Bruxelles – Per l’Ucraina la notizia più attesa è arrivata anche prima di quanto sperato. Il Consiglio Europeo ha dato il via libera oggi (14 dicembre) all’avvio dei negoziati di adesione all’Unione Europea con una formula che ha lasciato stupiti anche gli addetti ai lavori. Per superare lo stallo determinato dal suo stesso ostruzionismo Viktor Orbán, il primo ministro ungherese, ha lasciato la sala al momento del voto e così gli altri 26 leader Ue hanno potuto approvare le più attesa tra le conclusioni del vertice. Insieme alla strada dell’Ucraina si apre anche quella della Moldova (avvio dei negoziati), della Bosnia ed Erzegovina (negoziati con riserva) e della Georgia, a cui è stato garantito lo status di Paese candidato all’adesione all’Unione.
“Vogliamo sostenere l’Ucraina, questo è un segnale e una decisione molto forte”, sono state le parole del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, sceso in sala stampa a parlare con i giornalisti dopo la notizia dello sblocco delle trattative: “Oggi penso al popolo ucraino a cui siamo vicini, è una decisione estremamente importante per la credibilità dell’Unione“. Era stato proprio il numero uno del Consiglio Europeo ad annunciare pochi minuti prima su X che i leader avevano deciso di “avviare i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova”, di “concedere lo status di candidato alla Georgia” e di “aprire i negoziati con la Bosnia ed Erzegovina una volta raggiunto il necessario grado di conformità ai criteri di adesione”, invitando la Commissione Ue a presentare una relazione “entro marzo in vista di tale decisione”. Rilanciando lo stesso post, il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha esultato per la decisione del Consiglio: “La vittoria dell’Ucraina, la vittoria di tutta l’Europa, una vittoria che motiva, ispira e rafforza, ringrazio tutti coloro che hanno lavorato perché ciò avvenisse e tutti coloro che hanno contribuito”. Zelensky – che questa mattina si era rivolto ai 27 leader Ue in videoconferenza, chiedendo loro di “non tradire gli ucraini” – si è congratulato anche con la presidente moldava, Maia Sandu, e ha sottolineato che “la storia è fatta da coloro che non si stancano di lottare per la libertà”.
“Una decisione strategica e un giorno che rimarrà impresso nella storia della nostra Unione, sono orgogliosa di aver mantenuto le nostre promesse e felici per i nostri partner”, ha commentato la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che ha visto approvate tutte le raccomandazioni contenute nel suo Pacchetto Allargamento 2023. Anche la presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, ha definito quello di oggi “un momento di orgoglio per l’Europa, per l’Ucraina, per la Moldova, per tutti coloro che lottano per i nostri valori e per tutti coloro che guardano all’Europa come a un faro di speranza”, in cui “abbiamo mantenuto le nostre promesse, abbiamo fatto la storia, ora scriveremo insieme il futuro“. Soddisfatta anche la prima ministra italiana, Giorgia Meloni, per i “concreti passi avanti” nel processo di allargamento per Ucraina, Moldova, Georgia e Bosnia ed Erzegovina, definiti in una nota di Palazzo Chigi un “risultato di rilevante valore per l’Unione Europea e per l’Italia, giunto in esito a un negoziato complesso”.
Il caso Orbán-Ucraina
Parlando con i giornalisti, il presidente Michel ha però anche sottolineato che “è stato importante che nessuno Stato membro si sia opposto“. E questo commento ha sollevato non poche perplessità non solo sulla velocità della decisione (in poco più di tre ore) rispetto a una questione che si temeva potesse tenere bloccato il processo decisionale per tutta la giornata e oltre, ma soprattutto al cambio di atteggiamento di Orbán. Fonti qualificate hanno poi reso noto che il premier ungherese non era presente in sala al momento del voto e non ha delegato nessuno al suo posto, di fatto astenendosi. “In caso di voto all’unanimità, un’astensione non impedisce l’adozione di una decisione”, è quanto prevedono i Trattati.
