Bruxelles – “Non c’è stata alcuna esportazione illegale di carburante verso i mercati dell’Ue”. Così si è difeso il vicepresidente del consiglio di vigilanza di Lukoil Bulgaria, Alexander Velichkov, contro le accuse di aver trovato una scappatoia riguardo le sanzioni imposte alla Russia dall’Unione europea.
La Bulgaria fa molto affidamento sulla vasta raffineria di Lukoil (la più grande compagnia petrolifera privata russa) a Burgas, sulla costa del Mar Nero, che fornisce l’80 per cento del fabbisogno di diesel e benzina del Paese e rappresenta un decimo della produzione economica del paese. Nel quadro delle misure restrittive indirizzate alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Unione europea aveva concesso alla Bulgaria un’esenzione unica, valida fino alla fine del 2024, al divieto sull’acquisto di petrolio russo a causa della sua “esposizione geografica”. Esenzione concessa, secondo Lukoil Bulgaria, per ragione oggettive, perché nella regione non esiste nessun altro produttore di carburante per aerei.
Grazie a questa deroga il Paese ha potuto consentire a milioni di barili di raggiungere la raffineria locale di proprietà russa, che ha poi esportato vari combustibili raffinati all’estero, Ue compresa. Oltre a permettere al presidente russo Vladimir Putin di finanziare il suo sforzo bellico per almeno un anno, questa scappatoia ha anche generato quasi 500 milioni di euro di profitti per il proprietario della raffineria Lukoil da quando, il 5 febbraio, l’esenzione è entrata in vigore. Tutto ciò sembrerebbe rispettare pienamente le sanzioni comunitarie, approfittando delle lacune che il Parlamento europeo ha chiesto di colmare durante la seduta plenaria del 9 novembre a Bruxelles.
È proprio questo il punto di vista di Velichkov, che ieri (9 novembre) ha liquidato come “un’altra confusione su Lukoil” l’ipotesi secondo cui la compagnia petrolifera russa con sede in Bulgaria avrebbe eluso l’embargo. I carburanti, secondo il vicepresidente del consiglio di vigilanza di Lukoil Bulgaria, sarebbero stati esportati legalmente verso i mercati interni dell’Unione. “Una cisterna trasportava benzina a basso numero di ottano ed è stata trasbordata al largo delle coste di Malta. È una procedura che lì viene consentita dall’Ue per l’area offshore e utilizzata da molte aziende. Non vi è alcuna violazione e la seconda cisterna è la consegna al porto di Rotterdam di un prodotto petrolifero che non è coperto dalle sanzioni”, ha spiegato Velichkov in una conferenza dell’Istituto per la gestione dell’energia a Sofia.
La benzina a basso numero di ottano, uno dei prodotti ottenuti durante la lavorazione del petrolio, può essere esportata in linea con le norme Ue. Il prodotto è contrassegnato dal codice doganale 27079999, mentre le leggi comunitarie vietano l’esportazione di prodotti con i numeri 2709 e 2010. Tuttavia, secondo un’indagine di Euractiv, anche ad altri prodotti petroliferi era stato attribuito il codice doganale che permette l’esportazione. Sul tema è intervenuto anche il primo ministro bulgaro Nikolay Denkov, dopo un incontro con il procuratore capo dell’Ue Laura Codruța Kövesi. A seguito della visitia di ieri di Kövesi in Bulgaria, da Sofia è arrivata una dichiarazione di sostegno all’iniziativa franco-tedesca di estendere i poteri della Procura europea per indagare sull’evasione delle sanzioni contro la Russia.
“La registrazione di violazioni (delle sanzioni, ndr.) porterà a sanzioni corrispondenti”, ha commentato Denkov, dopo aver osservato che nel codice penale non esistono testi relativi a queste infrazioni. Nel frattempo, il Paese sta preparando un meccanismo di coordinamento per monitorare il rispetto delle sanzioni, come richiesto da una direttiva comunitaria. “Bisognerebbe inasprire le sanzioni e inasprire il regime di deroga”, ha affermato Delyan Dobrev, che presiede la commissione energia nel parlamento bulgaro. “Ma la cosa migliore da fare è semplicemente eliminare questa deroga”. Finora, secondo Denkov, il governo bulgaro ha fatto quanto in suo potere: aumentare significativamente le tasse che Lukoil deve pagare per ridurre i profitti in eccesso e i fondi che vanno alla Russia per finanziare la guerra in Ucraina.