Roma – Le prospettive economiche per l’area dell’euro sono migliori che negli ultimi anni, ma c’è ancora da fare, negli Stati, sul fronte delle riforme, ma qui c’è la grande debolezza del non poter essere sicuri che gli stati le facciano. Lo ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi, durante un’audizione alla Camera dei deputati.
“La situazione congiunturale e le prospettive dell’area euro ora sono più favorevoli di quanto siano state negli ultimi anni”, ha spiegato Draghi. Oltre agli interventi della Bce, ha aggiunto, “vari fattori contribuiscono ad accrescere la fiducia che la ripresa finora debole e disomogenea nell’area acquisti forza e stabilità e che l’inflazione ritorni in modo durevole verso l’obiettivo stabilito dal mandato della Bce, un valore cioè inferiore ma prossimo al 2%”.
Però c’è una fragilità di sistema, ha ammonito il banchiere: “L’Unione rimane fragile perché le riforme rimangono affidate ai singoli ambiti nazionali. Non c’è modo di garantire che i paesi prendano le misure necessarie per farne membri all’altezza dell’unione monetaria, questa è una cosa a cui occorre guardare per pensare un cambiamento”. Che il problema sia antico lo dimostra ache il fatto che “in vari paesi dell’Eurozona la crescita potenziale si è smorzata già prima dell’introduzione dell’euro”, ha ricordato Draghi, passando, ad esempio in Italia dal 2,5% dell’inizio degli anni ’90 all’1,5% del 1999, e arrivando ora a quasi zero secondo il Fmi. “Trincerarci nuovamente nei confini nazionali – ha ammonito – non risolverebbe nessuno dei problemi che abbiamo di fronte”.