Bruxelles – Nessuna sorpresa, ma il passaggio formale atteso per oggi (10 gennaio) era necessario per l’ufficialità. Come riporta il quotidiano belga Le Soir, all’ora di pranzo il governo belga ha nominato l’attuale commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynders, come candidato alla carica di segretario generale del Consiglio d’Europa. In vista del mandato in scadenza attualmente ricoperto dalla croata Marija Pejčinović Burić, a fine giugno il politico liberale belga correrà per la seconda volta consecutiva alla guida dell’organizzazione internazionale a Strasburgo (che non è tra le istituzioni dell’Unione Europea), lasciando almeno momentaneamente il suo incarico al Berlaymont.
La volontà di candidarsi era nota da giorni e oggi il governo guidato da Alexander De Croo ha confermato di puntare ancora su Reynders, nonostante la sconfitta subita nel 2019 – quando era vicepremier belga e ministro degli Esteri e della Difesa – proprio per mano dell’attuale segretaria generale croata. Si attende a breve un annuncio dal Berlaymont su un probabile congedo non retribuito dalla Commissione Ue, per potersi concentrare su una procedura lunga cinque mesi di confronto con altri candidati alla segreteria generale del Consiglio d’Europa. I nomi degli sfidanti (ne serve almeno un altro) dovrebbero essere noti nelle prossime ore e, se arriverà fino in fondo al processo, Reynders dovrà ottenere il sostegno della maggioranza dei 46 Stati membri del Consiglio d’Europa. Nello scenario in cui riuscisse finalmente a essere eletto come segretario generale, non è ancora dato sapere se ricoprirà il suo incarico al Berlaymont fino all’insediamento della nuova Commissione Europea, o se invece lascerà il posto prima della sua entrata in carica a fine settembre, seguendo l’esempio di diversi suoi colleghi e colleghe.
Oltre a Reynders, tutti gli addii al Berlaymont
Il commissario Reynders è l’ultimo nome di una lunga lista di adii – provvisori e non – anche se nel peggiore dei casi lo farebbe sul suono della sirena. Perché non approvati o per abbandono dovuto a questioni personali/elettorali, sono nove i commissari e le commissarie che hanno cambiato (o rischiato di cambiare) la conformazione del Collegio come originariamente concepito dalla presidente von der Leyen nel 2019 per il mandato quinquennale. Un terzo dell’intera squadra iniziale, il cui numero di membri scenderà in modo provvisorio a 25 con il congedo temporaneo di Urpilainen e l’eventuale elezione di Reynders a segretario generale del Consiglio d’Europa (è probabile che il commissario opti per un congedo non retribuito).
Le prime defezioni sono arrivate per ‘leggerezze’ di von der Leyen immediatamente con la presentazione della sua squadra di commissari. La commissione giuridica (Juri) del Parlamento Europeo a fine settembre 2019 aveva deciso di bocciare i nomi concordati tra la presidente dell’esecutivo Ue e i governi di Romania e Ungheria: la romena Rovana Plumb (S&D) e l’ungherese László Trócsányi (Ppe) erano stati considerati “non in grado di esercitare le proprie funzioni conformemente ai trattati e al codice di condotta”. Due settimane più tardi era stata bocciata anche la francese Sylvie Goulard per ripicche politiche degli eurodeputati nei confronti di Parigi. Un anno più tardi, nel pieno della crisi sanitaria Covid-19, il commissario irlandese per il Commercio, Phil Hogan, era stato ‘pizzicato’ a non rispettare le regole di confinamento e il governo di Dublino l’aveva spinto alle dimissioni: la sua carica è stata rilevata dal vicepresidente Valdis Dombrovskis, mentre l’irlandese Mairead McGuinness è subentrata come responsabile del portafoglio per i Servizi finanziari.
Tutte le altre defezioni sono arrivate nel 2023. Per prima è stata la commissaria bulgara per per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, dimessasi a metà maggio per puntare alla carica (poi concretizzatasi) di vicepremier e ministra degli Esteri in Bulgaria. Il suo passo indietro aveva reso necessaria una redistribuzione degli incarichi al Berlaymont: alla vicepresidente esecutiva Vestager era toccato quello dell’innovazione e la ricerca, mentre al vicepresidente per lo Stile di vita europeo, Margaritis Schinas, quello dell’Istruzione, cultura e gioventù. Il tutto si è reso ancora più complicato con il congedo temporaneo richiesto e ottenuto dalla stessa vicepresidente Vestager per correre come candidata della Danimarca per la presidenza della Banca europea per gli investimenti (Bei): tutto il pacchetto dell’ex-commissaria Gabriel è passato al vicepresidente Schinas, fino al momento dell’entrata in carica della sostituta bulgara, Iliana Ivanova. I file di competenza di Vestager sono invece stati distribuiti tra il commissario per la Giustizia, Didier Reynders (Concorrenza), e la commissaria per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová (Politica digitale), fino al ritorno di Vestager il 12 dicembre.
Ad agosto sono arrivate le dimissioni ufficiali del vicepresidente esecutivo responsabile per il Green Deal Europeo, Frans Timmermans, dopo essere stato scelto nei Paesi Bassi alla guida della coalizione formata dal partito di centrosinistra Partito del Lavoro e della Sinistra Verde GroenLinks in vista delle elezioni parlamentari del 22 novembre. Anche in questo caso von der Leyen ha diviso in due le deleghe di Timmermans: l’incarico di responsabile per il Green Deal europeo è stato assegnato al vicepresidente per le Relazioni interistituzionali, Maroš Šefčovič, il quale è stato nominato ad interim anche commissario per il Clima, fino alla nomina del nuovo commissario olandese, Wopke Hoekstra. Infine il 19 novembre la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, ha dato la propria disponibilità a presentarsi alle elezioni presidenziali in Finlandia (in programma il 28 gennaio) come candidata socialdemocratica: dallo scorso 2 dicembre Urpilainen è in congedo non retribuito e il suo portafoglio è passato momentaneamente al vicepresidente Schinas.