Bruxelles – Dopo lo shock dello spoglio elettorale tra sabato e domenica (30 settembre – primo ottobre), per la Slovacchia inizia una settimana intensissima per capire la direzione del prossimo governo in carica. Perché se gli exit poll avevano indicato una netta vittoria per il Partito Progressista del vicepresidente del Parlamento Ue, Michal Šimečka, i risultati ufficiali hanno invece consegnato il primo posto all’ex-premier e leader della socialdemocrazia filo-russa di Smer, Robert Fico, che ha staccato i progressisti di 5 punti percentuali. Eppure il margine – e la prestazione degli alleati – non è così ampio per indicare chiaramente quale sarà la maggioranza di governo. Da oggi (2 ottobre) inizieranno le trattative tra i partiti e l’ago della bilancia – la socialdemocrazia europeista Hlas-Sd dell’ex-premier Peter Pellegrini – dovrà decidere da che parte stare.
Nonostante i sondaggi della vigilia indicassero un testa a testa tra Fico e Šimečka, il primo l’ha spuntata con il 22,95 per cento delle preferenze, mentre il secondo si è fermato al 17,96. Al terzo posto Hlas-Sd con il 14,70 per cento dei voti, e solo altri quattro partiti sono riusciti a superare la soglia di sbarramento al 5 per cento: i conservatori di OĽaNO (8,9), il Movimento Cristiano Democratico (6,82), i liberali di Libertà e Solidarietà (6,32) e la destra euroscettica filo-russa del Partito Nazionale Slovacco (5,63). Fuori dal Parlamento invece le due formazioni di estrema destra di Republika e del Partito Popolare Slovacchia Nostra. In qualità di vincitore delle elezioni, Fico riceverà dalla presidente della Slovacchia, Zuzana Čaputová, l’incarico di cercare una maggioranza al Consiglio nazionale che supporti il governo e, in caso di fallimento, il testimone passerà ai progressisti. Ecco perché, nonostante la vittoria alle urne, il destino della Slovacchia è tutto fuorché già scritto.
In assenza di coalizioni pre-elettorali, Fico dovrà necessariamente cercare il supporto di Pellegrini, vero ago della bilancia, e del Partito Nazionale Slovacco a lui più affine (per le istanze pro-Mosca e di critica dura contro Bruxelles), conquistando così una maggioranza di 79 seggi su 150 al Consiglio Nazionale. Per Pellegrini – che già si è detto ideologicamente più vicino a Smer rispetto al Partito Progressista – la vera linea rossa che non lo avrebbe fatto entrare in trattative con Fico era la presenza degli estremisti di Republika in una potenziale coalizione, ma ora bisognerà capire come si posizionerà di fronte allo scenario di un’alleanza che include altri nazionalisti di destra del calibro dell’Sns, partito che in passato si è distinto per aver sdoganato simboli nazisti. Non è detto però che il leader di Hlas-Sd non si lasci piuttosto convincere dai progressisti a creare una coalizione europeista e filo-Ucraina, con la promessa di diventare lui stesso il primo ministro della Slovacchia: in questo scenario si unirebbero i cristiano-democratici e i liberali di SaS/Saska, facendo raggiungere quota 82 deputati.
Il ritorno anticipato alle urne in Slovacchia è stato determinato dalle dimissioni del premier Eduard Heger dello scorso 7 maggio, a causa delle pressioni esercitate sull’esecutivo dal ritiro di due ministri del suo gabinetto. Dopo il passo indietro annunciato con un discorso televisivo, il vicegovernatore della banca centrale, Ľudovít Ódor, è stato nominato alla guida di un governo tecnico in vista dell’appuntamento elettorale del 30 settembre. Heger è rimasto in carica per due anni alla testa di una coalizione di conservatori e liberali, dopo le dimissioni nel 2018 dell’ex-premier Fico a seguito dell’omicidio del giornalista Ján Kuciak e della fidanzata Martina Kušnírová, che avevano denunciato legami tra la ‘ndrangheta e l’élite slovacca (tra cui esponenti di Smer). Fico ha ricoperto la carica di premier tra il 2006 e il 2010 e di nuovo tra il 2012 e il 2018.
