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    Home » Editoriali » La strategia di Varoufakis attraverso la Teoria dei Giochi

    La strategia di Varoufakis attraverso la Teoria dei Giochi

    Michele Di Salvo</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/https://twitter.com/@micheledisalvo" target="_blank">https://twitter.com/@micheledisalvo</a> di Michele Di Salvo https://twitter.com/@micheledisalvo
    10 Febbraio 2015
    in Editoriali
    Yanis Varoufakis

    Yanis Varoufakis

    Un personaggio strano si aggira nell’economia europea. Quasi “uno spettro che si aggira per l’Europa” o peggio ancora un vero e proprio incubo per gli accademici dell’economia e per i ministri economici e finanziari occidentali.
    Perché Yanis Varoufakis, neo Ministro delle Finanze ellenico, non è né un politico -che quindi risponde a logiche politiche di compromesso, mediazione e ordini di scuderia – né un economista “puro”, ma appartiene a quella specie di cui l’economia non può fare a meno, ma che non vincerà mai un Nobel per “statuto del premio”, ovvero “i matematici”.
    Qualche maligno afferma che l’origine di questa esclusione sia dovuta al fatto che Alfred Bernard sapesse di una relazione extraconiugale della moglie proprio con un matematico. Qualche matematico invece sostiene che “per loro è superfluo” dal momento che non esiste branca scientifica che rientri nei premi nobel – medicina, fisica, chimica – che non abbia bisogno di loro.
    C’è da dire che nemmeno il Nobel per l’Economia “esiste davvero” – esiste un “surrogato” denominato “Premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel” istituito 1969 dalla Sveriges Riksbank in occasione dei 300 anni dalla sua fondazione, e lo stesso Peter Nobel, pronipote di Alfred, lo considera un mero «colpo di pubbliche relazioni fra economisti per migliorare la loro reputazione».
    Ma non divaghiamo.
    Varoufakis non è un economista puro, ma un matematico, che si approccia all’economia passando per una branca specifica – che diventa in qualche modo la sua specializzazione – ovvero la Teoria dei Giochi.
    Per semplificare al massimo si tratta di una specializzazione complessivamente semplice, ma al contempo ontologicamente complessa, che mira a semplificare al massimo i problemi socio-economici, a trasformarli in “problemi semplici come un gioco”, a descriverne “matematicamente” le dinamiche” e quindi cercare di “quantificare e qualificare” la soluzione, a quello che appunto viene poi definito “un gioco”.

    In questa Teoria, un gioco è composto da almeno quattro elementi essenziali:
    1) i giocatori, cioè l’insieme di “coloro che prendono le decisioni” e che interagiscono tra loro strategicamente, ovvero con una strategia;
    2) le azioni, cioè le mosse a disposizione di ciascun giocatore;
    3) le strategie, cioè i piani di azione possibili;
    4) i pay-off (o le vincite), cioè gli esiti del gioco per ciascun giocatore, a seconda delle mosse, delle strategie scelte, e delle azioni e delle strategie degli altri giocatori.
    Ecco allora che se prendiamo “l’establishment” degli economisti, che poco sanno di matematica e poco si cimentano nella teoria dei giochi, e la uniamo a quella dei “ministri politici” – che ne sanno di entrambe ancora meno – e in questo “campo di giocatori” inseriamo un’anomalia quello che cambia – in sé – è il gioco, e non solo il rapporto di forza o la bravura.

    In questo caso non è semplicemente come se a un torneo amatoriale di scacchi inserissimo Bobby Fisher o il più recente Magnus Carlsen, ma proprio trovarsi di fronte ad un nuovo gioco, perché seguendo la Teoria dei Giochi:
    1. abbiamo un nuovo giocatore;
    2. che ha a disposizione un numero N indefinito di possibili mosse non previste dagli altri giocatori;
    3. ha strategie – piani di azione – differenti;
    4. modifica radicalmente i possibili pay-off.
    Quest’ultimo punto è forse il più interessante, perché mentre “gli altri giocatori” hanno sempre giocato a trovare “un equilibrio” tra una serie di interessi dati (zona euro, valore monetario, evitare di perdere il valore dei crediti in portafoglio…) il “nuovo giocatore” ha “nuovi pay-off”, che sino a ieri non erano contemplati.