Se è vero che con la sua pseudo-astensione (di fatto non si è astenuto, ma non si è proprio presentato al momento del voto) Orbán ha fatto sì che potesse passare la linea condivisa a stragrande maggioranza dai leader dell’Unione, non si può nascondere che lo stesso premier ungherese ha già iniziato la sua retorica propagandistica di opposizione a Bruxelles: “Iniziare i negoziati di adesione con l’Ucraina è una pessima decisione, l’Ungheria non ha partecipato alla decisione”. Da una parte si tratta chiaramente di una netta sconfitta per l’uomo forte di Budapest – che può contare sull’assenza di un’opinione pubblica in patria che gli chiederà conto della sua assenza nel momento in cui avrebbe dovuto far pesare la posizione nazionale – ma c’è anche altro da dover considerare. Quella di oggi era solo la prima prova per l’unanimità in sede di Consiglio, Orbán ha dimostrato di poter sfruttare questa arma per ottenere lo sblocco dei fondi Ue congelati e difficilmente non sceglierà di ripetere lo stesso ostruzionismo sulla questione dell’allargamento quando sarà necessario per i suoi interessi.
Il Consiglio Europeo – l’organismo che definisce le priorità e gli indirizzi politici generali dell’Unione – ha il compito di prendere una decisione politica sull’inizio del processo di adesione di un Paese terzo e sul momento più decisivo (l’avvio dei negoziati, appunto). Ma il compito di mettere a terra la decisione in modo formale è del Consiglio dell’Unione Europea – l’organo decisionale che rappresenta i governi dei 27 Paesi membri e detiene il potere legislativo insieme al Parlamento Europeo – che secondo i Trattati ha l’ultima parola a riguardo: “I negoziati di adesione non possono iniziare finché tutti i governi dell’Ue non concordano, sotto forma di decisione unanime del Consiglio dell’Ue, su un quadro o un mandato per i negoziati con il Paese candidato”. L’Ungheria di Orbán avrà ancora da giocarsi molte volte la carta del veto e l’esperienza recente di Albania e Macedonia del Nord dovrebbe essere di monito per l’Ucraina e gli altri 26 Paesi membri: dopo la decisione del Consiglio Europeo di avviare i negoziati di adesione con Tirana e Skopje il 25 marzo 2020, sono passati più di due anni prima che il negoziato potesse effettivamente iniziare (il 19 luglio dell’anno scorso).
Come funziona il processo di adesione Ue
Il processo di allargamento Ue inizia con la presentazione da parte di uno Stato extra-Ue della domanda formale di candidatura all’adesione, che deve essere presentata alla presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Per l’adesione all’Unione è necessario prima di tutto superare l’esame dei criteri di Copenaghen (stabiliti in occasione del Consiglio Europeo nella capitale danese nel 1993 e rafforzati con l’appuntamento dei leader Ue a Madrid due anni più tardi). Questi criteri si dividono in tre gruppi di richieste basilari che l’Unione rivolge al Paese che ha fatto richiesta di adesione: Stato di diritto e istituzioni democratiche (inclusi il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze), economia di mercato stabile (capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale) e rispetto degli obblighi che ne derivano (attuare efficacemente il corpo del diritto comunitario e soddisfare gli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria).
Ottenuto il parere positivo della Commissione, si arriva al conferimento dello status di Paese candidato con l’approvazione di tutti i membri dell’Unione. Segue la raccomandazione della Commissione al Consiglio Ue di avviare i negoziati che, anche in questo caso, richiede il via libera all’unanimità dei Paesi membri: si possono così aprire i capitoli di negoziazione (in numero variabile), il cui scopo è preparare il candidato in particolare sull’attuazione delle riforme giudiziarie, amministrative ed economiche necessarie. Quando i negoziati sono completati e l’allargamento Ue è possibile in termini di capacità di assorbimento, si arriva alla firma del Trattato di adesione (con termini e condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie), che deve essere prima approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio all’unanimità.