Bruxelles – Con l’invasione russa dell’Ucraina, nel progetto di pace dell’Unione europea ha iniziato a vacillare il tabù dell’integrazione militare, in nome di quella che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha chiamato “responsabilità strategica”. A più di un anno e mezzo dall’inizio del conflitto, il tabù sembra ormai caduto: nel 2022 i Paesi Ue hanno speso la cifra record di 240 miliardi di euro per la difesa, e nel 2023 sono già oltre i 270 miliardi.
Dai dati pubblicati nel rapporto annuale dell’Agenzia europea per la difesa (Eda), emerge chiaro l’aumento del 6 per cento della spesa militare rispetto al 2021, confermando un trend che prosegue in realtà da otto anni. Su 27 Paesi membri, 20 hanno aumentato la loro quota, alcuni in modo vertiginoso. È il caso della Svezia (+30,1 per cento), di Lussemburgo e Lituania (+27 per cento), ma anche di Spagna (+19 per cento), Belgio (+14,8 per cento) e Grecia (+13,3 per cento). Ma è significativo l’incremento dei progetti gestiti per conto degli Stati membri proprio dall’Eda, che segnano l’orizzonte della difesa comune: sono 46 ora, per un valore complessivo di 250 milioni di euro.
Oggi (20 novembre) alla conferenza dell’Eda c’erano i pesi massimi della politica estera dell’Ue, Ursula von der Leyen, Charles Michel e il capo della diplomazia europea, Josep Borrell. “Diciamo sempre che la nostra Unione è nata come progetto di pace, ma la pace richiede sicurezza. Ed è per questo che la nostra Unione è nata anche come progetto di sicurezza”, ha dichiarato la presidente della Commissione europea. Nei fatti, il cambio di prospettiva esplicitato da von der Leyen è già realtà: per la prima volta in assoluto Bruxelles ha fornito aiuti militari a un Paese in guerra, “5,6 miliardi di euro coordinati a livello Ue per carri armati, elicotteri, sistemi di difesa aerea, missili e munizioni all’Ucraina”. Ha varato una legge, l’Act in Support of Ammunition Production (Asap), che si pone come obiettivo la produzione di un milione di munizioni all’anno. Probabilmente dall’anno prossimo, mentre quest’anno sono “già stati consegnati o in cantiere 480 mila colpi d’artiglieria”.
Ed è allora una “buona notizia” il fatto che molti Paesi Ue abbiano di recente aumentato i propri bilanci nazionali per la difesa, perché “c’è molto più spazio per gli investimenti necessari“. Ma si può fare di meglio, perché la spesa collaborativa degli Stati membri è “migliorata solo leggermente” e perché “compriamo prevalentemente da soli e acquistiamo all’estero”. Secondo von der Leyen l’Ue ha bisogno di una programmazione congiunta, di identificare le capacità e i progetti su cui concentrare le risorse a livello europeo. E ha bisogno di “norme più semplici ed efficienti”, perché quello della difesa è un settore, a ben vedere, fortemente regolamentato. La Commissione – ha annunciato von der Leyen – proporrà “un programma europeo per l’industria della difesa all’inizio del prossimo anno“. Un programma che esplorerà tutti i modi possibili per “premiare, incentivare e compensare i costi della cooperazione e della competitività industriale”.
Prima di von der Leyen, già il presidente del Consiglio europeo Charles Michel non aveva lasciato spazio a dubbi: “Dobbiamo fortificare il nostro continente europeo“, ha dichiarato alla platea di Eda. Michel ha elencato con orgoglio i tabù infranti da quando la Russia ha invaso l’Ucraina: “procurarci congiuntamente attrezzature militari, utilizzare il bilancio dell’Ue per sostenere l’aumento della nostra produzione militare e finanziare la ricerca e lo sviluppo congiunti nel settore della difesa”. E “tutto questo senza modificare i trattati”. Prendendo in mano i dati del rapporto dell’Agenzia, Michel ha sottolineato che l’anno scorso un quarto della spesa totale per la difesa – quasi 60 miliardi di euro – è stato indirizzato in investimenti: “Ciò significa che possiamo investire almeno 600 miliardi di euro nei prossimi 10 anni, con 600 miliardi di euro possiamo fare grandi cose”, ha concluso.