    Se la vediamo in questo modo, possiamo anche spiegare perché all’inizio ho parlato di un vero e proprio incubo-spettro che si aggira per l’Europa: Varoufakis ha “cambiato il gioco”, e a questo gioco, con queste regole, questo giocatori, non solo non sanno giocare, ma cambiando il gioco le strategie note e quindi le possibili azioni a disposizione dei vecchi giocatori sono se non nulle, comunque fortemente ridimensionate. E non sarà facile adattare le vecchie e certamente in modo radicale cambierà il pay-off: cambia il “risultato vincente” ed anche quello che sino a ieri era considerato “il minimo risultato vincente accettabile”.

    Cerchiamo di vedere come ha giocato concretamente nella sua prima uscita pubblica Varoufakis.
    Nel primo incontro la strategia del giocatore UE era semplice: aiuti in cambio delle azioni che ti ho indicato: non fai quelle azioni, non ti do gli aiuti. Azione greca: non voglio gli aiuti, e ti dico no anche alle prossime tranches. Risultato: il giocatore UE era completamente disarmato: non solo la sua azione era stata annullata, ma anche la sua strategia complessiva non aveva più senso. Perché dava per scontato che il “pay-off” della Grecia fosse ottenere gli aiuti.

    Cerchiamo adesso di avere uno sguardo di insieme e non solo su una singola mossa.
    I giochi – sinora – individuabili sono più di uno.
    Varoufakis dichiara quali sono i suoi pay-off: ovvero gli obiettivi per lui “vincenti” e che vuole raggiungere: restare nell’euro, non ricevere gli aiuti, ridefinire il debito.
    Per raggiungerli il primo gioco del Ministro greco è un classico “dilemma del prigioniero”.
    [Due criminali vengono accusati di aver commesso lo stesso reato. Arrestati, vengono rinchiusi in due celle diverse senza comunicare. Ad ognuno di loro vengono date due scelte: confessare oppure non confessare. Se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena e l’altro viene condannato al massimo della pena. Se entrambi confessano, vengono entrambi condannati al massimo. Se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati al minimo].
    È questo lo schema della proposta che Varoufakis fa a ciascuno dei suoi creditori, proponendo una strategia di New Deal europeo, e al contempo di onorare ma rinegoziare il proprio debito pubblico estero.

    A questo punto ai governi e alle istituzioni europee viene “sottoposto” un nuovo gioco, anche questo un classico della Teoria dei Giochi, noto come “il dilemma dei coniugi” o “battaglia dei sessi”.
    [Marito e moglie devono scegliere se riposare o fare i lavori domestici. Se entrambi si riposano entrambi vincono, ma la casa resta in disordine. La strategia più conveniente è la cooperazione: entrambi lavorano in casa, stancandosi di meno, e avendo tempo per riposarsi. Diversamente una seconda strategia mediana è fare turni giornalieri. Etc etc…].
    E questo gioco viene condotto attraverso un altro gioco, più o meno rientrante nel modello del “gioco di segnalazione” [si manda un messaggio senza che sia chiaro il “tipo” di mittente, a quel punto il ricevente compie un’azione di risposta in base al messaggio ma senza conoscere la natura e lo scopo di chi lo ha inviato, e quindi “svela” nella sua azione la propria natura e quindi anche i suoi obiettivi. In questi tipo di gioco i giocatori ricevono payoff dipendenti dal tipo scelto dalla natura soggettiva, dal messaggio scelto dal mittente, e dall’azione scelta dal ricevente. ]
    Una strategia normalmente usata per prevedere il messaggio e scegliere la risposta giusta è quella prevista in un altro gioco, molto noto, ovvero “la morra cinese” in esiste un margine per applicare una strategia a patto che lo si giochi sempre o spesso con gli stessi avversari: si può prestare attenzione alle “debolezze” o alla tendenza ad azioni prevedibili. E in questo caso, mentre gli altri ministri, politici, economisti, tecnici, sono giocatori noti, che hanno tra loro fatto “numerose partite”, ed è quindi possibile studiare una qualche statistica di prevedibilità, il punto di forza del nuovo giocatore è proprio la sua “novità”.

