Bruxelles – Il riassunto della bagarre lo fa puntuale la commissaria Ue per gli Affari Interni, Ylva Johansson, alla fine del dibattito: “Fa piacere sentire tanti interventi contro il neofascismo. Sono in tanti a intravedere il rischio. Dobbiamo trasformare la nostra determinazione in azione”. Interventi soprattutto italiani, nel dibattito convocato in zona Cesarini dal Parlamento europeo di Strasburgo su quel vergognoso saluto fascista alla commemorazione di Acca Larenzia, lo scorso 7 gennaio.
A far rumore – più dell’accaduto in sé – è soprattutto il silenzio della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che non ha espresso alcuna parola di condanna. Se da sinistra, socialisti, verdi e liberali le critiche erano scontate, in ottica delle alleanze verso le elezioni europee di giugno spicca la presa di distanza del Partito Popolare europeo. Mentre la destra più conservatrice di Identità e Democrazia e dei Riformisti e Conservatori Europei fa quadrato intorno al governo italiano.
La linea della Commissione europea l’ha dettata Johansson: il neo-fascismo è “una questione”, perché “anche se minoritari, quelli ai margini possono rappresentare un problema”. E la critica a Meloni arriva, anche se la commissaria Ue preferisce evitare uno scontro frontale. “Quando si parla di contrasto al neo-fascismo, occorre che sia tempestivo“, ha affermato in aula.
“Le organizzazioni neo-fasciste devono essere sciolte e i loro sostenitori perseguiti. Non può esserci tolleranza per gli intolleranti”, ha dichiarato il capodelegazione del Partito Democratico a Bruxelles, Brando Benifei. Da Sophie in ‘t Veld, liberale di Renew, la stoccata ai pesi massimi del Ppe, Manfred Weber e Ursula von der Leyen: “C’è stato un silenzio significativo su quanto accaduto (il 7 gennaio, ndr). Manfred Weber crede che Giorgia Meloni, che rifiuta di condannare il saluto romano, sia un buon alleato? E von der Leyen, che incontrerà Meloni a Forlì, chiederà una condanna?”, ha domandato in maniera retorica.
Se per il tête-à-tête tra von der Leyen e Meloni bisognerà aspettare oggi pomeriggio, il Ppe ha risposto immediatamente. Lo slovacco Peter Pollak ha ribadito la linea già espressa da Weber all’indomani del fattaccio: “Non possiamo accettare che il governo italiano non se ne occupi. Com’è possibile che il terrorismo sia una linea rossa e poi tolleriamo il fascismo? I fascisti sono pericolosi quanto i terroristi“.
Nello tutti contro tutti molto italiano andato in scena all’emiciclo di Strasburgo, la destra si è lanciata al contrattacco. Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr, ha sottolineato i moltissimi banchi vuoti in aula per dimostrare “come questo dibattito sia ritenuto importante dalla sinistra”. Nessuna apologia di fascismo secondo Procaccini: “A Roma si è svolta una commemorazione per le vittime del terrorismo comunista, con alcune decine di persone che hanno compiuto un gesto anacronistico“. Anche Carlo Fidanza (Ecr), ha cercato di ribaltare la vicenda: “Oggi le minacce alla sicurezza vengono dalla militanza di sinistra e dall’estremismo islamico. La Meloni ha già condannato”.
Dagli europarlamentari della Lega, lealtà ai compagni di governo sotto accusa: “Il dibattito sulla minaccia fascista non è una priorità, smettiamola di cercare i fantasmi del passato”, è la linea di Silvia Sardone e Paolo Borchia. Mentre Isabella Tovaglieri è riuscita a puntare il dito contro la Commissione europea: “In passato il colore del fascismo era il nero, oggi è il verde, quello degli eco-estremisti”, ha accusato.