All’interno dell’Unione europea gli obblighi di rilascio di visti umanitari – i visti con validità territoriale limitata (Vtl) – “non sono sufficientemente garantiti”. Lo rileva il Parlamento europeo in uno studio redatto dal Servizio ricerche su richiesta della commissione Libertà civili. Il titolo della relazione – “Visti umanitari: un’opzione o un obbligo?” – già lascia intendere quale sia la situazione all’interno dell’Ue: manca, a oggi, certezza del diritto. Il regolamento 810 del 2009 sulla concessione di visti (noto come “Codice visti”), stabilisce all’articolo 25 comma 1 che il rilascio di visti Vtl può essere riconosciuto “eccezionalmente per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali”, e lo stesso regolamento prevede all’articolo 19 comma 4 che la richiesta di visto “può essere considerata ricevibile per motivi umanitari o di interesse nazionale”.
Lo studio rileva innanzitutto che “il concetto di ‘motivi umanitari’ “rimane indefinito”. In secondo luogo per il Parlamento si lascia troppa discrezionalità agli Stati, e questo genera problemi di applicazione sostanziale delle disposizioni. Lo studio del Servizio ricerche rileva poi “la mancanza di una procedura chiaramente articolata per i visti Vtl”. All’atto pratico significa che “non è chiaro se gli Stati membri sono obbligati ad avviare le procedure di tutela dei diritti umani o umanitari previsti”. Sebbene ci siano stati paesi che hanno messo a punto degli schemi nazionali per la concessioni di visti Vtl, il fatto che gli stessi siano stati introdotti “su basi di eccezionalità”, unito a “mancanza di sostegno politico per le iniziative comunitarie” in materia, ha fatto sì che ci sia “l’esistenza di limiti pratici nella concessione di visti umanitari”. Si procede in sostanza per ordine sparso e in modo peraltro confuso.
La conclusione della speciale relazione del Parlamento europeo è facilmente intuibile: “Gli stati membri dovrebbero fare il maggior uso possibile delle disposizioni esistenti sui visti umanitari”. Non solo: il processo di revisione del Codice Visti diventa un’opportunità da non perdere. “Questo studio – si legge nelle conclusioni – ha identificato incoerenze e limiti che indeboliscono l’obiettivo” del codice stesso, e quindi la riforma offre all’Unione europea “un’opportunità per correggere questi difetti”. Il Parlamento Ue dà il proprio contrubito suggerendo di prevedere per i visti umanitari “uno schema indipendente e separato” dagli altri, e magari anche “in formato uniforme piuttosto che a validità territoriale limitata”. L’idea è quella di una validità territoriale Schengen, anche per rispondere in modo concreto alle dinamiche dei flussi dei richiedenti asilo. Perchè, a titolo esemplificativo, “in realtà molte delle persone provenienti dal mare e dirette in Sicilia non hanno intenzione di cercare asilo in Italia, ma piuttosto nel nord Europa”. Lo studio del Parlamento non lo dice, ma uno dei nodi delle politiche comunitarie di asilo si trova proprio qui, nel delicato tema della solidarietà tra Paesi.