Il Ttip, l’accordo di libero scambio e gli investimenti che Ue e Stati Uniti stanno negoziando, non assicurerà all’Europa sicurezza negli approvvigionamenti, non garantirà un aumento delle esportazioni del gas naturale liquido statunitense verso il mercato Ue, e rischia di vedere la delocalizzazione delle attività di ricerca oltre oceano. Inoltre non è escluso che si possa incorrere a un indebolimento delle regole previste dalla direttiva Reach sull’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, e dalla direttiva sulla qualità dei carburanti. Insomma, almeno sul fronte energetico il Ttip non pare essere un grande affare. Lo dice lo studio “Impatti del Ttip sui mercati energetici europei e le industrie manifatturiere”, realizzato per conto della commissione Industria del Parlamento europeo. Una premessa è d’obbligo: i negoziati sono in corso e tutti potrebbe ancora accadere, e dunque lo studio offre analisi prudenziali senza fornire dati, anche perché numeri al momento non se ne hanno. Il vero impatto sul settore energetico si potrà dunque avere una volta che il Ttip sarà firmato (se sarà firmato). Ciò nonostante delle prime indicazioni ci sono, e non appaiono esaltanti.
Sul fronte delle forniture l’aumento dell’export statunitense di gas e petrolio sarebbe “solo marginale”, e condizionale. Può essere una sicurezza “se” vengono abolite le barriere e “se” i prezzi restano bassi. Un po’ per restrizioni, un po’ per l’assenza di terminali che rendano fattibile le esportazioni, la fornitura del gas liquefatto passerebbe da 1 a 1,1 miliardi di metri cubi al giorno. Quando al gas naturale, le imprese statunitensi, attente al profitto, guardano ai mercati dell’Asia e del pacifico, dove i prezzi sono più alti che in Europa. E anche se le restrizioni alle esportazioni di greggio fossero rimosse, una decisione di vendita sarebbe indipendente dal Ttip. Dunque, recita lo studio, “a parte per il gas liquefatto non si prevede che il Ttip possa determinare altri forniture aggiuntive di energia”, e comunque “sarebbe piuttosto improbabile sostenere che il Ttip rappresenti un meccanismo diretto di sicurezza”. In sintesi, l’accordo in questione “probabilmente avrà un effetto limitato dal punto di vista della sicurezza degli approvvigionamenti energetici”. Nulla da segnalare neppure dal punto di vista dei costi dell’energia. “Molto probabilmente non diverranno più bassi per effetto del Ttip”.
Sul fronte del lavoro, il Ttip non sarà tutta questa grande fonte di occupazione. Dipende dagli scenari: nel migliore di questi si avrà un aumento dello 0,5% dei posti di lavoro, ma la situazione nel complesso “non cambierà di molto”. Paradossalmente il Ttip rischia di essere fonte di fuga di manodopera. “È possibile – sostiene lo studio – che l’accordo agevolerà lo spostamento di forza lavoro specializzata”, soprattutto per quanto riguarda la ricerca, un flusso che per l’Ue rischia di essere in uscita, viste le condizioni più favorevoli nel settore garantite negli Stati Uniti. Limitati impatti (attorno a un +0,5%) sono previsti per quanto riguarda eventuali aumenti in busta paga.
Infine, il Ttip può accrescere la competitività dell’Unione europea? Poco, un poco per di più legato ai “se”. L’Europa continuerà ad avere industrie energivore, ed è quindi soggetta alla fluttuazione dei prezzi di gas ed elettricità. In linea teorica il Ttip potrebbe garantire una spinta in più, ma a patto che ci sia un aumento delle forniture di gas, così da far scendere i costi. Ma si è visto che il gas naturale, da un’ottica statunitense, è più vantaggioso venderlo su altri mercati. Se a questo si aggiunge che per gli autori dello studio il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (Isds) rappresenta “aspetti negativi potenzialmente seri”, la conclusione viene da sé: “Non è il Ttip che risolve il problema della sicurezza energetica in Europa, come invece sperava qualcuno”.