Bruxelles – 131 chilogrammi (kg) all’anno di spreco alimentare per ogni cittadino dell’Unione europea. La media, registrata da Eurostat sul 2021, corrisponde a un totale di 58,4 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari prodotto nei Ventisette e si riferisce a parti di cibo commestibili e non commestibili.
Di questi, 70 kg – vale a dire la fetta più grande – sono scarti domestici, pari al 54 per cento (pct) del totale. Il restante 46 per cento viene invece generato a monte della filiera alimentare: 21 pct dal gruppo produzione di prodotti alimentari e bevande (28 kg), 9 pct da ristoranti e servizi di ristorazione (12 kg), 9 pct dalla produzione primaria (11 kg) e il 7 pct deriva dal gruppo vendita al dettaglio (9 kg). L’Italia occupa il settimo posto nella classifica, con 140 kg totali di spreco pro capite annuale, mentre i primi tre posti spettano a Belgio (262 kg), Danimarca (230 kg) e Portogallo (181 kg). Lo studio, tuttavia, è incompleto, perché mancano i dati di alcuni Paesi (Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Spagna, Cipro, Malta e Romania).
Il dato dello spreco alimentare pro capite, rimasto stabile rispetto all’anno precedente, ha delle pesanti conseguenze anche sull’economia dell’Unione, poiché rappresenta una perdita stimata di 132 miliardi di euro. Secondo i calcoli della Commissione europea viene sprecato circa il 10 pct di tutto il cibo fornito alla vendita al dettaglio, ai ristoranti, ai servizi di ristorazione e alle famiglie. Allo stesso tempo, circa 32,6 milioni di persone non possono permettersi un pasto di qualità ogni due giorni (che includa carne, pollo, pesce o un equivalente vegetariano). “In questi anni sono stati fatti enormi passi avanti da parte di tutta la filiera contro lo spreco, ma il rispetto del cibo, della sua produzione e conservazione resta una priorità specialmente in momenti come questi dove il food social gap, quella frattura tra chi potrà continuare a permettersi cibo di alto valore, anche nutrizionale, e chi dovrà rivedere al ribasso il proprio carrello della spesa, incide profondamente sulle famiglie italiane e crea profonde crepe sociali”, ha dichiarato Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia. Lo spreco alimentare ha poi un enorme impatto ambientale, rappresentando 252 milioni di tonnellate di Co2, ovvero circa il 16 pct delle emissioni totali di gas serra del sistema alimentare dell’Ue.
Per contrastare questo fenomeno, la Commissione propone che, entro il 2030, gli Stati membri riducano gli sprechi alimentari del 10 pct nella lavorazione e nella produzione e del 30 pct pro capite congiuntamente al dettaglio e al consumo (ristoranti, servizi di ristorazione e famiglie). La proposta dell’esecutivo comunitario dovrebbe servire a raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile per dimezzare lo spreco alimentare pro capite a livello di vendita al dettaglio e di consumatore entro il prossimo decennio e ridurre le perdite alimentari lungo la catena di produzione alimentare e di approvvigionamento. Entro la fine del 2027 ci sarà una revisione formale dei progressi compiuti dagli Stati membri e la possibilità di correggere la rotta, se le prove suggeriranno che l’Ue potrà contribuire ancora di più al raggiungimento del proposito globale.