Alla vigilia del consiglio europeo, la situazione sul fronte delle relazioni Ue-Russia (e non solo) si fa sempre più delicata. A Mosca procede vertiginosa la svalutazione del rublo, la moneta nazionale, come conseguenza, tra le altre cose, del calo del prezzo del petrolio deciso dai paesi produttori (Opec). Mentre da Bruxelles, i capi di governo sono pronti a discutere nuove sanzioni alla Russia “se necessarie” al prossimo Consiglio europeo, visto il perdurare degli scontri nell’est ucraino.
Quanto sta succedendo a Mosca riflette un trend negativo cominciato ad inizio anno. Le ultime cifre dicono che la svalutazione della moneta ha toccato quota 42% nei confronti della valuta comunitaria e il 48% rispetto al dollaro Usa. Tradotto , significa che l’euro è scambiato a 83 rubli, mentre un dollaro ne vale 66,7. Nel tentativo di fermare la svalutazione monetaria in corso, la Banca centrale russa ha a sua volta deciso di aumentare i tassi di interesse di quasi sei punti percentuali, balzando dal 10,5 al 17%.
A causare un tale crollo del valore della moneta sono state, da una parte, le sanzioni imposte da Bruxelles e Washington e, dall’altra, la recente drastica diminuzione del prezzo del petrolio, visto che una quota ingente delle esportazioni russe è occupata dalla vendita dell’ ‘oro nero’ e quanto sta accadendo comporta inevitabilmente una diminuzione dell’entrate per Mosca.
D’altro canto è vero che una svalutazione della moneta nazionale porta a maggiori costi delle importazioni ma incentiva gli acquirenti stranieri a comprare merce prodotta in Russia, poiché scendono i prezzi dei beni esportati. Si tratta di una dinamica che darebbe impulso alle esportazioni e consentirebbe a Putin di compensare le difficoltà dovute al ribasso del prezzo del petrolio. Ma su questo giocheranno un ruolo chiave le decisioni del Consiglio europeo di confermare o meno le sanzioni e i blocchi commerciali verso Mosca.