltissime proposte di legge, in questi anni è stato invece fatto pochissimo nel concreto: sono i diritti e gli interessi basilari dei cittadini che vengono chiamati in causa e che necessitano di essere protetti con una norma ben scritta”.