Bruxelles – Revisione del bilancio comunitario e strumento di finanziamento per Kiev. L’obiettivo dei leader europei riuniti domani (primo febbraio) a Bruxelles in un Vertice Ue straordinario rimane quello di trovare un accordo a Ventisette sulle nuove priorità di finanziamento comunitario, che includano anche i 50 miliardi (33 in prestiti e 17 in sussidi) di sostegno per l’Ucraina fino al 2027. “C’è interesse da parte di tutti a trovare un accordo, è una vittoria collettiva”, sintetizza una fonte diplomatica.
L’obiettivo resta dunque quello dell’ultimo Vertice del 14 e 15 dicembre, così come è rimasta la stessa la difficoltà di convincere Viktor Orbán a dire sì sull’intero pacchetto. Alla vigilia del Vertice straordinario più di una fonte a Bruxelles ammette di essere incerta sugli esiti del risultato, anche se è crescente “la frustrazione e l’irritazione” nei confronti del premier ungherese che si dice contrario a usare i fondi del bilancio comunitario per l’Ucraina.
Contrario, ma fino a un certo punto. Orbán ha posto in sostanza tre condizioni per accettare di includere lo strumento per Kiev nel bilancio: discutere e votare annualmente all’unanimità sugli aiuti a Kiev, non pagare gli interessi sui fondi del Recovery finché l’Ungheria non potrà effettivamente beneficiarne e di posticipare di due anni – dal 2026 al 2028 – la data di scadenza del loro Pnrr, dal momento che ancora non hanno avuto accesso alle risorse. Gli altri 26 leader, spiegano ancora fonti vicine al dossier, sono disposti a tendere la mano al premier magiaro e concedere una discussione annuale sui fondi, ma nessuno di loro è disposto a dare a Orbán un nuovo potere di veto sugli aiuti a Kiev. Queste le richieste formalmente avanzate, ma sullo sfondo resta la richiesta di sbloccare le risorse ancora congelate per circa 21 miliardi.
Nell’aria prende piede anche l’idea di concedere al premier ungherese la possibilità di ricorrere al cosiddetto freno d’emergenza, ovvero un meccanismo che scatta quando uno o più Paesi membri sollevano preoccupazioni sull’attuazione di una decisione che non porta a un blocco effettivo (perché è una decisione che viene presa a maggioranza qualificata e non all’unanimità) ma a una discussione in seno al Consiglio europeo e, ad esempio, a una sospensione temporanea dei pagamenti.
Ma non sembra una strada percorribile. “Garantire un accordo è vitale per la nostra credibilità – e non ultimo per il nostro impegno a fornire un sostegno costante all’Ucraina. Spetta a noi trovare una soluzione e realizzarla”, ha scritto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel nella tradizionale lettera d’invito trasmessa questa mattina alle 27 capitali, sottolineando che la proposta di compromesso sul bilancio presentata ai leader consente un accordo a 27.
Secondo la proposta di Michel, l’aumento di budget arriverebbe a un totale di 64,6 miliardi di euro, di cui 33 miliardi di prestiti e 10,6 miliardi di riallocazioni dalle risorse del quadro esistente . Michel propone di mantenere le risorse per l’Ucraina a 50 miliardi di euro (di cui 17 miliardi di euro di sussidi a fondo perduto e 33 miliardi di euro di prestiti); 2 miliardi per la gestione dell’immigrazione e delle frontiere e 7,6 miliardi per il vicinato e il mondo; 1,5 miliardi destinati al Fondo europeo per la difesa nell’ambito del nuovo strumento Step (Piattaforma di tecnologie strategiche per l’Europa); altri 2 miliardi di euro per lo strumento di flessibilità e infine 1,5 miliardi per la riserva di solidarietà e aiuto.
Michel resta convinto, almeno pubblicamente, che una soluzione a Ventisette sia percorribile, ma intanto a livello tecnico si lavora a un eventuale piano ‘B’ per superare l’impasse, magari a 26 continuando a sostenere Kiev con l’assistenza macrofinanziaria. Ma un fatto è certo: se i leader usciranno da Palazzo Europa senza un accordo a 27 o sganciando le risorse per Kiev su un fondo fuori bilancio a festeggiare sarà uno solo e non sarà l’Ue, come fanno notare a Bruxelles.