Alcuni aeroporti sono troppo vicini tra di loro, altri sono troppo grandi rispetto al numero di voli e di passeggeri e rimangono sottoutilizzati: la mancanza di pianificazione e previsioni sbagliate rendono gli investimenti nel settore degli aeroporti un uso decisamente poco vantaggioso dei fondi europei. È il risultato a cui è giunta la Corte dei Conti europea dopo avere esaminato i progetti di investimento di 20 aeroporti in cinque Paesi europei: Italia, Grecia, Estonia, Polonia e Spagna.
Per gli scali presi in esame, l’Ue ha sborsato tra il 2000 e il 2013 ben 600 milioni di euro, ma secondo la Corte dei Conti soltanto per la metà di questi aeroporti si poteva dimostrare la necessità di investimenti finanziati dall’Ue. Le infrastrutture finanziate sono rimaste spesso inutilizzate, con opere per un valore di circa 38 milioni che non lo sono mai state. Secondo il report, soltanto la metà degli aeroporti esaminati hanno incrementato il numero di passeggeri mentre per oltre la metà degli scali le previsioni di traffico di passeggeri erano state significativamente sovrastimate. Ad esempio da Cordoba, in Spagna, nel 2013 sono passati meno di 7 mila passeggeri contro i 179 mila previsti. Per molti aeroporti, poi, non ci sono stati segnali evidenti nemmeno di altre ricadute positive come miglioramento del servizio clienti o benefici socio-economici per la regione, come la creazione di nuovi posti di lavoro.
Anche in Italia, terzo beneficiario dei fondi strutturali per la realizzazione di infrastrutture aeroportuali dopo Spagna e Polonia, non mancano le criticità. Per il nostro Paese sono stati presi in esame gli aeroporti di Alghero, Napoli, Catania, Comiso e Crotone. Quest’ultimo è quello che crea le maggiori perplessità. Secondo la Corte dei Conti è “non sostenibile”, reso superfluo soprattutto dalla vicinanza con quello ben più grande di Lamezia Terme. A dimostrarlo il fatto che il numero dei passeggeri continua a diminuire, anche dopo i finanziamenti europei: da oltre 106 mila passeggeri nel 2007, l’aeroporto di Crotone ne contava nel 2013 poco meno di 29 mila. Cifra ben inferiore alla stima di 306 mila passeggeri l’anno, fatta dalle autorità per giustificare l’investimento. La Corte dei Conti rileva che tutti e cinque gli aeroporti italiani esaminati hanno un altro scalo a meno di due ore di distanza: nel caso di Napoli ce ne sono ben 3, il più vicino dei quali, quello di Salerno, a soli 94 minuti di distanza.
Nel complesso, sette degli aeroporti presi in esame, soprattutto quelli con meno di 100 mila passeggeri all’anno, sono risultati non autosufficienti dal punto di vista economico e, secondo le previsioni della Corte dei Conti, difficilmente potranno rimanere in funzione senza ulteriori iniezioni di fondi pubblici. In Grecia, ad esempio, le entrate dell’aeroporto di Kastoria, sono state di 176 mila euro nel periodo 2005-2012, di gran lunga superate dal costo per mantenere aperto l’aeroporto nello stesso periodo, paria 7 milioni e 700 mila euro. Per l’ampliamento della pista dello stesso aeroporto sono stati investiti 16,5 milioni di euro: un altro uso dei fondi pubblici che, secondo la Corte dei Conti, è impossibile considerare come efficace visto che la posta non è mai stata utilizzata per il tipo di aerei per cui l’ampliamento è stato realizzato.
A rendere un investimento tutt’altro che conveniente la maggior parte dei finanziamenti ad aeroporti sono anche i ritardi nella costruzione e nella consegna dell’infrastruttura. Per la maggior parte degli scali presi in esame, la Corte dei Conti ha riscontrato ritardi di mediamente due anni con conseguente superamento dei costi, che ha costretto gli Stati membri a spendere quasi 100 milioni di euro in più rispetto ai fondi inizialmente previsti a carico dei rispettivi bilanci nazionali.
In molti casi, come quello dell’Italia oltre che di Estonia, Grecia e Spagna, i finanziamenti non erano ben coordinati perché mancava un piano strategico a lungo termine per lo sviluppo degli aeroporti. Una parte di colpa ce l’avrebbe, secondo gli auditor europei, anche la Commissione europea che generalmente non è a conoscenza di quali aeroporti ricevono i fondi e a quanto questi ammontino. Condizione che impedisce di costruire un quadro completo degli investimenti e di averne il pieno controllo.