In Libia “non è tempo dell’intervento militare”. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi vuole “aspettare che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite lavori un po’ più convintamente” sulla crisi in cui versa il Paese nordafricano. Anche se “è comprensibile che ci siano altre questioni: l’Ucraina, la Siria e l’Iraq, il Medio Oriente”. Il premier ridimensiona l’allarme, dopo che ieri è stata chiusa l’ambasciata italiana a Tripoli, ultima di un Paese occidentale ancora presente.
Fino a ieri, la linea italiana per la diplomazia non appariva scontata. In una intervista al ‘Messaggero’, la titolare della Difesa Roberta Pinotti dichiarava che il nostro Paese è disposto a “guidare in Libia una coalizione di Paesi dell’area, europei e dell’Africa del Nord, per fermare l’avanzata del Califfato”. Aggiungendo che una eventuale “nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente”. Mentre il suo collega degli Esteri, Paolo Gentiloni, annunciava che siamo “pronti a combattere”, ma “in un quadro di legalità internazionale”.
Oggi, Renzi richiama tutti all’ordine. “La visione del governo è una sola. Tutti la condividono, ministri compresi”, sostiene. “Da tre anni la Libia è fuori controllo”, spiega, ed “è fondamentale che il problema non sia solo italiano ma internazionale”. Tuttavia, aggiunge, “mi sento allo stesso tempo di raccomandare saggezza e prudenza”. L’invito è a non passare “dall’indifferenza” della comunità internazionale sul problema, “all’isteria irragionevole”. Anche perché, secondo il capo dell’esecutivo, “in Libia non c’è un’invasione dello Stato islamico, ma alcune milizie che combattevano lì e hanno iniziato a fare riferimento” al Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi, “anche per la capillare opera di comunicazione e persuasione” esercitata dai fondamentalisti.
Per la soluzione diplomatica è anche Federica Mogherini. Attraverso la sua portavoce Maja Kocijancic, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue esprime la convinzione che “solo una soluzione politica porrà fine a violenza e caos che sono terreno fertile per il terrorismo”. Fa sapere di essere “in contato permanente con i Paesi membri e con i partner internazionali”, aggiungendo che oggi discuterà con il ministro degli Affari esteri egiziano, Sameh Shukri, e ha già parlato con Bernardino Leon, inviato dell’Onu per la Libia.
Mentre sono in corso dei raid del Cairo contro l’Is in alcune città libiche, in risposta all’uccisione di 21 cittadini egiziani copti, Renzi – che in mattinata ha avuto un colloquio telefonico proprio con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi – lancia la palla nel campo delle diplomazia. A raccoglierla è il presidente francese Francois Hollande. Anche lui ha sentito in mattinata al-Sisi, manifestandogli solidarietà e sottolineando l’importanza di convocare una seduta del Consiglio di sicurezza Onu sulla Libia. Una sintonia perfetta con Renzi, secondo il quale, proprio in sede di Nazioni unite si dovrà tentare di coinvolgere “tutti gli attori in gioco: le tribù locali, i Paesi dell’Unione Africana, i Paesi arabi e quelli europei”.
Sul campo la situazione rimane però molto complessa. Da un lato, il generale libico Khalia Haftar, comandante della ‘Operazione dignità’ contro i fondamentalisti, sostiene che “attacchi aerei di una coalizione internazionale contro il terrorismo andrebbero bene per la Libia”. Di parere opposto il governo libico retto da forze islamiste, che considerano “una violazione della sovranità territoriale” i raid di potenze straniere, come quelli odierni dell’aviazione egiziana.
Sulla evoluzione della crisi, il ministro Gentiloni riferirà in Parlamento giovedì. Mentre in sede europea, la questione potrebbe essere discussa al prossimo vertice informale dei ministri della difesa, in programma mercoledì e giovedì prossimi a Riga.