    Cosa può fare Varoufakis per raggiungere il suo pay-off vincente?
    Intanto (paradossalmente) può mettere in atto, o simulare di mettere in atto, una strategia che simuli il “gioco del coniglio” in cui (ad esempio) due ragazzi lanciano simultaneamente le auto verso un burrone. Se entrambi sterzano prima, faranno entrambi la figura dei codardi (conigli) ma avranno entrambi salva la vita; se uno sterza e l’altro continua, il primo farà la figura del coniglio, mentre il secondo avrà mostrato coraggio. Se entrambi continuano sulla strada, moriranno.
    E tuttavia i risultati del “gioco del millepiedi” (introdotto da Rosenthal nel 1981, due giocatori si alternano a scegliere tra prendere un premio che cresce man mano che non si sceglie di acquisirlo, e concludere il gioco, oppure passare la scelta ad un altro giocatore) mostrano come le soluzioni di vero equilibrio di un gioco non riescono a prevedere il modo in cui le persone giocano in alcune circostanze.

    La realtà europea, in questo momento, se la volessimo inquadrare negli schemi della Teoria dei Giochi, è qualcosa di molto simile all’ oligopolio di Cournot, un modello economico che descrive la struttura di un oligopolio.
    Le caratteristiche principali del modello sono:
    1. sono presenti più imprese, che producono un prodotto simile
    2. le imprese non collaborano tra loro;
    3. le imprese producono competendo per quantità (la decisione di ogni azienda su quanto produrre influenzerà il prezzo di mercato – pensiamo al debito pubblico, alla politica fiscale…);
    4. il numero di imprese è fisso (come in Europa il numero di paesi);
    5. le imprese attuano una strategia, cercando di massimizzare il profitto date le decisioni dei concorrenti.
    Il punto di questo schema è che elimina tutte le sovrastrutture tipiche della politica e definisce il semplice concetto essenziale (alla fine di numerosi calcoli e funzioni matematiche) che il profitto di ogni impresa equivale alla differenza tra le entrate e i costi.

    Il pay-off di Varoufakis per la Grecia è molto semplice: restare nell’euro, rinegoziare il debito, e per pagarlo fare crescere l’economia del proprio paese, e per farlo fermare le privatizzazioni, mettere a reddito massimo le infrastrutture nazionali, aumentare la domanda interna aumentando il potere di acquisto (il che passa dal creare lavoro, fermare i licenziamenti collettivi, elevare i salari minimi).
    Per rinegoziare il debito e onorare gli impegni internazionali – dopo aver sondato tutti i creditori e sopo aver “giocato” con loro – è probabile che proporrà loro un nuovo gioco, il “gioco dell’ultimatum”.
    Per la verità si tratta più che di un modello classico, di un gioco di economia sperimentale in cui i giocatori interagiscono al fine di decidere come dividere una somma di denaro che viene offerta loro. Il primo giocatore sceglie come dividere la somma tra sé e un altro giocatore. Il secondo giocatore può accettare o rifiutare la proposta. Se il secondo giocatore rifiuta, nessun giocatore riceve nulla. Se il secondo giocatore accetta, il denaro è suddiviso in base alla proposta del primo giocatore. Il gioco è giocato una volta sola. Normalmente in forma anonima.

    La “variante Varoufakis” del gioco dell’ultimatum cancella l’anonimato, e rende un gioco a due, un gioco collettivo e tendenzialmente cooperativo.
    Ecco, se esistesse un Nobel “vero” per l’economia, o meglio sarebbe per la matematica, andrebbe a Varoufakis, anche solo per averlo pensato. Se poi lo realizza è un capolavoro.

    Tags: teoria dei giochiVaroufakis

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