Bruxelles – Non solo le elezioni europee e statunitensi. Il 2024 è un anno decisivo anche per gli assetti della Nato, l’alleanza militare intergovernativa sotto il cui cappello sono riuniti i 31 membri europei e nordamericani. L’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord è chiamata quest’anno a eleggere il successore o la successora del norvegese Jens Stoltenberg, segretario generale in carica dal primo ottobre 2014. La corsa è iniziata da qualche mese – dopo la proroga di un anno confermata all’ultimo vertice Nato di Vilnius – ma i primi mesi dell’anno saranno decisivi per capire i rapporti di forza tra i candidati e arrivare alla convergenza dei leader dell’Alleanza sul nome per la successione dal primo ottobre. Per evitare una sovrapposizione con gli appuntamenti elettorali in Europa e negli Stati Uniti, la decisione potrebbe già arrivare in primavera, ed è per questo che dentro e fuori il quartier generale di Bruxelles si stanno intensificando i ragionamenti e i contatti.
La pressione sta arrivando in particolare dai leader dei Paesi baltici, che dopo lo scoppio della guerra in Ucraina hanno trainato la risposta decisa dell’Unione Europea a sostegno di Kiev e ora puntano all’incasso. Parlando a Politico è stato in particolare il ministro degli Esteri ed ex-premier della Lettonia, Krišjānis Kariņš, a mettere sul tavolo esplicitamente la richiesta di guidare l’Alleanza Atlantica: “Forse è arrivato il momento per Paesi come la Lettonia“, che sul piano degli impegni Nato quest’anno hanno investito “circa il 2,4 per cento del Pil nella difesa”, oltre la soglia minima del 2 per cento. La selezione della figura del segretario generale della Nato avviene attraverso consultazioni diplomatiche informali tra i Paesi membri, che propongono i candidati alla carica (tradizionalmente un’alta personalità politica europea). Non c’è una votazione vera e propria, ma la decisione non viene confermata finché non si raggiunge il consenso su un candidato.
Ecco perché vanno anche considerati gli umori all’interno dei 31 Paesi Nato. Membri di peso europei come Francia e Germania, ma anche gli Stati Uniti (in attesa di scoprire chi sarà il prossimo presidente, con il rischio rappresentato per la stessa Alleanza da un nuovo mandato per Donald Trump) temono che un leader baltico a capo della Nato possa esacerbare ulteriormente i rapporti con la Russia. Eppure gli occhi sono puntati su un’altra figura di spicco della stessa area geografica europea, la prima ministra estone, Kaja Kallas. Dopo aver confermato l’interesse alla carica lo scorso novembre, l’opzione Kallas potrebbe avere seguito per il fatto che – dalla sua nascita nel 1949 – l’Organizzazione è sempre stata guidata da politici uomini, mai donne. Il 2024 potrebbe essere l’anno della svolta su questo fronte, con altri possibili nomi sul tavolo: la premier danese, Mette Frederiksen (anche se Copenaghen ha già espresso il segretario generale tra il 2009 e il 2014) e potenzialmente la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che deve però ancora sciogliere il nodo sulla sua ricandidatura al Berlaymont dopo le elezioni europee di giugno.
Al netto di questioni di genere e di pressioni baltiche, al momento l’opzione più forte è quella del primo ministro olandese dimissionario, Mark Rutte. Lo stesso leader per 13 anni alla guida dei Paesi Bassi ha definito “interessante” la carica di segretario generale della Nato – dopo la decisione di non ricandidarsi alle elezioni anticipate che hanno poi visto il trionfo dei nazionalisti di destra – anche se si è smarcato affermando che “sarebbe molto positivo” se l’incarico fosse affidato a una politica. Il fatto di essere uno dei favoriti è stato però confermato anche in un editoriale dell’ex-portavoce dell’Alleanza Atlantica (fino a settembre 2023), Oana Lungescu: “Creare consenso tra i 31 alleati della Nato è il compito principale del segretario generale” e Rutte, “a volte chiamato ‘Teflon Mark’ per la sua capacità di guidare coalizioni diverse e di sopravvivere agli scandali politici, è un pragmatico negoziatore e un maestro del consenso“. In questo senso, il premier olandese ha stretto i rapporti non solo con Stoltenberg, ma anche con altri leader dell’Alleanza, dall’Albania alla Lituania, dalla Polonia agli Stati Uniti.
Proprio la questione dei legami con Washington sarà uno dei punti decisivi per chi succederà a Stoltenberg. Rutte ha sviluppato un ottimo rapporto con il presidente Joe Biden e allo stesso tempo è anche uno dei pochi leader europei ad aver cercato di mantenere stabile quello con il suo predecessore Trump, che potrebbe ritornare alla Casa Bianca dopo le elezioni di novembre. Il punto di debolezza del premier olandese è il fatto di non aver ancora allineato il suo Paese alla soglia minima di spesa per la difesa, una delle criticità maggiori se si considerano gli attacchi di Trump ai partner europei ai tempi della sua presidenza. D’altra parte Rutte si è ritagliato un ruolo di alleato affidabile per l’Ucraina, dopo aver preso l’iniziativa insieme alla Danimarca di Frederiksen di creare un centro di addestramento di piloti di caccia F-16 in Romania e inviando sistemi di difesa aerea Patriot e carri armati Leopard. Anche su questo tema si giocherà la partita della successione di Stoltenberg alla segreteria generale della Nato.