Bruxelles – Un tour nel Sud Italia per spingere la partecipazione dei cittadini al voto in vista delle elezioni europee del giugno 2024, ma anche per ribadire la “scelta europeista” nel futuro Parlamento Ue. È l’attuale presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola – che da ieri (3 gennaio) è in viaggio tra Campania, Puglia, Calabria e Sicilia – a definire la linea di continuità tra l’ormai passata e l’imminente legislatura: “Quando andremo alle elezioni a giugno, ai cittadini dobbiamo proporre una scelta pro-europeista, che vada avanti per i cinque anni che vengono”. Popolari, socialdemocratici e liberali, in altre parole.
Le parole di Metsola al suo arrivo a Caserta mettono un punto netto alle rivendicazioni del segretario della Lega e ministro dei Trasporti nel governo Meloni, Matteo Salvini, che al raduno sovranista di Firenze ieri aveva invocato un “centrodestra unito e determinato l’anno prossimo, che può liberare Bruxelles da chi la occupa abusivamente“. Considerato il fatto che Metsola è una delle tre leader delle istituzioni comunitarie – “occupate abusivamente”, come afferma Salvini – non è di alcuna sorpresa la risposta secca arrivata da Caserta: “Il mio mandato è iniziato circa due anni fa e da allora non c’è stato un giorno in cui non mi sia impegnata ad avvicinare il Parlamento Europeo ai cittadini, uscendo dalla bolla di Bruxelles e Strasburgo”. Non arretra il ministro Salvini davanti alle parole dell’esponente del Partito Popolare Europeo (Ppe): “C’è chi ripropone l’inciucio con le sinistre, che ha portato l’Europa ai problemi di oggi, e chi pensa ad un futuro di benessere fondato su lavoro, sicurezza e libertà, guidato dal centrodestra unito anche a Bruxelles”.
Ma in occasione del suo viaggio nel Sud Italia Metsola ha fatto appello alle richieste dei cittadini italiani ed europei, sottolineando che “voi non volete un’Europa di retorica o di regole incomprensibili, ma un’Europa di soluzioni, di valori e di ferme convinzioni” e per questo motivo “le nostre politiche funzioneranno se le misure attuate saranno realistiche e pragmatiche mantenendo i nostri cittadini al centro di tutte le decisioni”. Un esempio è il risultato ottenuto nell’aumentare il finanziamento per il programma Horizon Europe: “Quando veniamo qui a parlare con i vostri giovani dobbiamo concretizzare l’Europa per loro“. E poi le questioni di “clima, digitale, occupazione, sanità”, su cui “è il momento di invertire la rotta, perché se il Sud Italia cresce, allora l’Italia prospererà e a sua volta anche tutta l’Europa”. Parole pronunciate a Lecce alla presenza del ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, ex-eurodeputato di Fratelli d’Italia, partito affiliato al gruppo di Ecr (Conservatori e Riformisti Europei) di cui la premier italiana, Giorgia Meloni, è presidente. E con cui i popolari sembrano più ben disposti a parlare, come dimostra il fatto che la presidente Metsola mercoledì (6 dicembre) si recherà a Palazzo Chigi per un bilaterale proprio con Meloni.
Metsola contro Salvini. Come sono divise le destre a Bruxelles
Da mesi il tanto ricercato accordo tra le destre in Europa sponsorizzato dal presidente del Ppe, Manfred Weber, è entrato in rotta di collisione con la realtà politica e con il complicato quadro delle affiliazioni dei partiti nazionali. Perché se è vero che le ultime tornate elettorali nazionali spingono sempre di più verso uno scenario di questo tipo – dall’Italia e la Svezia nell’ottobre del 2022 alla Finlandia e la Grecia della prima metà del 2023, fino alla Spagna a luglio – è altrettanto innegabile che le affiliazioni dei singoli partiti sono un elemento di instabilità nei tre partiti europei che spaziano dalla destra moderata a quella estrema. A sbrogliare la matassa è un Partito Popolare Europeo (di cui fanno parte 84 partiti tra cui Forza Italia, l’Unione Cristiano-Democratica di Germania, i Repubblicani francesi, il Partito Popolare spagnolo e Piattaforma Civica polacca) che sta cercando di stringere i rapporti soprattutto con la famiglia dei conservatori europei, anche se al suo interno ne fanno parte frange estremiste.
