È una fortuna per l’Europa, oltre che per il Regno Unito, che il leader nazionalista scozzese Alex Salmond (ora dimissionario dal posto di primo ministro della Scozia) non sia riuscito a persuadere i suoi connazionali a sciogliere l’unione che lega la sua nazione all’Inghilterra e al Galles da 307 anni. Ma non è stato un bello spettacolo vedere il primo ministro britannico David Cameron preso dal panico nelle ultime settimane prima del referendum dopo che una opinion poll aveva, per fortuna avventatamente, previsto un sorpasso a favore di coloro che avrebbero votato yes all’indipendenza. Un risultato positivo, tra l’altro, avrebbe dato la stura a un referendum dopo l’altro in Europa. Incoraggiati dal risultato, i separatisti della Catalogna, del Veneto, dei Paesi Baschi, della Corsica, della Sardegna e chi sa quanti altri avrebbero probabilmente puntato tutte le loro scarse fiches politiche su una exit strategy dai loro rispettivi stati nazionali.
Nonostante la vittoria, più larga del previsto, Cameron esce comunque indebolito dal referendum. E, dopo le promesse fatte all’ultimo minuto di una più larga devolution, si apre un periodo di incertezza costituzionale nel Regno Unito. Proprio per questo sarebbe ora molto rischioso per lui andare avanti con la proposta di un altro referendum, questa volta sull’adesione del Regno Unito all’Unione europea, dopo le prossime elezioni politiche.
Bisogna ammettere che su un punto Salmond aveva ragione. Per quale motivo gli scozzesi, meglio predisposti in generale verso l’Europa, dovrebbero essere costretti a lasciare l’Unione europea contro la loro volontà se gli inglesi dovessero votare yes quando ci sarà il referendum?
Secondo noi Cameron dovrebbe essere ora più intraprendente nella sua politica europea e non mostrarsi timoroso nei confronti degli euroscettici che popolano il suo partito. Finora il Regno Unito è stato assente nel dibattito sul futuro dell’Europa. Cameron era già stato umiliato nella sua battaglia contro la presidenza alla Commissione del lussemburghese Jean-Claude Juncker, sottovalutando il fatto che Angela Merkel non avrebbe mai fatto un passo indietro dopo aver a malincuore aderito alla proposta lanciata dal presidente del Parlamento europeo Martin Schulz e dal leader dei socialisti europei Gianni Pittella che la poltrona più ambita in Europa avrebbe dovuto essere assegnata, con un’interpretazione leggermente elastica del Trattato di Lisbona, al partito che avrebbe raccolto il maggior numero di seggi al Parlamento europeo.
Tra l’altro, l’assegnazione del top job in Europa all’ex banchiere Jonathan Hill potrebbe incontrare resistenze all’interno del Parlamento Europeo, dove esiste una folta truppa di deputati che non ha gradito questa nomina. Cameron dovrebbe cambiare registro e muoversi a fianco di coloro, all’interno del suo partito, che vogliono partecipare in maniera propositiva al dibattito che si aprirà presto sul futuro dell’Europa.