Gli Stati membri hanno dato il loro via libera formale al prossimo esecutivo Juncker. “La lista dei commissari designati è stata approvata all’unanimità dal Consiglio”, ha annunciato la portavoce del Presidente eletto, Natasha Bertaud. Questo significa che non si dovrebbero attendere sorprese da parte di quei Paesi che, come ad esempio la Slovenia, hanno nominato un commissario con il vecchio governo in carica mentre in questi giorni stanno per dare vita a un nuovo esecutivo (quello di Lubiana è atteso per il 15). Tecnicamente ora solo Juncker ha il potere di ritirare un candidato, mentre l’approvazione definitiva è riservata al Parlamento di Strasburgo che dovrà ascoltare in audizione i 27 candidati e poi votare la fiducia a ottobre.
Per quanto riguarda l’annuncio dei portafogli, ha spiegato Bertaud, “non ci sarà prima di mercoledì”. I nodi chiave restano i portafogli ‘pesanti’ legati all’Economia e soprattutto il posto chiave di commissario agli Affari Economici. In pole per quel ruolo resta sempre il francese Pierre Moscovici, anche se sul suo nome non c’è il consenso dei Paesi rigoristi. Ma i socialisti sembrano piuttosto compatti sul suo nome e si fanno forti della promessa che lo stesso Juncker fece loro durante le audizioni al Parlamento europeo. “Il prossimo commissario agli Affari economici sarà socialista”, disse nella riunione col Gruppo S&D. Ma ultimamente il Presidente eletto della Commissione sta provando a fare dietro front e pochi giorni fa la sua portavoce ha ricordato ai giornalisti che “non esiste un accordo scritto” sul punto. Ma scritto o no se il lussemburghese vuole l’appoggio dei deputati del Pse dovrà cedergli quel posto, e probabilmente dovrà darlo proprio al francese. I socialisti devono anche essere compensati del fatto di essere sotto rappresentati nel team del futuro esecutivo, sono in tutto 8, mentre i popolari sono 13 (con Juncker 14), i liberali 5 a cui si aggiunge poi il conservatore britannico.
Il toto nomine impazza ma ci sono poche certezze: l’Irlanda sembra sicura di ottenere l’Agricoltura, anche se il suo commissario designato, Phil Hogan, al momento è al centro delle polemiche nel Paese per un mezzo scandalo legato a un finanziamento milionario per un progetto sull’acqua appoggiato in segreto e poi rinnegato pubblicamente. La Polonia potrebbe avere (di nuovo, e sarebbe una novità) il Bilancio, la Grecia sembra indirizzata verso gli Affari Interni, ruolo chiave per gestire le politiche di immigrazione, al Portogallo potrebbero andare gli Affari Sociali, per la Germania si parla del Commercio, il che vorrebbe dire gestire le trattative per il trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. Al di là dei ruoli quello che è certo è che la prossima sarà una Commissione molto politica con 11 esponenti di governi in carica, ovvero i commissari di Italia, Danimarca, Olanda, Grecia, Portogallo, l’Irlanda, Ungheria, Malta, Repubblica Ceca, Lituania e Polonia, che lasceranno il proprio Paese per tarsferirsi a Bruxelles. A questi si aggiungono poi ben 5 ex premier: il finlandese Jyrki Katainen, l’estone Andrus Ansip, la slovena Alenka Bratusek, il lettone Valdis Dombrovskis e lo stesso Juncker.