Bruxelles – Meglio target non troppo ambiziosi che un nulla di fatto. Devono essersene convinti i deputati europei che, dopo una battaglia che dura da oltre due anni, hanno deciso di scendere a compromessi sulla proposta per facilitare la transizione verso biocarburanti più sostenibili. Così oggi la commissione Ambiente ha dato il via libera (51 voti favorevoli, 12 contrari e 1 astensione) all’ultima proposta avanzata sul tema dal Consiglio dopo un duro trilogo con il Parlamento, nonostante il nuovo testo indebolisca non di poco le iniziali richieste dell’Aula. Il compromesso sarà votato dalla Plenaria del Parlamento Ue già a fine aprile.
La discussione ruota intorno all’imposizione di un tetto all’utilizzo di biocarbanti di prima generazione, quelli cioè realizzati a partire da prodotti alimentari, come colza, olio di palma, soia, oleaginose (biodiesel), cereali, canna da zucchero, barbabietole da zucchero (etanolo). L’Ue si è data l’ambizioso obiettivo di arrivare al 2020 avendo sostituito il 10% delle fonti fossili con rinnovabili nel settore trasporti. Il testo votato oggi dal Parlamento europeo propone di imporre un limite al 7% per l’utilizzo di biocarburanti di prima generazione nel raggiungimento di questo target del 10%.
I biocarburanti sono accusati di provocare emissioni indirette, legate al cambio di destinazione d’uso dei terreni (Indirect Land Use Change, il cosiddetto fattore Iluc), visto che l’espansione della superficie coltivata a discapito delle foreste porta all’aumento di gas serra, effetto esattamente opposto a quello desiderato. Inoltre, visto che l’Europa non ha a disposizione terreni a sufficienza per rispondere alla domanda di biocarburanti, la loro produzione sta portando a fenomeni di cosiddetto “land grabbing”, con la corsa all’accaparramento di terreni soprattutto in Paesi dell’Africa subsahariana. La domanda di prodotti alimentari per la produzione di biocarburanti è anche accusata di provocare un consistente aumento dei prezzi di questi prodotti alimentari.
Per tutti questi fattori, la Commissione europea ha proposto, nell’ottobre 2012, di limitare il loro utilizzo, nel raggiungimento del target sulle rinnovabili, ad un massimo del 5%. La proposta ha però incontrato la strenua resistenza degli Stati membri che si sono sempre opposti ad una soglia più bassa del 7% per difendere le industrie del settore. Fino a questo momento il Parlamento europeo aveva insistito su un tetto massimo del 6% rifiutando anche, a dicembre 2013, di iniziare i negoziati con il Consiglio per trovare un compromesso. Ora però, con gli Stati assolutamente inamovibili e il rischio di un nulla di fatto sempre più consistente, l’Aula ha deciso di ammorbidire la sua posizione e votare la proposta di compromesso avanzata dalla presidente di turno lettone del Consiglio che fissa appunto il tetto al 7% ma lascia liberi i singoli Stati membri di fissare target più ambiziosi.
Affrontata anche la questione delle emissioni indirette, che il Parlamento europeo chiedeva di inserire nel conteggio delle emissioni a partire dal 2020. Ipotesi che vedeva nettamente contrario il Consiglio secondo cui non esistono ancora strumenti abbastanza precisi per quantificare il fattore Iluc. Secondo il nuovo compromesso, le emissioni derivanti dal cambio d’uso dei terreni dovranno essere segnalate dai fornitori di carburanti ma non saranno comunque prese in considerazione nel nel valutare il rispetto degli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra.
Il Parlamento si è dovuto accontentare anche per quanto riguarda l’introduzione di un sub-target per incentivare il passaggio a biocarburanti di seconda generazione, quelli ottenuti da alghe o da alcuni tipi di rifiuti. Inizialmente l’Aula chiedeva che entro il 2020, almeno il 2,5% del consumo di energia nel settore trasporti dovesse arrivare da biocarburanti avanzati. Nel testo che oggi ha ricevuto il sostegno della commissione Ambiente questa soglia minima è invece stata fissata allo 0,5% e si tratta tra l’altro di una soglia non vincolante. Come incentivo extra comunque l’uso di questi biocarburanti di seconda generazione dovrebbe essere valutato doppio nel raggiungimento del target del 10%.
“Un accordo di gran lunga inferiore di quello che sia necessario per affrontare la miriade di problemi con la politica Ue sui biocarburanti”, lamentano i Verdi secondo cui si tratta di una “grande occasione mancata”. “Avremmo voluto andare oltre ma data la mancanza di cooperazione da parte del Consiglio, questo ci è sembrato l’accordo migliore possibile al momento”, si giustificano i socialisti, mentre secondo i popolari “si tratta di una riforma importante che supporterà lo sviluppo di nuovi biocarburanti avanzati in Europa senza ostacolare l’uso di etanolo e biodiesel che sono efficaci per il clima”.