di Jan Strupczewski
È poco probabile che la Grecia esca, intenzionalmente o accidentalmente, dall’euro. Ma secondo molti funzionari dell’eurozona potrebbe essere costretta ad introdurre dei mezzi alternativi di pagamento, in parallelo all’euro, per effettuare alcuni pagamenti interni, nel caso in cui non si raggiunga presto un accordo per le riforme-in-cambio-di-denaro.
Atene ha perso la possibilità di accedere al mercato dei titoli e i creditori internazionali non sono disposti a prestare altro denaro finché la Grecia non inizierà a mettere in atto delle riforme. Questa settimana un funzionario a conoscenza dei fatti ha detto a Reuters che, senza nuovi finanziamenti, il governo finirà il denaro entro il 20 di aprile.
“Ad un certo punto, quando il governo non ha più euro per pagare gli stipendi e le spese, potrebbe iniziare ad emettere dei “pagherò” [noti anche come certificati di credito fiscale] – documenti che certificano che il portatore riceverà una certa quantità di euro in un certo momento in futuro”, ha detto un alto funzionario dell’eurozona. “Questi “pagherò” inizierebbero poi presto a circolare nel mercato secondario ad un prezzo molto più basso rispetto agli euro reali, e diventerebbero una ‘moneta’, quale che sia il suo nome, che esisterebbe in parallelo all’euro”, ha detto il funzionario.
Se il governo finisce gli euro con cui pagare stipendi, pensioni e fornitori, dovrebbe introdurre dei controlli sui capitali per evitare un massiccio deflusso di euro fuori dal paese. Ciò potrebbe limitare la quantità di denaro che i greci possono ritirare dai bancomat o che possono spedire all’estero, come è successo a Cipro nel 2013. Questi certificati potrebbero non essere accettati in tutti i negozi, e potrebbero essere usati come sistema per regolare solamente alcuni pagamenti legati al settore pubblico, come le bollette dell’energia elettrica, almeno inizialmente. Al tempo stesso, il governo terrebbe gli euro provenienti dalle entrate fiscali per coprire i pagamenti del debito ed evitare il default.
“Questa soluzione potrebbe essere temporanea, al fine di far andare avanti il governo mentre spera di negoziare coi creditori un accordo che sblocchi ulteriori prestiti in euro”, ha detto un secondo funzionario dell’eurozona. Il funzionario ha detto che la Grecia ha già mostrato, in passato, la volontà di ritardare i pagamenti dei suoi conti interni, al fine di risparmiare gli euro necessari per il rimborso del debito. Recentemente, Atene si è basata su transazioni di “pronti contro termine” [contratti in cui un titolo viene venduto sotto l’obbligo di riacquistarlo successivamente] – prendendo denaro a prestito da enti pubblici – al fine di coprire la crisi di liquidità, ma può continuare così per solo poche settimane, ha detto la nostra fonte all’inizio di questa settimana.
Il governo greco si è rifiutato di affrontare la questione di una possibile moneta parallela, dicendo di aspettarsi di raggiungere presto un accordo coi creditori sulla linea discussa dal primo ministro Alexis Tsipras durante il vertice Ue della scorsa settimana. “Il governo greco ritiene che ci sarà un accordo presso l’Eurogruppo, e che in seguito a questo verranno concessi i finanziamenti, come concordato all’incontro dei sette”, ha detto un funzionario del governo greco.
I funzionari greci, tra cui il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, hanno rifiutato l’idea che la Grecia possa abbandonare l’euro di sua volontà, e non c’è una via legale, né una volontà politica degli altri 18 paesi che hanno la moneta unica di cacciare fuori la Grecia. “Non c’è modo di costringere un paese ad uscire dall’eurozona o dall’Unione europea, e la Grecia non ha intenzione di andarsene da sola”, ha detto il secondo funzionario dell’eurozona.
Alcuni economisti sostengono che la Grecia avrebbe un incentivo a tornare alla dracma perché in seguito a ciò potrebbe rapidamente svalutare la nuova moneta per rendere più competitive le esportazioni e attrarre un grande flusso di turismo. Ma ciò renderebbe anche l’enorme debito pubblico Greco, in euro, impossibile da ripagare, costringendo al default. “Se deve esserci un default, è meglio farlo dentro l’eurozona che fuori, perché così sarebbe un problema di tutti i paesi che hanno l’euro, e non solo della Grecia”, ha detto un terzo funzionario.
In un video del 2013, quando era ancora un accademico, Varoufakis affermava proprio questo. “La mia proposta era che a gennaio 2010 la Grecia avrebbe dovuto semplicemente annunciare il default stando all’interno dell’euro, mostrando il dito medio alla Germania e dicendo: bene, ora risolvetevi questo problema da soli”, ha detto in un video il futuro ministro.
La grande questione poi sarebbe se la Banca centrale europea continuerebbe a fornire liquidità al settore bancario greco attraverso l’Emergency Liquidity Assistance (Ela), che è stata progettata solo per le banche solvibili che hanno problemi di liquidità. Se la Bce staccasse la spina, il settore bancario greco probabilmente collasserebbe, costringendo alla ricapitalizzazione con una nuova “moneta”, oppure, se le conseguenze di un tale crollo fossero troppo pesanti da sostenere, l’eurozona potrebbe di nuovo ricapitalizzare le banche, forse anche attraverso i fondi salva-Stati. Ma i funzionari hanno detto che queste opzioni sono talmente ipotetiche che non sono state discusse nemmeno informalmente.
Pubblicato su Reuters il 27 marzo 2015. Traduzione a cura di Voci dall’estero.
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