Bruxelles – Il Patto migrazione e asilo supera uno degli ultimi potenziali scogli su cui si sarebbe potuto arenare all’ultimo tratto del processo legislativo. A meno di due mesi dall’intesa politica provvisoria con il Parlamento Europeo, il Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper) ha dato il via libera oggi (8 febbraio) a tutti i file della nuova legislazione comunitaria, con qualche modifica rispetto a quelli originari: “Dopo aver esaminato i 10 testi del Patto migrazione e asilo, gli ambasciatori dell’Ue hanno deciso di inviare il compromesso finale al Parlamento Europeo per procedere all’approvazione definitiva”, ha comunicato la presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue.
L’intesa tra i Ventisette mette potenzialmente fine ai rischi di opposizione da parte dei singoli governi su alcuni dei punti più controversi del nuovo Patto migrazione e asilo (anche se manca ancora l’adozione formale del Consiglio), tra cui la fusione del Regolamento sulla strumentalizzazione con quello sulle crisi e le cause di forza maggiore e i Regolamenti che definiscono i principi di responsabilità e solidarietà nella gestione delle persone migranti. Dopo le discussioni sugli ultimi dettagli tecnici i servizi giuridici hanno dovuto creare file separati “a causa della geometria variabile del Patto” e della necessità di portare “tutti gli elementi di Schengen in un Regolamento separato”, fanno sapere fonti vicine ai dossier. Le nuove introduzioni riguardano due sdoppiamenti di altrettanti Regolamenti: un modifica del Regolamento per facilitare lo screening (oltre al Regolamento screening) e un Regolamento che istituisce una procedura di rimpatrio alla frontiera (oltre al Regolamento sulle procedure di asilo).
A questo punto si attendono ora i passaggi finali al Parlamento Europeo. Secondo quanto emerge dall’agenda dei lavori parlamentari, il voto in commissione per le Libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe) dovrebbe essere previsto per giovedì prossimo (15 febbraio), mentre – a quanto riferiscono le fonti – l’ultima tappa in plenaria dovrebbe cadere alla prima sessione di aprile (tra il 10 e l’11), nonostante alcuni gruppi starebbero cercando di anticiparla a quella di marzo. “Accolgo con favore la decisione degli Stati membri di approvare il Patto migrazione e asilo come concordato con il Parlamento Europeo”, ha esultato la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, ricordando che “si tratta di un importante passo avanti nella definizione di nuove regole su come l’Europa gestisce la migrazione e l’asilo, prima delle elezioni europee di giugno”.
La base del Patto migrazione e asilo
La base su cui si imposta il nuovo sistema del Patto migrazione e asilo è il rapporto tra solidarietà e responsabilità nella gestione delle persone migranti tra i Ventisette. Il primo concetto permea il Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm), che non supera in alcun modo il principio cardine del Regolamento di Dublino del 2013, ovvero che il compito di esaminare la richiesta di asilo di una persona che fa ingresso in modo irregolare sul territorio comunitario spetta al primo Stato membro Ue a cui accede. Paesi come Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna saranno responsabili delle richieste, mentre gli altri Paesi membri che vogliono ‘dublinare’ (cioè estradare) queste persone migranti – inclusi i minori e chi richiede il ricongiungimento con fratelli – dovranno semplicemente inviare una notifica, non più una richiesta di processo reciproco con l’accordo del Paese di primo approdo come accade oggi. Dopo l’entrata in vigore del Regolamento – a 24 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’Ue – sarà introdotto l’ormai famoso meccanismo di solidarietà obbligatoria per tutti i Ventisette (sulla base di Pil e popolazione), che mette sullo stesso piano tre forme di solidarietà: ricollocamenti di persone migranti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi. I contributi ai Paesi membri possono essere destinati non solo ai sistemi di accoglienza, ma anche al finanziamento di strutture fisse e mobili di confine attraverso lo Strumento di gestione delle frontiere e dei visti (Bmvi) e il Fondo asilo, migrazione e integrazione (Amif). Nessun ricollocamento obbligatorio per le persone migranti sbarcate dopo operazioni di ricerca e soccorso in mare e per chi è sottoposto alla procedura Ramm non è prevista la rappresentanza legale, ma solo consulenza.
Il concetto della responsabilità è legato in particolare al Regolamento sulle procedure di asilo (Apr), che aumenta solo quelle previste per i Paesi di primo ingresso. Si applicherà automaticamente in caso di rischio per questioni di minaccia alla sicurezza – inclusi i minori non accompagnati – di “inganno delle autorità” o se la persona migrante proviene da un Paese con un tasso di riconoscimento inferiore al 20 per cento. Le procedure di frontiera prevederanno una detenzione di fatto, senza esenzioni nemmeno per le famiglie con minori di 12 anni, né una rappresentanza legale, né una sospensione per i ricorsi contro la maggior parte delle decisioni (l’eccezione è per inammissibilità di quelle basate sul concetto di “Paese terzo sicuro” e per minori non accompagnati). Cruciale in questo Regolamento è proprio il concetto di “Paese terzo sicuro”, per cui sono previsti sia un elenco Ue sia elenchi nazionali per giustificare e velocizzare rimpatri rapidi fuori dall’Unione, a meno che non ci siano legami della persona singola con lo Stato in questione che ne escludano la sicurezza. Tra i nuovi obblighi sul piano della responsabilità c’è quello di portare a termine l’esame della domanda di asilo attraverso la procedura di frontiera entro sei mesi (Apr), ma anche l’estensione del periodo di responsabilità della gestione delle domande per 20 mesi e il mantenimento a 12 mesi quello per le operazioni di ricerca e soccorso in mare (Ramm). Fissato a 30 mila persone il tetto massimale annuale per le procedure di frontiera, determinato sulla base di una formula che tiene conto del numero di attraversamenti irregolari delle frontiere e del numero di espulsioni nei tre anni precedenti.
