Bruxelles – L’inflazione continua ad essere un fattore di preoccupazione e rischio, da monitorare e per cui lavorare. Le tensioni geopolitiche incidono sul clima di fiducia e l’andamento dell’economia. Il quadro, in sostanza, rimane pieno di punti interrogativi e indicatori negativi. Luis de Guindos, vicepresidente della Banca centrale europea, vuole mettere in guardia: sull’eurozona gravano scenari di nuove frenate e “recessione tecnica”.
Innanzitutto, spiega intervenendo alla 14esima giornata degli investitori spagnoli, “Il rapido ritmo di disinflazione che abbiamo osservato nel 2023 rischia di rallentare nel 2024 e di fermarsi temporaneamente all’inizio dell’anno, come nel caso di dicembre 2023″, confermato dai dati preliminari di Eurostat che mettono in evidenza un aumento di mezzo punto percentuale rispetto a novembre. Questo perché nell’anno appena iniziato spariranno i regimi di sostegno varati contro il caro-bollette. “Le misure compensative legate all’energia scadranno, portando a una ripresa transitoria dell’inflazione”.
Se l’andamento dell’indice del costo della vita appare comunque più ‘fisiologica’, diverso è il discorso sulla performance economica. “Gli sviluppi della crescita sono più deludenti“, avverte de Guindos. “L’attività economica nell’area dell’euro è leggermente rallentata nel terzo trimestre del 2023”, e gli indicatori indicano “una contrazione economica anche a dicembre, confermando la possibilità di una recessione tecnica nella seconda metà del 2023 e prospettive deboli per il breve termine“.
Una situazione, quella descritta, che appare seria. Perché, avverte il numero due dell’Eurotower, “il rallentamento dell’attività sembra essere ampio, con l’edilizia e la produzione particolarmente colpite”. In sostanza, “i dati in arrivo indicano che il futuro rimane incerto e le prospettive inclinate al ribasso” e le riforme, prime fra tutte quelle incastonate nei piani nazionali per la ripresa (PNRR) diventano ancor più importanti.
“In questo contesto – insiste de Guindos – politiche di bilancio sostenibili e orientate agli investimenti volte a promuovere la transizione energetica, rafforzare la resilienza delle catene di approvvigionamento e aumentare la produttività dell’area dell’euro, sostengono il nostro obiettivo di stabilità dei prezzi“. Vuol dire che laddove la politica monetaria non può spingersi la politica nazionale può e deve agire. “Le riforme strutturali e gli investimenti per migliorare la capacità di approvvigionamento dell’area dell’euro possono contribuire a ridurre le pressioni sui prezzi nel medio termine”.