Non va dimenticato che le 13 formazioni politiche appartenenti al Partito dei Conservatori e Riformisti sono guidate dalla stessa leader di Fratelli d’Italia, partito che a livello nazionale si posiziona nell’estrema destra (di derivazione post-fascista). Al suo interno si trovano anche altri partiti di ultra-conservatori, come gli spagnoli di Vox, i Democratici Svedesi, gli slovacchi di Libertà e Solidarietà e soprattutto i polacchi di Diritto e Giustizia (PiS). Proprio sulla Polonia potrebbe saltare il banco per qualsiasi tentativo di Weber di stringere un accordo tra popolari e conservatori. Perché a capo di Piattaforma Civica c’è l’ex-presidente del Ppe ed ex-presidente del Consiglio Europeo tra il 2014 e il 2019, Donald Tusk, uno dei più forti antagonisti di un’alleanza a Bruxelles con la famiglia politica che rappresenta partiti come il PiS. Se Weber vuole davvero stringere un’intesa con Meloni e il suo partito europeo, al momento si ritrova con due opzioni: o convincerla a scaricare il PiS, o rischiare una defezione dei popolari polacchi e di tutti quelli che non accettano un’alleanza con una famiglia europea che racchiude anche l’ormai ex-partito al potere a Varsavia (soprattutto i tedeschi della Cdu, a cui appartiene lo stesso presidente del Ppe).
Considerato il fatto che non è possibile secondo i sondaggi elettorali attuali una maggioranza in Europa composta solo da popolari e conservatori, un’opzione potrebbe essere quella di andare a replicare la coalizione di governo italiana: a Roma c’è una maggioranza di destra Forza Italia-Fratelli d’Italia-Lega, a Bruxelles si dovrebbe puntare su un campo larghissimo Ppe-Ecr-Id. Le parole di quest’estate del ministro degli Esteri italiano e vicepresidente del Ppe, Antonio Tajani, e quelle più recenti di Metsola dimostrano che tra la maggioranza dei popolari è considerato quasi impossibile questo tipo di scenario, dal momento in cui il Partito di Identità e Democrazia è pieno di forze non solo estremiste ma anche anti-europeiste. Tra i 12 membri di Id figurano appunto Rassemblement National e Alternative für Deutschland, ma anche gli austriaci di Freiheitliche Partei Österreichs e i belgi di Interesse Fiammingo. In questo senso la Lega, che in Italia non è considerata la forza più a destra dello scacchiere politico parlamentare (titolo che appartiene al partito di Meloni), a Bruxelles siede con i partiti più ultra-nazionalisti di tutta la scena europea. Fonti di peso all’interno di Identità e Democrazia confermano però che c’è un “dialogo costante” tra Weber e Marco Zanni (presidente di Id) e che la possibile convergenza con Meloni potrebbe essere intesa come un tentativo di garantirsi “una figura forte in Consiglio” per le discussioni post-voto nella scelta della presidenza della Commissione.
Per quanto riguarda invece lo scenario preferito da Tajani – con popolari, conservatori e liberali a tagliare fuori i socialdemocratici – come confermano a Eunews fonti interne al gruppo di Renew Europe, in caso di tentativo di cercare un’alleanza di destra al Parlamento Ue, i liberali “non daranno mai l’appoggio” a questo tipo di coalizione. Indiscrezione che sembra trovare conferma nelle parole del vicepresidente del gruppo ed eurodeputato di Italia Viva, Nicola Danti: “Le alleanze che la destra ha in mente di fare in Europa sono assurde, non a caso basta che ne parlino ed è già il caos”, aveva commentato il primo contrasto estivo tra Forza Italia e la Lega a riguardo: “Salvini vuole stare a tutti i costi con Le Pen, Tajani predica il matrimonio tra Meloni e i popolari, anche con Salvini ma senza Le Pen, parlano di solidarietà europea e poi dicono che ognuno fa bene a pensare ai propri interessi“.