E’ un passo verso la flessibilità ma “non è” la golden rule”, precisa la Commissione europea. Ma vale comunque oro. Contabilizzati ma non usati ai fini del calcolo del debito e del deficit i contributi nazionali al fondo Feis per gli investimenti strategici, così come non contribuiranno all’apertura di procedure per deficit eccessivo o per squilibri macro-economici i le spese di co-finanziamento nazionale dei programmi pagati dai fondi strutturali europei. Ancora, via dallo stesso calcolo le spese nazionali per le opere infrastrutturali previste dai programmi europei per le grandi reti (trasporti, telecomunicazioni ed energia) e il fondo che li finanzia (Cef). Questi i contenuti della comunicazione della Commissione europea sulla flessibilità, letteralmente il documento “Per incoraggiare le riforme strutturali e gli investimenti”. Un testo che vedrà l’avvio dei negoziati già da lunedì prossimo, con i primi incontri tecnici tra Commissione e Consiglio, quest’ultimo rappresentato da un gruppo ad hoc composto da due sherpa per Stato membro.
L’obiettivo è raggiungere un accordo politico entro aprile, e per evitare resistenze – soprattutto da chi vorrebbe mantenere la rotta del rigore – si pongono due condizioni: questa regola avrà durata limitata nel tempo e nell’entità della deviazione degli obblighi di correzione delle finanze pubbliche. Intanto ai Paesi membri dell’Ue che attuano le riforme strutturali sarà concessa una “deviazione temporanea” dagli obiettivi di consolidamento fiscale. In pratica con questa flessibilità “verrà concesso più tempo” per ridurre debito e deficit se un Paese saprà dimostrare che le riforme avranno impatto positivo nel medio termine. La deviazione temporanea non deve eccedere lo 0,5% del Pil, fatto salvo che entro quattro anni gli obiettivi di medio termini vanno rispettati e che questi allentamenti del Patto di stabilità sono concessi ai Paesi sotto controllo preventivo, e non sotto quello correttivo. La Francia, in sostanza, non avrà margini di spesa. “Non stiamo cambiando le regole”, ha sottolineato il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. Quello che accade, ha precisato, è che “la priorità nuova è favorire gli investimenti”. E’ una delle due priorità della squadra Juncker, accanto a quella di “finanze pubbliche in ordine, già mantenuta”.
La comunicazione sulla flessibilità chiarisce inoltre quali sono i fattori attenuanti nel percorso di riduzione degli squilibri dei conti nazionali. In condizioni normali i Paesi con elevato debito pubblico come l’Italia devono ridurlo per un valore superiore allo 0,5% del Pil l’anno. Un impegno che aumenta ad almeno lo 0,75% del Pil in caso di congiunture “molto buone”, ma che si riduce allo 0,25% con congiunture “negative” e condizioni di crescita al di sotto del potenziale (altrimenti resta fermo l’obiettivo dello 0,5% di correzione strutturale), e dello 0,25% – a prescindere dai potenziali di crescita – in condizioni “molto negative”. La responsabilità fiscale, ha detto Moscovici, “è una condizione necessaria ma non sufficiente per rilanciare crescita e occupazione”. Per farle ripartire “servono anche riforme strutturali e investimenti, e l’applicazione più intelligente del patto di stabilità che annunciamo oggi ci aiuterà a compiere progressi decisi su tutti questi fronti”.