Avere svolto un’esperienza di studio all’estero accresce, e di molto, la propensione alla partecipazione alle elezioni politiche europee. A dimostrarlo è Erasmus Voting Assessment, sondaggio condotto su circa 8000 ex studenti Erasmus per verificare il loro grado di coinvolgimento alla vita europea. Alle elezioni di maggio, è risultato, la partecipazione di chi ha preso parte al programma di studi all’estero è stata dell’81%, un’affluenza elevatissima, quasi doppia rispetto a quella media europea che è ferma al 42,5%.
Più difficile rimane invece votare per chi l’esperienza Erasmus la sta ancora svolgendo. Alle ultime elezioni europee è riuscito a recarsi alle urne il 41% degli studenti. Tra quelli che non hanno votato, a prevalere non è tanto lo scarso interesse quanto piuttosto gli ostacoli pratici. Il 43% di quelli che non si è recato alle urne l’ha fatto perché “era troppo complicato registrarsi per votare”e il 30% perché “mancavano i soldi per tornare”. L’11% riteneva di “non avere abbastanza informazioni per decidere di votare” mentre solo in pochi “avevano altri impegni” (9%), non avevano tempo (3%) o “non credono dei gruppi politici o nei politici” (3%).
Il sondaggio, finanziato dalla Commissione europea e promosso da associazioni come European Students’ Forum (AEGEE), Generation Europe, Foundation (GEF) ed Erasmus Student Network (ESN), ha anche analizzato, più in generale, il legame fra programma di scambio e sentimento dell’identità europea. Molti Erasmus identificano l’esperienza di studio all’estero quale “maggior fattore” che ha influenzato la propensione al voto, come ha dichiarato il 35% degli attuali o degli ex partecipanti al programma.
Secondo l’indagine, poi, gli studenti Erasmus hanno un’opinione più bilanciata relativamente ai temi politici europei e “un maggiore senso dell’identità europea”. Sono dunque, rispetto ai colleghi rimasti nel proprio Paese, più propensi a valutare i benefici derivanti dalla partecipazione all’Unione, pur riconoscendo “potenziali lati negativi”. E ben più del doppio rispetto agli altri, i partecipanti al programma di scambio considerano l’Unione “un modo di creare un miglior futuro per i giovani”. Mentre il 91% pensa di non avere solo una nazionalità ma di essere anche cittadino europeo, in confronto al 54% dei cittadini totali dell’Ue, secondo un recente Eurobarometro.
Risultati, questi, che assumono ancora più rilevanza in tempi di diffusa sfiducia verso l’Ue e dopo decenni di generale declino dell’affluenza alle urne: la “generazione Erasmus può portare il necessario entusiasmo con la crescente sfiducia e criticismo verso l’Unione europea”, evidenziano i promotori della ricerca, chiedendo alle autorità di spingere a favore di maggiori fondi per i programmi comunitari di mobilità per estenderli, nel lungo periodo, ad una sempre maggiore fetta di giovani.