La sinistra italiana ha salutato con ottimismo il successo elettorale di Alexis Tsipras in Grecia. E anche ora che il programma del leader ellenico si sta ridimensionando nelle trattative con l’Europa, non cala il sostegno all’esecutivo a guida Syriza, ma aumentano le critiche al governo italiano, reo di non aver sostenuto abbastanza le istanze elleniche in Europa. Allo stesso tempo, tra chi lavora alla costruzione di un soggetto politico a sinistra del Pd, si apre una riflessione sugli spazi di manovra per le forze progressiste nell’Ue.
Tanto Sel – alleata di Tsipras alle passate elezioni per il Parlamento di Strasburgo – quanto la la minoranza dem non giudicano un fallimento l’accordo raggiunto ieri tra Atene e le istituzioni europee (più il Fondo monetario internazonale) sul prolungamento degli aiuti alla Grecia in cambio di un programma di riforme. Ma riconoscono che, in fondo, si tratta di un risultato modesto per l’esecutivo ellenico.
Risultato che il democratico dissidente Pippo Civati definisce “non molto convincente” rispetto alle promesse elettorali. Sebbene “non sia solo colpa di Tsipras”, ma anche del fatto che all’Eurogruppo “sembra che tutti si siano messi a fare i tedeschi”, sostiene l’esponente Pd. Un po’ più ottimista Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera, convinto che in Grecia ci fosse “il rischio di cadere in un precipizio” e l’esecutivo ellenico “ha portato a casa lo slittamento di quattro mesi”, “intaccando la politica di austerità e aprendo per la prima volta alla possibilità, per un Paese membro, di ridiscutere il debito” con le istituzioni Ue. Scotto vede anche dei “contenuti positivi” nel programma inviato da Atene al presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, come “ad esempio la patrimoniale e il salario minimo”.
Dello Stesso avviso Stefano Fassina, altro esponente della sinistra dem, secondo cui Il programma accettato da Bruxelles rappresenta “un avanzamento rispetto all’agenda della Troika”, e “contiene molti punti indicati nel documento di Salonicco”, il manifesto elettorale di Tsipras. Fassina rimane però molto critico sulla reale efficacia della nuova agenda di riforme. “Se la Grecia vuole sopravvivere, dati i vincoli politici che vi sono oggi nell’Eurozona, temo non abbia altra possibilità che uscire” dall’euro, sostiene.
Il dato che emerge da tutta la vicenda greca, secondo Fassina, è di carattere politico. “I governi dell’area euro non hanno assunto il problema che riguarda tutti i Paesi membri e che la Grecia ha fatto emergere”, e cioè la gestione dei debiti pubblici. Non si parla di una conferenza sul debito per ridiscuterne la gestione, né si procede sulla strada degli Eurobond. Questo, per il parlamentare Pd, indica che “in Europa non ci sono le condizioni politiche per una svolta”.
Eppure, appena ieri, da Parigi, il presidente del Consiglio Matteo Renzi dichiarava che “Grazie all’impegno dell’Italia e della Francia, oggi la parola ‘crescita’ è entrata nel vocabolario dell’Ue”. In altre parole, “l’Europa sta cambiando verso”, per il premier. “A me non sembra”, critica Fassina, riconoscendo che al massimo ci sono degli “aggiustamenti a margine”, ma non li ritiene sufficienti.
Tornando più strettamente alla questione greca, in Italia c’è la convinzione – a sinistra, ma non solo – che il governo non abbia fatto abbastanza per sostenere le istanze di Tsipras. Il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio Francesco Boccia – deputato Pd non certo ascrivibile alla sinistra del partito, sebbene spesso critico sulla linea economica dell’esecutivo – sostiene che “l’Italia ha fatto il Ponzio Pilato”. Scotto si augura che “Renzi si ponga il problema della comunità di destino che unisce l’Italia e la Grecia”, auspicando che, nei prossimi mesi, il premier voglia lavorare alla costruzione di un “fronte comune più solido” per il sostegno a Tsipras.
In sostanza, i progressisti italiani a Renzi chiedono di battersi più convintamente a Bruxelles per una linea orientata alla crescita e agli investimenti. E pongono un problema di “spazio democratico” in Europa per la sinistra. Mentre si lavora alla costruzione di un “soggetto ampio” alla sinistra del Partito democratico, tra Sel, la sinistra dem, il mondo dell’associazionismo e quello del sindacalismo rappresentato dal leader della Fiom Maurizio Landini, si ragiona anche sui margini di manovra che un tale soggetto potrebbe avere nell’Ue.
I valori fondanti e i programmi di questa – al momento ipotetica – formazione sono molto vicini a quelli su cui poggiano l’ellenica Syriza e l’iberico Podemos. Programmi che possono avere una presa sull’elettorato, cosa tuttavia non così scontata in Italia dove – a differenza della Grecia dove il movimento di Tsipras si è effermato, e della Spagna dove quello di Pablo Iglesias è in ascesa nei sondaggi in vista delle politiche di novembre – sono presenti altre formazioni euroscettiche come il Movimento 5 stelle e la Lega Nord. Ma anche ammesso che si riuscisse a ottenere i voti, si porrebbe il problema di come far pesare il risultato in sede Ue, visto che, per dirla con Fassina “le condizioni attuali” delle istituzioni comunitarie lasciano “uno spazio residuale alla sinistra in Europa”. Un tema rispetto al quale, sempre secondo il deputato Pd, bisognerebbe “valutare come agire anche in relazione alla famiglia socialista europea”.