Cosa succede all’arrivo delle persone migranti
Una volta che le persone migranti arriveranno alle frontiere dell’Unione, il Regolamento sullo screening del Patto migrazione e asilo prevederà una procedura di trattenimento di 7 giorni per la divisione tra procedure di regolari (Ramm) o accelerate (Apr) per il trattamento delle loro richieste di asilo. Essendo rimasta la cosiddetta ‘finzione del non ingresso’ – ovvero che chiunque sia sottoposto allo screening in un centro apposito non sarà considerato legalmente nel territorio dello Stato membro e quindi dell’Ue – di fatto le persone migranti saranno detenute, in quanto dovranno rimanere a disposizione delle autorità senza possibilità di entrare sul suolo nazionale. Alcune garanzie prevedono la possibilità per i richiedenti di avere accesso a una copia del modulo di screening e il mantenimento delle “norme pertinenti in materia di trattenimento” stabilite nella direttiva sui rimpatri del 2008 (la revisione contenuta nel Patto migrazione e asilo è l’unico dossier che per certo non andrà in porto). Ma il meccanismo di monitoraggio – che non necessariamente include le Ong, ma può farlo a discrezione degli Stati – non si applica alle attività di sorveglianza delle frontiere (con una normalizzazione della profilazione razziale) e se lo Stato riconosce una minaccia per la sicurezza potrà garantire alle autorità nazionale l’accesso diretto a tutti i dati sulla persona in tutti i database.
Per quanto riguarda le banche dati, secondo il Regolamento Eurodac tutte le persone migranti beneficiarie di protezione temporanea a partire dai 6 anni di età dovranno accettare la raccolta dei loro dati biometrici, anche se per il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) il trattamento è lecito solo se il minore ha almeno 16 anni. Nell’ampliamento dell’accesso ai dati per le autorità nazionali è stata inclusa anche la raccolta dei dati fotografici dei volti, di fatto dando il via libera alla sorveglianza di massa delle persone in arrivo sul suolo dell’Unione. I segnalatori di sicurezza da inserire nella banca dati Eurodac durante il processo di screening e delle procedure di frontiera prevederanno tutta una serie di nuove categorie – come l’attraversamento irregolare di una frontiera – anche attraverso la revisione del Regolamento di Revisione del sistema di entrata e uscita.
Cosa succede in caso di crisi
Uno dei punti più controversi del Patto migrazione e asilo è il Regolamento per le crisi, la strumentalizzazione e le cause di forza maggiore, che si occupa dei momenti in cui si verifica un “arrivo di massa di persone” eccezionale o inaspettato, anche a seguito di uno sbarco dopo un’operazione di ricerca e soccorso in mare. Di fatto è passata la posizione negoziale del Consiglio, che ha portato all’inserimento della strumentalizzazione (un Regolamento inizialmente a sé stante e su cui il Parlamento non aveva dato l’ok) in quello per le crisi e le cause di forza maggiore, nel caso in cui “un Paese terzo o un attore non statale ostile incoraggia o facilita il movimento di cittadini di Paesi terzi e di apolidi” verso le frontiere esterne Ue “con l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno Stato membro”, mettendo “a rischio le funzioni essenziali di uno Stato membro”. Le Ong sono escluse da questa definizione, ma nei fatti solo se possono dimostrare che le loro azioni (in mare e non) non sono destinate alla destabilizzazione, con chiari rischi di ripercussioni per la criminalizzazione della solidarietà.
Nemmeno nelle situazioni di crisi sono previsti ricollocamenti obbligatori di persone migranti tra i Paesi membri, ma varranno le stesse tre modalità di solidarietà previste dal Regolamento Ramm (ricollocamenti, contributi finanziari o supporto a Paesi terzi). In questo scenario scattano invece delle deroghe al sistema generale di gestione della migrazione e dell’asilo: la soglia del tasso di riconoscimento per cui le persone possono essere ammesse alle procedure di frontiera (secondo il Regolamento Apr al 20 per cento) si alza al 50 per cento nelle situazioni di causa di forza maggiore, al 60/70 per cento in quelle di crisi e al 100 per cento in quelle di strumentalizzazione. Anche in questo caso dalle procedure di frontiera – la cui durata può essere estesa di ulteriori sei settimane (rispetto ai 9 mesi di Apr) – non sono escluse le famiglie con bambini di età inferiore ai 12 anni.