Bruxelles – Un nuovo Patto sull’intelligenza artificiale, che è diverso dall’Atto Ue sull’intelligenza artificiale. Ad annunciare il lancio della nuova iniziativa per anticipare volontariamente i requisiti della prima legislazione al mondo in materia – prima che entri in vigore – è stato oggi (16 novembre) il commissario per il Mercato interno, Thierry Breton, nel suo intervento all’assemblea dell’Alleanza europea per l’intelligenza artificiale a Madrid. “Dobbiamo prepararci alla nuova legislazione sull’intelligenza artificiale“, è stato il commento che ha aperto la corsa delle aziende europee e di tutto il mondo che vorranno partecipare all’implementazione del Regolamento Ue in fase di ultimazione a Bruxelles.
“Abbiamo già ricevuto la manifestazione di interesse da molte aziende”, che secondo le parole del commissario Breton “saranno pioniere nel posizionare sul mercato tecnologie di intelligenza artificiale affidabili in linea con i valori e le regole dell’Unione Europea”. L’esecutivo comunitario ha creato una sezione specifica nella piattaforma dell’alleanza per l’intelligenza artificiale (qui il link per aderire), in cui “le aziende possono condividere le migliori pratiche e discutere dell’implementazione dell’Atto sull’Ia“. E proprio sul futuro Regolamento Ue alle battute finali del trilogo (negoziati inter-istituzionali) tra i co-legislatori, il commissario Breton ha sottolineato che “favorisce l’innovazione e permetterà a imprese e consumatori di usare queste tecnologie in modo sicuro e affidabile”, e ora “conto su Parlamento e Consiglio per adottarlo il prima possibile“. Con un accordo politico prima di Natale si potrebbero programmare per inizio del 2024 gli appuntamenti nelle singole istituzioni comunitarie per il via libera definitivo, in tempo per pubblicare in Gazzetta Ufficiale dell’Ue il nuovo Regolamento prima che scada la legislatura in primavera, a tre anni dalla presentazione della proposta da parte della Commissione.
In attesa dell’ultimazione dei triloghi, le istituzioni comunitarie stanno ragionando sul fatto che, mentre alcune disposizioni si applicheranno poco dopo l’adozione del Regolamento, altre saranno applicabili solo al termine di un periodo transitorio, come i requisiti sui sistemi di intelligenza artificiale ad alto rischio. È così che il Patto sull’Ia cerca di spingere l’impegno volontario dell’industria per iniziare ad attuarne i requisiti prima della scadenza legale, soprattutto per quanto riguarda i sistemi di Ia generativa in vista delle elezioni europee del giugno del prossimo anno. In questo contesto le aziende che aderiranno sigleranno delle dichiarazioni di impegno, accompagnate da azioni concrete in corso o pianificate che la Commissione Ue pubblicherà per dare visibilità e creare ulteriore fiducia. Al momento è stato lanciato l’invito a manifestare interesse, prima delle discussioni (previste nella prima metà del 2024) tra le parti interessate sulle idee preliminari e le buone pratiche. Dopo l’adozione formale dell’Atto sull’intelligenza artificiale, le organizzazioni leader del Patto saranno invitate a rendere pubblici i loro primi impegni.
Il Regolamento Ue sull’intelligenza artificiale
È del 21 aprile del 2021 la proposta di un quadro normativo sull’intelligenza artificiale presentata dalla Commissione Europea per lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia sul suolo dell’Ue. Si tratta della prima iniziativa legislativa al mondo per definire un approccio normativo sui sistemi di Ia. Sia il Consiglio sia il Parlamento Europeo hanno deciso di dare seguito all’impostazione presentata dall’esecutivo e ciò che emergerà – al netto di aggiustamenti per far convergere le posizioni delle due istituzioni – sarà una scala di rischio per regolamentare le applicazioni di intelligenza artificiale su quattro livelli: minimo (videogiochi abilitati per l’Ia e filtri anti-spam), limitato (chatbot), alto (assegnazione di punteggi a esami scolastici e professionali, smistamento dei curriculum, valutazione dell’affidabilità delle prove in tribunale, chirurgia assistita da robot) e inaccettabile (tutto ciò che rappresenta una “chiara minaccia” per la sicurezza, i mezzi di sussistenza e i diritti delle persone, come l’assegnazione di un ‘punteggio sociale’ da parte dei governi). Per il primo livello non è previsto alcun intervento, mentre l’ultimo livello sarà vietato integralmente.
I sistemi di intelligenza artificiale che presentano un livello di rischio inaccettabile per la sicurezza delle persone saranno severamente vietati, compresi i sistemi che utilizzano tecniche subliminali o manipolative intenzionali, sfruttano le vulnerabilità delle persone o sono utilizzati per il social scoring. La partita degli emendamenti si sta giocando sull’inclusione in questo elenco anche di sistemi di identificazione biometrica remota in spazi accessibili al pubblico sia in tempo reale sia a posteriori- sulla spinta degli eurodeputati – sistemi di categorizzazione biometrica che utilizzano caratteristiche sensibili (sesso, etnia, cittadinanza, religione, orientamento politico) e dai social media o dalle telecamere a circuito chiuso per creare database di riconoscimento facciale. Ma anche sistemi di polizia predittivi (basati su profili, localizzazione o comportamenti criminali passati) e software di riconoscimento delle emozioni anche nella gestione delle frontiere, nei luoghi di lavoro e nelle istituzioni educative.
Infine, come ricordato al summit internazionale nel Regno Unito dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, all’interno della proposta di Regolamento Ue sull’Ia c’è anche la possibilità di creare un Ufficio europeo per l’intelligenza artificiale. “Questo Ufficio potrebbe occuparsi dei modelli di Ia più avanzati, con la responsabilità della supervisione”, ha spiegato la numero uno dell’esecutivo comunitario, precisando che dovrebbe seguire i quattro principi delineati nel suo discorso sul quadro di governance globale e far rispettare le regole comuni in tutti i 27 Stati membri per i modelli più avanzati. Dalle parole di von der Leyen è emerso che l’Ufficio Ue per l’intelligenza artificiale “dovrebbe avere anche una vocazione globale“, collaborando con enti simili in tutto il mondo.