Bruxelles – L’annunciata Alleanza industriale sui mini reattori nucleari dovrebbe essere lanciata ufficialmente dalla Commissione europea il prossimo 6 febbraio, quando il collegio presenterà anche la comunicazione sul target climatico intermedio al 2040. “Stiamo lavorando per fissare il nostro nuovo target climatico intermedio, daremo priorità alle energie rinnovabili ma avremo bisogno di tutte le altre tecnologie a basso contenuto di carbonio che possono aiutarci a tagliare le emissioni”, ha detto nei giorni scorsi la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, partecipando a un panel del Forum Economico di Davos.
“Il target ambizioso che sarà presentato nelle prossime settimane sarà dunque accompagnato da una strategia industriale per la rimozione del carbonio e lanceremo l’alleanza industriale per i mini reattori nucleari (small modular reactors, SMR). Tutte queste tecnologie sono essenziali nel decennio oltre il 2030”, ha anticipato Simson. Secondo l’ultimo ordine del giorno del collegio dei commissari, il target climatico al 2040 è in agenda il 6 febbraio.
Di un’Alleanza industriale dell’Ue sui mini reattori nucleari si parla a Bruxelles ormai da mesi. La Commissione europea prende atto di un crescente interesse di diversi Stati membri per le tecnologie nucleari in alcuni Paesi dell’Ue e il loro potenziale ruolo per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica entro la metà del secolo e ha promesso il lancio di una vera alleanza con le parti industriali per sfruttarne a pieno il potenziale dei mini reattori nucleari. Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, le centrali nucleari hanno generato circa il 21,8 per cento dell’elettricità totale prodotta nell’Ue nel 2022 ed erano 13 i Paesi con reattori operativi (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Spagna, Francia, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia).
I piccoli reattori modulari (small modular reactors) sono reattori nucleari più piccoli sia in termini di potenza sia di dimensioni fisiche, rispetto alle centrali tradizionali su scala gigawatt, con una potenza compresa tra 10 e 300 MegaWatt. Si basano su tecnologie esistenti e sono progettati per essere costruiti in fabbrica in forma modulare standard e il loro vantaggio principale è che possono essere assemblati in fabbrica e poi spediti e installati sul posto, quindi anche in aree remote con capacità di rete limitata o in aree in cui l’uso di grandi centrali nucleari tradizionali non è possibile.
Questa tipologia di reattori utilizza reazioni di fissione nucleare per creare calore che può essere utilizzato direttamente o per generare elettricità e sono di recente tornati al centro del dibattito politico in Ue nel pieno della crisi energetica con la Russia e nel tentativo di diversificare le fonti di approvvigionamento. Da qui al 2050 l’Unione europea stima di dover investire tra 350 e 450 miliardi di euro in nuova capacità nucleare per sostituire le unità dismesse e mantenere più o meno la stessa capacità di produzione di oggi. Un rinnovato interesse da parte di molti Stati membri, compresa l’Italia, che si sta affermando in particolare dall’inizio della guerra di aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina e per la necessità di affrancarsi dalle importazioni energetiche da Mosca.