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    Home » Non categorizzato » L’Unione rilancia i cantieri: “Investimenti fuori dal Patto Ue”

    L’Unione rilancia i cantieri: “Investimenti fuori dal Patto Ue”

    Redazione</a> <a class="social twitter" href="https://twitter.com/eunewsit" target="_blank">eunewsit</a> di Redazione eunewsit
    11 Gennaio 2015
    in Non categorizzato
    piano juncker

    Foto tratta dal sito Ragusanews.com

    Di Marco Zatterin per La Stampa

    Al ministero del Tesoro attendono con qualche ansia di conoscere il destino del riquadro che segna le pagine 8 e 9 delle nuove tavole europee della legge in materia di flessibilità contabile che la Commissione Ue sta scrivendo in queste ore. Compiendo un passo nella direzione auspicata da Matteo Renzi, l’ultima bozza introduce fra le spese ammissibili alla «Clausola d’investimento» (cioè al codice che può garantire uno sconto sul deficit ai paesi virtuosi) i progetti cofinanziati dal fondo strategico (Efsi) del piano Juncker da 321 miliardi. Temporaneamente, e a precise condizioni, la mossa libererebbe risorse dal Patto di Stabilità. Sarebbe un segnale politicamente rilevante dell’equilibrio delle euroregole che si sposta da austerità a crescita.

    «Il negoziato è in corso, tutto può succedere – concede una fonte europea -, però la proposta relativa all’Efsi ha possibilità di farcela». Sino a domani i tecnici dell’esecutivo comunitario continueranno il lavoro sulla comunicazione da cui avranno origine le linee guida della «nuova» flessibilità. Al netto di colpi di scena, il documento sarà varato martedì. Per sapere come, bisogna attendere la fine. I leader Ue hanno promesso più volte di sfruttare tutti i margini esistenti nei Trattati. Ma i punti di vista dei rigoristi (Germania in testa) e del partito del sostegno alla crescita (con Italia e Francia) non sono facili da combinare.

    La «Clausola d’investimento» è un’idea del luglio 2013, fu la prima risposta all’esigenza di minor rigidità del Patto che sovrintende alla governance economica europea. In realtà, il tempo ha dimostrato che si trattava d’uno strumento difficile da utilizzare. Il governo Letta ci ha provato, sfruttando piano di riforme e deficit sotto il 3% del pil, tuttavia Bruxelles non ha ritenuto che avessimo le carte in regola, salvo poi ammettere che la formula non è fatta per funzionare. Di qui la decisione di rivedere le regole e allargarne lo spettro.

     A caccia di fondi

    Posto che la partecipazione eventuale, e alla fine probabile, dei Ventotto alla dote dell’Efsi (21 miliardi) non sarà oggetto di contestazione qualora fosse causa dello sforamento del Patto di Stabilità, ora si valuta di non contare nemmeno la quota nazionale dei progetti scelti col piano Juncker. Nella mente di Bruxelles, grazie alla garanzia dell’Efsi, molti cantieri infrastrutturali potrebbero essere rilanciati attirando capitali privati. Visto che si tratta di lavori col bollino Ue – il piano per “la Buona scuola” da 8,7 miliardi come il terzo valico della Genova-Tortona, per dirne due – i denari spesi dei governi potrebbero essere sterilizzati ai fini delle pagelle europee, sempre che parametri come il rapporto deficit/ Pil siano nella norma. Passando nella stretta via della «Clausola», l’Italia potrebbe ritrovarsi i miliardi extra per la scommessa sulla ripresa che Renzi chiede da sempre. Magari di più. Soprattutto se passasse un’altra proposta sul tavolo in queste ore, cioè l’allargamento delle maglie per considerare anche lo scorporo dei progetti cofinanziati nell’ambito della Politica strutturale e le reti transeuropee. «Difficile, eppure possibile», dicono alla Commissione. Faciliterebbe un esito favorevole all’Italia, il riconoscimento della singola recessione come scusa di flessibilità invece che l’intera Ue in rosso come chiede qualcuno. Il resto è aperto: la facoltà che Bruxelles abbia più discrezione nel redigere la pagella dei Paesi e il legame dell’intera architettura con le riforme. «Equazioni e formule», spiega una fonte. Che poi aggiunge: «Ci saranno più margini. Però nessuno si illuda che si possa chiudere un occhio sui conti o sugli interventi strutturali: di questo, non se ne parla».

    Tags: investimentiPiano Juncker

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