Da quando è arrivata al potere, la destra neoexfascista italiana sembra arrabbiata, più di prima quando recriminava e rosicava all’opposizione. È rabbiosa la destra, gira armata e spara alle feste, prepotente anche, blocca i treni per scendere quando vuole e non come gli altri alle fermate, va al cinema travestita da truppa nazista (forse perché le piacerebbe andare al gay pride coi vestiti da checca), celebra i suoi anniversari cupamente, quand’è buio, con il braccio teso nel saluto romano, gridando slogan disperati, si guarda alle spalle come un ladro in fuga, ha paura dei gay, dei figli dei gay e di diventare gay e di continuo immagina complotti contro il suo governo. Come se non bastasse, sembra prediligere il culto delle sconfitte: celebra El Alamein (abbiamo perso ma quante gliene abbiamo dette), santifica Cochise e Geronimo assieme ai quasi estinti Apache, tutti perdenti della storia e all’immancabile Benito morto ammazzato. Perché tanta cupezza? Eppure la destra ha stravinto le elezioni, è in vantaggio nei sondaggi e il governo di Giorgia Meloni può ragionevolmente sperare di durare tutta la legislatura. Dovrebbe essere contenta la destra, leggera e gaudente, soddisfatta dei suoi trionfi.
Il grande problema di questa destra, la destra neoexfascista italiana, è che è nata dalle ceneri della sua disfatta. La destra ha perso la guerra e continua a perderla ogni giorno che passa nell’ordine mondiale scaturito dalla sua sconfitta, nella libertà delle nostre democrazie, nell’alleanza della NATO, nella costruzione europea, nella lotta alle stesse dittature che ha a lungo ammirato e perde e riperde ogni volta che le tocca piegarsi a partecipare alle elezioni che il regime a cui si ispira voleva sventare una volta per tutte. E così anche quando vince perde e inutilmente cerca una rivincita, una riscossa che non può venire.
Un amico militare che partecipa alle esercitazioni NATO mi racconta che anche nelle finte manovre dell’addestramento i più bravi sono sempre gli inglesi e gli americani. Un po’ meno i francesi, che sembrano giocare da soli. I tedeschi invece sembra sempre che si trattengano, come se non volessero esagerare, come l’ultima volta. Quanto agli italiani, si vede fin dall’inizio che pensano che sono solo esercitazioni e allora si risparmiano nello sforzo, ché non ne vale la pena. Quando devono rotolarsi per terra un poco buttano l’occhio per vedere dove, per non farsi male o magari rovinare la tuta, insomma sanno che è una finta e non vogliono sprecarsi troppo. Inglesi e americani no, loro ci credono sempre fino in fondo che vincono, anche nelle esercitazioni. Perché? Perché hanno la sicurezza che viene loro dall’aver vinto la guerra, quell’unica e ultima che ancora conta e su cui si fonda ancora, malgrado tutto, l’ordine mondiale. La nostra destra exneofascista invece quella guerra l’ha persa, anzi ne ha perse due in una: la guerra mondiale e la guerra partigiana. Vincere le elezioni non le basta per riscattarsi. Ci vorrebbe una rivincita, un’altra guerra, ma non si può….
Così si contorce e scalpita in gesticolazioni paramilitari, schiatta di rabbia e pur se vince ha paura. Allora per nobilitarsi si cerca una cultura. Ma una cultura di destra, di questa destra neoexfascista, non esiste perché la cultura non ha certezze, non ha misura, è sempre contrasto, cambiamento, rottura, innovazione. Ogni grande artista è grande perché con la sua invenzione ha fatto saltare per aria quel che esisteva prima. La cultura spacca ogni tradizione, mette il mondo alla rovescia, come ha fatto Dante che ha messo i Papi all’inferno. Dante, il cui miglior maestro era omosessuale e lui passando per l’inferno va a trovarlo e lo ringrazia. Dante, che con il suo poema ha affossato il vetusto latino e inventato l’italiano proclamando che: “opera naturale è che uom favella, così o così natura lascia poi fare a voi secondo che v’abbella”. La libertà di parlare come si vuole e di lasciar fare la natura, non è proprio un’idea di destra, della nostra destra exneofascista.
E più resterà al potere, più la destra (questa destra) sprofonderà nell’angoscia: si farà la bile nera ogni anno a dover celebrare il 25 aprile della Resistenza e il 2 giugno della Repubblica e il 9 maggio dell’Unione europea, tutte feste non sue, e perfino la festa della bandiera italiana le farà torcere lo stomaco, chè di fatto non è italiana, è cisalpina e ce l’hanno data i francesi e anche qui tocca ingoiare, alla faccia del sovranismo. E così, manda giù che manda giù, finirà che per disperazione la destra getterà la spugna e anche se vince di nuovo le elezioni, chiederà di stare all’opposizione. Perché la destra, questa destra, è nata contro, è nata perdente e solo nel perdere, nel lugubre culto della sconfitta trova la sua ragione.