di Marco Cattaneo
Twitter: @CCFCattaneo / Blog: http://bastaconleurocrisi.blogspot.it
Nel momento in cui scrivo (mattina dell’11 febbraio 2015) è aleatorio fare previsioni in merito all’esito dei complessi negoziati tra Atene, Bruxelles e Berlino. L’Eurogruppo di oggi e il summit dei vertici Ue di domani daranno indicazioni, probabilmente, ancora parziali.
Lo scenario a mio avviso più probabile è che si trovi un qualche tipo d’accordo che eviterà le evoluzioni più deflagranti, quali un’uscita della Grecia dall’eurozona e un suo default totale, o comunque massiccio, sul debito. Se non in pochi giorni, nel giro di alcune settimane si potrebbe arrivare a concedere alla Grecia una ridefinizione del profilo di rimborso del debito (con riduzione degli interessi da pagare), l’accesso del sistema bancario a finanziamenti Bce in misura sufficiente ad allontanare il rischio di corse agli sportelli e gravi turbolenze finanziarie, e un allentamento dei vincoli fiscali.
In queste ultime ore, si parla (riguardo a quest’ultimo punto) di autorizzare la Grecia a ridurre il surplus di bilancio pubblico primario (interessi, quindi, esclusi) in misura pari all’1.5% del Pil.
Si tratterebbe di una concessione apprezzabile, ma insufficiente. Se si permette alla Grecia di ridurre il saldo tra incassi fiscali e spesa pubblica dell’1.5% annuo, è in effetti possibile attuare un mix di spesa sociale, riduzione di imposte e investimenti pubblici, probabilmente pari (in totale) al 2.5% circa. In condizioni di domanda fortemente depressa, infatti, l’iniezione di domanda e potere d’acquisto nel sistema economico produce effetti più che proporzionali. Il 2.5% di intervento espansivo alzerebbe il Pil greco del 3% circa, producendo nello stesso tempo maggior gettito fiscale in misura pari grosso modo all’1%. Il saldo tra 2.5% e 1% è pari, appunto, a 1.5%, cioè all’ipotesi di allentamento del vincolo fiscale sopra menzionata.
Stiamo quindi parlando di un intervento che innalza il Pil greco del 3% circa. In assoluto non è poco, e rappresenta un’inversione di tendenza dopo otto anni di crisi. Ma dal 2007 a oggi il Pil greco è calato del 25%. Per recuperare questa caduta di produzione in tempi ragionevoli servono interventi decisamente più sostenuti. Uno strumento estremamente efficace potrebbe essere costituito dalla cosiddetta “moneta fiscale nazionale”, come ha suggerito di recente anche Wolfgang Münchau sulle pagine del Financial Times. Di cosa si tratta? Unitamente agli interventi concordati in sede Ue, la Grecia potrebbe emettere Certificati di credito fiscale (Ccf): titoli utilizzabili per pagare tasse, imposte e obbligazioni finanziarie verso il settore pubblico in genere.
I Ccf potrebbero essere attribuiti gratuitamente ai lavoratori, in modo da integrare il loro reddito, e contemporaneamente alle aziende, in funzione dei costi di lavoro da esse sostenuti. Quest’ultima azione migliorerebbe istantaneamente la competitività delle aziende greche, evitando che la ripresa della domanda interna crei squilibri nei saldi commerciali esteri. Le esportazioni nette infatti aumenterebbero e questo compenserebbe la crescita dell’import che va normalmente di pari passo con una significativa ripresa dell’economia. Quote di Ccf potrebbero anche essere utilizzate per finanziare spesa sociale o investimenti pubblici.
I Ccf aumenterebbero immediatamente il potere d’acquisto del ricevente. Avendo un valore certo a due anni data (in quanto sono, a quel punto, utilizzabili per pagare tasse, in rapporto pari a un Ccf per un euro) si svilupperebbe un attivo mercato finanziario, sul quale i Ccf potrebbero essere ceduti contro euro con uno sconto in linea con quello di un titolo di stato zero coupon a due anni.
L’immissione di questo ulteriore potere d’acquisto nell’economia produrrebbe una ripresa molto più forte dell’economia greca. Al momento (due anni dopo) in cui i Ccf diventano utilizzabili, si viene così a creare il maggior gettito fiscale lordo che compensa l’impiego dei Ccf per pagare tasse. È così possibile rafforzare in misura molto significativa la ripresa dell’economia greca, rispettando nello stesso tempo gli impegni presi con la Ue a livello di saldo netto, anno per anno, tra spese e incassi pubblici in euro.
Il progetto moneta fiscale / Certificati di credito fiscale è dettagliatamente descritto nel manifesto-appello predisposto da Biagio Bossone, Luciano Gallino, Enrico Grazzini e dall’autore del presente articolo, ed è anche uno degli argomenti principali trattati in La soluzione per l’euro – 200 miliardi per rimettere in moto l’economia italiana di Marco Cattaneo e Giovanni Zibordi. Il manifesto e il libro trattano l’argomento moneta fiscale / Ccf soprattutto con riferimento al caso dell’Italia, ma ovviamente il progetto è applicabile a tutti gli stati membri dell’eurozona.
L’introduzione di monete fiscali nazionali in affiancamento all’euro permetterebbe, in effetti, di dare finalmente al sistema monetario europeo un assetto stabile e sostenibile. I vari paesi potrebbero effettuare azioni espansive della domanda e migliorare la competitività delle proprie aziende senza creare nuovo indebitamento. L’immissione di monete fiscali nazionali dovrebbe essere effettuata, paese per paese, con dimensioni e allocazioni mirate a riassorbire la disoccupazione nata per effetto della crisi, senza generare squilibri nei saldi commerciali esteri. Otterrebbe anche il risultato di invertire l’attuale preoccupante tendenza all’insorgere di fenomeni deflattivi nell’eurozona. Rafforzare la domanda interna produce infatti una ripresa dei prezzi, e l’azione espansiva può essere regolata in modo da riportare l’inflazione media nei vari stati intorno all’obiettivo Bce del 2% (ma non oltre).
Tornando alla Grecia, ci sono possibilità concrete che la moneta fiscale possa essere utilizzata e costituisca un fattore chiave per la costruzione di una significativa e duratura politica di ripresa ? Esistono, al riguardo, indicazioni positive. Uno strumento molto simile ai Ccf, le Tax Anticipation Notes (Tan), è stato ad esempio concepito da Robert Parenteau, economista del Levy Institute, con il quale ha collaborato Rania Antonopoulos, attuale viceministro del lavoro greco.
E lo stesso ministro delle finanze, Yanis Varoufakis, ha recentemente (circa un anno fa) proposto gli FT-coins. Simili anch’essi ai Ccf (FT sta per “Future Taxes”), nell’ipotesi di Varoufakis gli FT-coins sarebbero non da assegnare gratuitamente ma da collocare (sia pure a condizioni vantaggiose per l’acquirente). A giudizio di chi scrive l’assegnazione gratuita è più efficace in quanto costituisce una vera e propria azione di helicopter money – ossia di stimolo congiunto monetario-fiscale – attuata a livello di singolo paese (senza bisogno, quindi, di passare per un intervento Bce).
Al di là delle molte varianti tecniche che possono essere concepite, comunque, è fondamentale comprendere che le monete fiscali nazionali sono una via per dare flessibilità ed efficienza al sistema monetario europeo, per risolvere la crisi e per costruire un assetto stabile nel tempo. Sgombrando una volta per tutte il campo dai rischi di deflagrazione dell’eurozona, e non solo con riferimento alla Grecia.