Bruxelles – I giganti della comunicazione digitale devono “prendersi seriamente le loro responsabilità”. Un messaggio che vale per tutti, ma che è indirizzato in primo luogo a Elon Musk. La commissaria per i Valori e la trasparenza, Věra Jourová, ha ammonito senza giri di parole l’imprenditore sudafricano, che ha deciso di disimpegnare Twitter, ora X, dal Codice Ue di pratiche contro la disinformazione: “Abbandonando il Codice il signor Musk non è fuori dai guai“, ha dichiarato oggi (26 settembre) Jourová, presentando il secondo rapporto sull’implementazione delle buone pratiche online.
Al codice Ue aderiscono 44 firmatari, tra cui Google, Meta, Microsoft, TikTok, che hanno presentato i progressi fatti negli ultimi sei mesi nella lotta alla disinformazione. Anche se fuori dalla lista, Il rapporto ha preso di mira anche X, “la piattaforma con il maggior numero di post con informazione scorretta o disinformazione”. Con annessa una tendenza inquietante, ovvero che “gli attori della disinformazione hanno significativamente più follower rispetto a quanto tendano ad avere le loro controparti di non disinformazione”. Il messaggio di Jourová a Musk “non è nuovo”: serve a poco non uniformarsi al codice, perché “ci sono obblighi dati dalla legge”. Dal 25 agosto è entrato in vigore infatti il Digital Services Act, la nuova normativa europea sui servizi digitali, che ha messo all’opera “un’unità molto ben attrezzata che monitora e supervisiona ciò che stanno facendo le piattaforme”.
La lotta alla disinformazione russa in vista delle elezioni europee
A tutti gli altri attori, la commissaria chiede di “essere consapevoli del contesto”, segnato dalla guerra della Russia in Ucraina e dall’avvicinarsi del prossimo appuntamento elettorale europeo. Due fattori che significano “rischio di disinformazione molto serio“. Per inquadrarne le dimensioni, l’esecutivo comunitario ha incaricato le piattaforme digitali di monitorare nello specifico la disinformazione riguardo la guerra in Ucraina: nel rapporto, Google ha dichiarato di aver chiuso oltre 400 canali Youtube “coinvolti in operazioni di influenza coordinate e collegate alla Internet Research Agency (Glavset), sponsorizzata dallo Stato russo”, e ha rimosso gli annunci da quasi 300 siti “collegati a siti di propaganda” finanziati dal Cremlino. In soli quattro mesi. Tiktok, che ha ampliato l’attività di fact-checking attraverso una nuova partnership con Reuters coprendo ora 17 lingue europee oltre al russo, l’ucraino e il bielorusso, ha sottoposto a verifica 832 video relativi alla guerra, rimuovendone 211.
“Lo Stato russo si è impegnato in una guerra per inquinare il nostro spazio di informazione, oggi è un’arma di manipolazione di massa da molti milioni di euro rivolta sia internamente ai cittadini russi sia agli europei e al resto del mondo”, ha avvertito Jourová. E i primi test per verificare il grado di protezione dei Paesi Ue sono dietro l’angolo: le elezioni in Slovacchia il 30 settembre e in Polonia il 15 ottobre. Soprattutto in Slovacchia, più permeabile alla propaganda russa, la Commissione europea e le grandi piattaforme si sono attivate per vigilare lo spazio di informazione digitale, in una sorta di prova generale in scala ridotta di quello che potrebbe accadere con le elezioni europee del 6-9 giugno 2024. Dove – ne è convinta la commissaria – “dobbiamo aspettarci che il Cremlino e altri saranno molto attivi”.
“L’incubo” del mix intelligenza artificiale e disinformazione
Tra i temi rimossi dalle piattaforme firmatarie del codice Ue non c’è solo la narrativa russa sulla guerra in Ucraina: frequenti le narrative distorte “sui migranti, sul Green Deal europeo e sulle minoranze di ogni tipo, in particolare la comunità Lgbtq+”. Un’altra missione che i giganti dei social media stanno portando avanti, in linea con le indicazione di Bruxelles, è la questione dei rischi legati all’intelligenza artificiale. La maggiori piattaforme – ha sottolineato la commissaria Ue- “hanno iniziato a mettere in campo avvisi per informare gli utenti dell’origine sintetica dei contenuti postati“: uno sforzo che deve “continuare e intensificarsi”, anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Perché intelligenza artificiale e disinformazione sono un mix esplosivo, “un incubo” se gli elettori non ne sono consapevoli. Ecco perché Jourová si è augurata che anche la società OpenAi si unisca al più presto ai 44 firmatari del codice europeo contro la disinformazione.