Dieci giorni dopo gli attacchi di Hamas in Israele l’Ue ha trovato (forse) una posizione comune. Ma è già minata dall’esplosione all’ospedale di Gaza
Al vertice straordinario sulla situazione in Medio Oriente i 27 appoggiano la linea di Michel: condanna al terrorismo di Hamas ma nessuna concessione su violazioni del diritto internazionale umanitario. Si allinea anche von der Leyen. All'ospedale Al-Ahli centinaia di morti, Israele nega il raid e accusa la Jihad Islamica Palestinese
Bruxelles – Unità e coerenza. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, riprende in mano le redini dei 27 Paesi Ue e ribadisce la linea sul conflitto tra Israele e Hamas. Al vertice dei capi di stato e di governo convocato d’urgenza in videoconferenza, quella linea viene svelata già dall’inizio, con un minuto di silenzio per “tutte le vittime civili che hanno perso la loro vita in Israele e in Palestina, e per le vittime dei recenti attacchi in Europa”.
Richiamata Ursula von der Leyen: sono i Paesi membri che fanno la politica estera dell’Ue, non la Commissione europea. E i 27 hanno un accordo “fermo, solido e unito” su qual è il ruolo dell’Ue. “Si tratta sempre, ovunque e in ogni tempo, di difendere la pace e il diritto internazionale e il diritto umanitario internazionale ovunque e in ogni tempo”, ha dichiarato Michel. Difendere la pace, non il diritto incondizionato a difendersi, senza se e senza ma. Si è allineata von der Leyen, dopo dieci giorni: “Non c’è contraddizione tra essere solidali con Israele e agire per i bisogni umanitari dei palestinesi”, ha affermato la presidente dell’esecutivo comunitario, che finalmente riconosce la necessità di vigilare affinché Tel Aviv agisca nei paletti del diritto internazionale umanitario.
“Stiamo spiegando alle autorità israeliane che fornire acqua a Gaza è essenziale. Questo è un diritto umano fondamentale”, ha dichiarato von der Leyen in conferenza stampa. “Quando tagli le infrastrutture di base, quando tagli l’accesso all’acqua, quando tagli l’elettricità, se non permetti le consegne di cibo: tutto questo non è in linea con il diritto internazionale“, ha sottolineato Michel. Ma proprio mentre i leader chiarivano la posizione dell’Ue sulla questione israelo-palestinese, la notizia disastrosa: un’esplosione all’ospedale battista Al-Ahli, nel centro di Gaza, ha ucciso centinaia di feriti inermi e di sfollati a cui stava dando rifugio. “Abbiamo ricevuto l’informazione quando eravamo riuniti con tutti i leader. Sembra che sia confermato. E un attacco contro una infrastruttura civile non è in linea con il diritto internazionale”, ha dichiarato a caldo Michel. Mentre von der Leyen ha preferito non commentare, perché ancora non c’erano le necessarie conferme.
Conferme che a poco a poco sono arrivate: almeno 500 morti, che vanno ad aggiungersi alle oltre 3 mila vittime palestinesi dall’inizio delle operazioni israeliane contro Hamas, lo scorso 7 ottobre. Di cui un terzo sono bambini e minori. Ma le conferme sono state accompagnate dalle accuse reciproche: le forze di difesa israeliane hanno “categoricamente” negato qualsiasi coinvolgimento nell’attacco all’ospedale, indicando invece il gruppo della Jihad islamica palestinese come responsabile di un lancio di razzi fallito. Mentre funzionari palestinesi hanno attribuito l’incidente mortale agli attacchi aerei israeliani in corso. Dagli Stati membri diversi commenti: Macron ha dichiarato, sposando la tesi dell’attacco deliberato, che “niente può giustificare il bombardamento a un ospedale, niente può giustificare prendere di mira i civili”, mentre la ministra spagnola Yolanda Diaz ha definito l’accaduto “un crimine di guerra”.
Che venga fatta luce o meno sulle responsabilità del raid sull’ospedale Al-Ahli, è ancora una volta più urgente che l’Europa sposi la causa della de-escalation, non quella del diritto incondizionato di Israele alla difesa. Anche perché, ha avvertito Michel, sul fronte della sicurezza interna “il conflitto sta generando molte divisioni e frammentazione nella società e per questo dobbiamo cooperare per ridurre la tensione, prevenire rischi per la sicurezza e rafforzare il coordinamento tra i nostri servizi dei sicurezza”, oltre a “garantire la lotta contro i discorsi d’odio, l’antisemitismo, l’islamofobia, il razzismo e tutte le forme di discriminazione”.
Fare di tutto per “evitare l’escalation a livello regionale”, è il messaggio che arriva dai leader. Michel ha invitato a un “maggiore impegno diplomatico e politico con Israele e i partner nella regione“, per permettere innanzitutto “l’evacuazione dei civili e l’accesso umanitario”. Ma poi per riportare nell’orizzonte politico una soluzione al conflitto basata sulla soluzione a due Stati, che dia finalmente una risposta alle aspirazioni del popolo palestinese.