Bruxelles – Si apre oggi (13 dicembre) a Strasburgo il terzo e potenzialmente ultimo, incontro negoziale tra Parlamento e Consiglio sulla proposta di riforma del mercato elettrico dell’Ue. Ad oggi si sono tenute già 14 riunioni tecniche oltre che 2 incontri negoziali tra i co-legislatori e il prossimo potrebbe essere quello decisivo. La proposta di revisione è stata avanzata dalla Commissione europea lo scorso 14 marzo, dopo un’intensa crisi energetica che ha messo alla prova i governi europei fortemente dipendenti dal gas russo.
Il Parlamento europeo ha raggiunto una posizione negoziale in tempi rapidi lo scorso 19 luglio in un voto di commissione (poi confermato a settembre in plenaria). I ministri europei dell’Energia, riuniti a Lussemburgo, hanno finalizzato la loro posizione negoziale a metà ottobre, sbloccando l’impasse venutasi a creare a causa delle distanze tra Germania e Francia sul ruolo degli impianti da nucleare.
Il nodo dei contratti per differenza
Elemento chiave di questa riforma è quello di promuovere degli strumenti finanziari statali per energie rinnovabili e nucleare. La Commissione europea ha puntato sul sostegno pubblico diretto alla produzione di energia elettrica rinnovabile (principalmente eolica, solare, idroelettrica, geotermica) e nucleare attraverso un contratto per differenza a due vie, in cui ai produttori viene pagato un “prezzo di esercizio” fisso per la loro elettricità, indipendentemente dal prezzo nei mercati dell’energia a breve termine.
Proprio sui contratti per differenza c’è rischio che le discussioni vadano per le lunghe, sull’articolo 19b, hanno discusso per mesi gli Stati membri al Consiglio, in particolare Francia e Germania. In sostanza, il nodo delle discussioni è quello di stabilire se le centrali nucleari esistenti debbano o meno poter beneficiare del reddito garantito da questi contratti al pari delle energie rinnovabili e in che termini. Per l’Eurocamera, i contratti possono essere applicati solo se vengono effettuati determinati tipi di investimenti. In tal caso, dovranno essere offerti prezzi garantiti per una parte della produzione commisurata ai nuovi investimenti.
L’approccio del Consiglio ha mantenuto il ruolo del sostegno pubblico alla produzione di energia attraverso i contratti per differenza bidirezionali che però si applicheranno obbligatoriamente solo agli investimenti in nuovi impianti (non quindi quelli esistenti). Quanto agli impianti esistenti, il compromesso raggiunto in seno al Consiglio è che il sostegno diretto dei prezzi da parte degli Stati membri attraverso l’uso dei contratti per differenza non sarà obbligatorio, ma volontario e sarà soggetto alle norme sugli aiuti di Stato, riguardando solo gli impianti esistenti che sono soggetti a ripotenziamento, estensione della vita utile o estensione della capacità. Rispetto alla posizione dell’Europarlamento, il mandato non prevede alcuna proporzionalità.
Differenze sui meccanismi di capacità
Una differenza di posizioni tra le due istituzioni riguarda anche i meccanismi di capacità, ovvero gli strumenti di incentivi alla generazione a disposizione degli Stati membri per contrastare potenziali carenza. Gli Stati membri, su pressione principalmente della Polonia, hanno previsto che con i meccanismi di capacità fino alla fine del 2028 sia possibile finanziare le centrali elettriche a carbone o a gas già in funzione che emettono emissioni superiori allo standard di emissioni (oltre 550 g di CO2 per KWh). A differenza del Consiglio, l’Europarlamento non ha previsto alcuna deroga.
Transizione dal basso
Una delle novità che la riforma potrebbe portare è l’idea della condivisione dell’energia pulita. I ministri confermano di voler introdurre un diritto ai sistemi di condivisione dell’energia, senza la necessità di creare una nuova comunità energetiche. La normativa è finalizzata a consentire ai (piccoli) produttori privati di condividere tra loro energia rinnovabile, ad esempio quella prodotta sui tetti con i pannelli solari. Anche l’Eurocamera ha previsto un quadro giuridico per l’immissione e lo stoccaggio di elettricità verde da parte di cittadini, aziende e istituzioni. I governi hanno rafforzato il ruolo del Consiglio nel dichiarare una crisi dei prezzi quando si prevede che prezzi medi all’ingrosso dell’elettricità molto elevati durino almeno per sei mesi e che i forti aumenti dei prezzi al dettaglio dell’elettricità continuino per almeno tre mesi. Un ruolo che l’Eurocamera ha in sostanza lasciato alla Commissione europea.
Nella posizione negoziale dell’Europarlamento non è passata l’idea di introdurre un tetto sugli extra profitti delle aziende da attivare strutturalmente di fronte a una crisi (dichiarata dalla Commissione europea, non presunta). Stati membri hanno conservato della proposta della Commissione europea (che invece non c’è nel mandato dell’Europarlamento) è l’idea di estendere fino a fine giugno 2024 il tetto alle entrate di mercato eccessive (ovvero gli extra profitti) derivanti dall’elettricità prodotta da generatori con costi marginali inferiori come le energie rinnovabili, il nucleare e la lignite (“generatori inframarginali”).