La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell’Unione. È quanto ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con una sentenza che si è espressa su alcuni ricorsi presentati dai sindacati in cui si sancisce che “il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato”. Il ricorso riguardava i casi di versi professori che hanno lavorato 45 mesi su un periodo di 5 anni sempre con contratti precari senza mai ottenere la immissione in ruolo.
La sentenza richiama l’accordo quadro che, dice, “si applica a tutti i lavoratori, senza che si debba distinguere in base alla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro nonché al settore di attività interessato”. Per “prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, l’accordo quadro impone agli Stati”, ricorda la Corte o “l’indicazione delle ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti”, oppure “la determinazione della durata massima totale dei contratti o del numero dei loro rinnovi”. Ma la normativa italiana “non prevede alcuna misura che limiti la durata massima totale dei contratti o il numero dei loro rinnovi”, né “misure equivalenti”.
La Corte rileva “che l’insegnamento è correlato a un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione italiana che impone allo Stato italiano di organizzare il servizio scolastico garantendo un adeguamento costante tra il numero di docenti e il numero di scolari”, che dipende da “un insieme di fattori”, che richiedono “una particolare esigenza di flessibilità, che può oggettivamente giustificare il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato”. Tuttavia, rileva il tribunale di Lussemburgo, “contrariamente a quanto sostiene il governo italiano”, il solo fatto che la normativa nazionale, che consente proprio il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura, tramite supplenze annuali, di posti vacanti e disponibili “in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali, possa essere giustificato da una «ragione obiettiva» non è sufficiente a renderla conforme all’accordo quadro, se risulta che l’applicazione concreta di detta normativa conduce, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato”. Ciò si verifica “quando tali contratti sono utilizzati per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali in materia di personale”.
Il bacino degli insegnanti precari che sono stati in cattedra più di tre anni è tra le 250 e le 300 mila persone. Se si rivolgeranno a un tribunale del lavoro italiano, con questa sentenza europea che fa giurisprudenza, dovrebbero poter ottenere l’assunzione.