Qual è lo stato delle “quote rosa” in Europa e in Italia? Si è fatto il punto nella conferenza “Women on Board”, organizzata al Parlamento europeo dalla deputata S&D Alessia Mosca. Nel nostro Paese dall’entrata in vigore della legge sulla “parità di genere” si è registrato un incremento del 22% delle donne nel Cda delle aziende quotate e del 24% nelle imprese a partecipazione pubblica. Bisogna però stare in guardia rispetto all’ “effetto Norvegia”, dove, pur essendo in vigore da un decennio, le quote rosa non hanno prodotto un aumento sostanziale della partecipazione femminile tra gli Amministratori Delegati delle imprese.
“Era importante per me fare un primo momento di riflessione su questo tema”, ha dichiarato Mosca che insieme alla collega Lella Golfo ha promosso nel 2011 la legge 120, quella sulle quote rosa, ricevendo un sostegno bipartisan nel Parlamento italiano. “Credo che anche a livello europeo si possa alzare l’asticella e raggiungere risultati importanti soprattutto sul piano del cambiamento culturale, che è la conquista più difficile”, ha aggiunto Mosca. La normativa che porta il suo nome fu definita dall’allora commissario europeo per la giustizia e la cittadinanza, Viviane Reding, un modello da seguire ed essa ispirò la sua direttiva comunitaria, tuttora in fase di approvazione nelle istituzioni comunitarie. “Fu la lotta più dura che feci nel collegio della commissione”, ha raccontato la Reding che vorrebbe imporre la presenza di almeno il 40% di donne nei Cda delle società quotate. L’incremento della rappresentanza femminile serve a creare, ha detto l’ex commissaria, consigli decisionali misti “che garantiscono maggiori vantaggi economici e quindi crescita e competitività”.
A fare il punto della situazione sulla legislazione italiana in tema di partecipazione femminile nei veritici aziendali è stata Monica Parrella, membro del Dipartimento pari opportunità della presidenza del consiglio dei ministri. La classifica mondiale sulla rappresentanza rosa nei Cda non sorride al nostro Paese, ha spiegato Parrella, che è “solo al 114esimo posto su 135 paesi, ma con la legge 120 sono stati fatti passi avanti”. Si è registrato un “empowerment significativo” nel biennio 2013-14, cosi come positivo è il rispetto delle nuove norme da parte delle circa 4000 aziende coinvolte: “Le società che in prima battuta non rispettano le quote, dopo la prima diffida finiscono per adeguarsi e non abbiamo mai dovuto decretare la decadenza di un Consiglio per la mancata applicazione delle regole”, ha spiegato Parrella.
Le quote rosa, tuttavia, non sono necessariamente sinonimo di maggiore partecipazione femminile nei processi decisionali aziendali. “Il caso della Norvegia in cui tali quote sono in vigore da un decennio – ha aggiunto Parrella – non hanno prodotto più donne Amministratore Delegato, non c’è stato un aumento nel senior management e quindi neanche modifiche strutturali”. Questo perché – in conclusione – “è necessario che le donne che siedono ora nei consigli e hanno potere decisionali promuovano questa cultura e una nuova organizzazione del lavoro, altrimenti il rischio è che dopo nove anni non ci sarà ricambio e sarà solo un’occasione sprecata”.