La Slovacchia tra l’Ungheria e l’Ucraina
L’esito delle urne in Slovacchia ha però pesanti conseguenze anche per l’Unione Europea e per il supporto all’Ucraina. In palese rottura con la politica portata avanti da Heger dall’inizio dell’invasione russa (l’8 aprile 2022 aveva accompagnato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, nel suo primo viaggio in Ucraina), Fico ha puntato tutta la sua strategia in campagna elettorale su una retorica anti-ucraina e anti-sanzioni contro la Russia, accusando Bruxelles e gli alleati occidentali di aver “solo prolungato il conflitto” con il sostegno armato e di aver “danneggiato più l’Ue che la Russia” con la politica di misure restrittive contro Mosca. Fico ha anche utilizzato chiaramente una narrativa filo-putiniana, come dimostrato dalle dichiarazioni contro i “nazisti e fascisti ucraini” che hanno “provocato” l’autocrate russo a lanciare l’invasione un anno e mezzo fa. Per questo motivo, se Smer guiderà la coalizione di governo, Bratislava diventerà un nuovo ostacolo all’unità europea pro-Kiev. Per quanto riguarda invece la forza politica che sposterà gli equilibri in Slovacchia, i socialdemocratici di Hlas-Sd sono stati vaghi sulla questione Ucraina: Pellegrini ha affermato che il Paese “non ha più nulla da donare” a Kiev, ma allo stesso tempo non ha fatto passi indietro sul sostegno armato.
Oltre a Mosca, chi esulta apertamente per il risultato delle urne in Slovacchia è il premier ungherese, Viktor Orbán, che potrebbe conquistare uno stretto alleato nella sua politica di opposizione a Bruxelles (sull’Ucraina e non solo). “Indovina chi è tornato! Congratulazioni a Fico per la sua indiscutibile vittoria alle elezioni parlamentari slovacche, è sempre bello lavorare insieme a un patriota“, ha scritto in un post su X il leader ungherese, che ora attende solo gli sviluppi delle elezioni parlamentari in Polonia. Nello scenario in cui il partito di governo dal 2015 Diritto e Giustizia di Mateusz Morawiecki riuscirà a conquistare un nuovo mandato il prossimo 15 ottobre, Slovacchia, Ungheria e Polonia potrebbero imporre una linea durissima al Gruppo di Visegrád (alleanza che comprende anche la Repubblica Ceca) nel disturbare l’azione dell’Unione Europea in numerosi campi, tra cui lo Stato di diritto, la politica di transizione verde e le riforme interne all’Ue (tra cui un possibile abbandono graduale dell’unanimità in Consiglio).
Per tutte queste ragioni i socialdemocratici europei stanno vivendo un momento non particolarmente sereno a Bruxelles. Il partito Smer è associato al Partito del Socialismo Europeo (Pse) e lo stretto legame tra Fico e Orbán – oltre alla posizione sull’Ucraina – pone degli enormi interrogativi su questa appartenenza alla stessa famiglia del Partito Democratico italiano, del Partito Socialdemocratico tedesco o del Partito Socialista Operaio spagnolo. Il partito di Fico è stato già sospeso dal Pse per dieci mesi nel 2006, dopo la formazione della prima coalizione di governo con il Partito Nazionale Slovacco – scenario che si potrebbe ripresentare a breve – e ha rischiato la sospensione nel 2015 per la dura retorica anti-migrazione, ma non sono mai state prese misure drastiche come l’espulsione. Ma le elezioni del 30 settembre potrebbero rappresentare in questo senso una svolta. “Come ha detto ieri il presidente del Pse, Stefan Löfven, al giornale svedese dagensnyheter, se Fico scegliesse di governare con l’estrema destra e decidesse di dare seguito alle parole espresse in campagna elettorale di disimpegno nei confronti dell’Ucraina e dell’Alleanza Atlantica sarebbe inevitabile avviare la procedura per l’espulsione“, ha ribadito il capo-delegazione del Pd all’Eurocamera, Brando Benifei: “Non possiamo permetterci ‘doppi standard’ né tentennamenti”.