“Rafforzare la ripresa economica”, “costruire un’Europa unita” ma soprattutto “garantire ai cittadini lavoro e crescita”: quello che attende la nuova Commissione europea, Juncker già lo ha messo in conto, “sarà un duro compito”, ma assicura: “Ho la squadra giusta per farlo”. Presentando la distribuzione degli incarichi nell’esecutivo comunitario che ha messo a punto, il Presidente eletto si mostra sicuro: “Metto in campo la mia squadra e sarà una squadra vincente”. Costruirla, ammette, non è stato facile: “Nella mia vita ho formato molti governi – racconta – ma qui è stato molto diverso un primo ministro può scegliere da solo mentre io ho dovuto tenere conto dei desiderata, dei sogni, delle realtà geografiche e degli equilibri politici di molti Paesi”. Tutti i futuri collaboratori, assicura, sono stati scelti con cura: “Ho incontrato tutti in una maratona da 27 colloqui che in alcuni casi hanno portato via molto tempo”. Un lavoraccio, ma dopo cui Juncker si sente “garantire competenza ed esperienza di ognuno”.
A partire dall’Alto rappresentante per la politica estera Ue, l’italiana Federica Mogherini, che sarà anche vicepresidente dell’esecutivo comunitario (anche se non primo vicepresidente, come invece è attualmente, Catherine Ashton). È “ultracompetente ed è una donna che conosce il mondo”, commenta Juncker spiegando: “L’ho incontrata varie volte e non mi sono stupito della qualità delle sue dichiarazioni, mentre sono stato molto stupito dei vari commenti che sono stati fatti durante la sua procedura di nomina”. Mogherini, ha spiegato il nuovo capo dell’esecutivo Ue “ha deciso di non insediarsi lontano dalla Commissione” e cioè in una sede a parte come Ashton: invece “aprirà il suo ufficio qui, al Berlaymont per dimostrare che è uno dei vicepresidente della Commissione della quale fa parte e che vuole svolgere appieno il suo ruolo da vicepresidente”.
Nella squadra di Juncker compaiono in tutto: 9 ex primi ministri, 19 ministri, 7 ex commissari uscenti e 8 ex eurodeputati. “Undici possiedono una solidissima esperienza in materia economica e 8 negli affari esteri”, fa i conti il lussemburghese. Risolta anche la questione donne che ha tenuto con il fiato sospeso fino all’ultimo: “Averne nove è stata un’impresa ardua – ammette – all’inizio ne avevo solo tre e ho passato agosto al telefono per cercare di alzare il numero. Fino a giovedì mi sono battuto per le ultime due”. Certo quello ottenuto “non è un risultato brillante in termini di parità tra i generi, ma almeno – si accontenta Juncker – non c’è retrocessione rispetto all’attuale Commissione e il rischio era enorme”. Il numero sarà compensato anche da “portafogli chiave come Concorrenza, Mercato interno, Industria, Lavoro e Commercio”.
Rispetto a tutti i commissari e ai sette vicepresidenti, Juncker si è ritagliato un ruolo di coordinamento: “Non voglio guidare la Commissione in modo presidenziale ma collegiale”, spiega. “Non è il caso alla mia età avanzata di iniziare una carriera da dittatore”, scherza pur ricordando che è stato lui stesso a definire e a presentare a Parlamento Ue e Consiglio, priorità e linee guida che il nuovo esecutivo dovrà seguire nel lavoro comune.
A questo punto a Juncker non resta che aspettare il via libera del Parlamento europeo che ascolterà in audizione i commissari e darà (o meno) il via libera alla squadra. “Ci sono riserve su alcuni commissari”, ha già messo in conto Juncker che assicura: “Rispetterò quanto deciderà il Parlamento europeo e sono anche abituato all’idea che le nomine non trovino consenso immediato ed entusiasta”.
Una volta insediati al Berlaymont, nei piani di Juncker, i nuovi commissari dovranno essere tutt’altro che statici: “Vorrei che non si facessero sentire solo a Bruxelles ma che andassero a presentare in tutti gli Stati membri tutta la politica della Commissioone, non solo quella del loro portafoglio: vorrei si presentassero alla stampa nazionale, ai parlamenti nazionali, alle Ong”. Insomma “se la Commissione vuole cogliere questo momento per fare sì che la questione europea venga presa in considerazione deve avere una vera politica di comunicazione”. L’obiettivo dichiarato è quello di fare sì che i cittadini “siano fieri dell’Europa”.