Bruxelles – Per la sovranità digitale dell’Unione Europea la giornata di oggi (21 settembre) è uno di quei momenti che passerà nella storia. L’European Chips Act – la legislazione comunitaria sui microchip – è entrato ufficialmente in vigore, dopo due mesi dal via libera definitivo dei co-legislatori. A partire da questo momento potranno essere messe in atto dalle istituzioni Ue e dai Ventisette tutte le azioni previste da Bruxelles per raggiungere uno degli obiettivi più ambiziosi: raddoppiare la quota di mercato globale dell’Ue nel settore dei semiconduttori entro il 2030, dal 10 ad almeno il 20 per cento. Che equivale a quadruplicare la produzione dei microchip, considerato il fatto che il settore è destinato a raddoppiare esso stesso nel prossimo decennio.
Al centro di una delle legislazioni industriali più delicate degli ultimi anni ci sono i microchip, piccoli dispositivi composti da semiconduttori (materiali in grado di consentire o bloccare il passaggio di elettricità), che possono memorizzare grandi quantità di informazioni. Si tratta di componenti essenziali per un’ampia gamma di prodotti: carte di credito, automobili, smartphone, sistemi di intelligenza artificiale, reti 5G e Internet of things. La crisi dei semiconduttori che ha colpito il continente ha dimostrato il rapporto sbilanciato tra l’importanza dei semiconduttori per l’industria europea e il bisogno quasi vitale di importare microchip dall’estero, in particolare dall’Asia. L’European Chips Act mette in atto “una serie completa di misure per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, la resilienza e la leadership tecnologica dell’Ue nelle tecnologie e nelle applicazioni dei semiconduttori”, ricorda in una nota la Commissione Europea. Ma è l’architettura finanziaria a dimostrare che l’Unione fa sul serio: l’European Chips Act mobiliterà 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati, di cui 3,3 miliardi dal bilancio dell’Ue, concentrandosi su tre pilastri fondamentali.
Il primo pilastro è Chips for Europe, l’iniziativa che mette in comune le risorse dell’Unione, degli Stati membri, del settore privato e dei Paesi terzi associati ai programmi esistenti Ue per sostenere lo sviluppo di capacità tecnologiche e le relative attività di ricerca e innovazione. Su questo punto sarà creato un nuovo obiettivo per i semiconduttori nell’ambito del Programma Europa Digitale (da 3,3 miliardi di euro, appunto, nei limiti dell’accordo sul Quadro finanziario pluriennale, aggiungendosi alle risorse già stanziate anche dallo Strumento per la ripresa e la resilienza), anche attraverso il Fondo Chip per facilitare l’accesso al finanziamento del debito e al capitale. Il coordinamento arriverà dal partenariato pubblico-privato Chips Joint Undertaking – il cui Regolamento è entrato in vigore oggi – che sarà responsabile della selezione dei centri di eccellenza nell’ambito del suo programma di lavoro e dal Consiglio europeo dei semiconduttori per il coordinamento tra Commissione, Stati membri e parti interessate.
Il secondo pilastro è il nuovo quadro per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la resilienza, attirando maggiori investimenti. Tra i cosiddetti impianti ‘primi nel loro genere’ sono inclusi quelli che producono apparecchiature utilizzate nella produzione di semiconduttori, potendo così beneficiare di procedure accelerate per la concessione dei permessi: potranno ottenere lo status di ‘impianto di produzione integrato’ (Ipf) o ‘fonderia aperta dell’Ue’ (Oef), perché siano stabiliti e operativi all’interno dell’Unione. A questo si aggiunge il fatto che i centri di progettazione che migliorano “in modo significativo” le capacità dell’Unione nella progettazione di microchip innovativi possono ricevere il marchio europeo di centro di progettazione di eccellenza, con misure di sostegno dai Paesi membri. Il terzo pilastro è invece il meccanismo per monitorare la catena di fornitura dei semiconduttori e coordinare le azioni in situazioni di crisi, attraverso cui gli indicatori di allerta precoce negli Stati membri saranno utilizzati per attivare un allarme di carenza a livello europeo. La Commissione potrà così attuare misure di emergenza, come dare priorità alla fornitura di prodotti particolarmente colpiti da una carenza o effettuare acquisti comuni per gli Stati membri.
Gli investimenti in Europa con il Chips Act
Come reso noto dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, “da quando abbiamo proposto l’European Chips Act nel febbraio dell’anno scorso, sono stati annunciati più di 90 miliardi di euro in investimenti industriali in Europa“. È soprattutto la cosiddetta ‘Silicon Saxony’ a essere sempre più il centro della futura sovranità tecnologica europea, tanto che il colosso taiwanese Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) ha deciso di stanziare 3,5 miliardi di euro sulla costruzione di una fabbrica per la produzione di microchip a Dresda, coinvolgendo nell’operazione anche due aziende tedesche – Bosch e Infineon Technologies Ag – e l’olandese Nxp Semiconductors (con gli investimenti oltre la soglia dei 10 miliardi di euro). Sempre in Sassonia sarà costruito un nuovo stabilimento di semiconduttori di Infineon Technologies Ag (a Dresda), mentre Intel ne sta costruendo due (a Magdeburgo) dopo la firma della lettera d’intenti sull’aumento degli investimenti a 30 miliardi di euro in cambio di maggiori aiuti di Stato.
Fuori dalla Germania, saranno stanziati 12 miliardi di euro in Polonia, presso Breslavia, per impianti di confezionamento e test dei microchip (di cui 4,2 da Intel) e altri grossi investimenti sono stati annunciati a Catania e Grenoble (Francia) per le attività di ricerca e sviluppo e di pre-industrializzazione grazie a un prestito da 600 milioni di euro all’azienda STMicroelectronics. Tutto tace invece sul fronte italiano di Intel: nell’autunno dello scorso anno sembrava cosa fatta l’investimento storico da 4,5 miliardi di euro, con la scelta che sembrava ricaduta su Vigasio (Verona), ben collegato per il trasporto delle merci in arrivo da Magdeburgo su ruota e ferrovia, trovandosi in posizione geografica strategica lungo l’asse del Brennero che collega l’Italia alla Germania. Ma da allora tutto si è fermato, anche se Eunews fonti del Ministero delle imprese e del made in Italy fanno sapere che con Intel “proseguono le interlocuzioni per una presenza dell’azienda in Italia“.
A questo si aggiunge un’iniziativa che ha visto la luce lo scorso 7 settembre a Bruxelles: l’Alleanza delle regioni europee sui semiconduttori. Nata in collaborazione tra il Comitato europeo delle regioni (CdR) e la Sassonia e composta al momento di 27 regioni di 12 Stati (tra cui il Piemonte per l’Italia), si tratta di un progetto trans-frontaliero disegnato sugli obiettivi paralleli di sfruttare al meglio le potenzialità del Chips Act e di attrarre investimenti pubblici e privati nelle regioni più attive in questa produzione, lungo tutta la catena di valore. In altre parole l’Alleanza fornirà una piattaforma di dialogo con la Commissione Ue nell’attuazione dell’European Chip Act. “Più regioni che hanno specificità si mettono insieme ciascuno con la propria, e i fondi europei che attiriamo con il Chips Act possono coprire una parte degli investimenti in produzione, ricerca, innovazione o espansione di imprese”, aveva spiegato a Eunews l’assessore a Bilancio, finanze e programmazione economico-finanziaria della Regione Piemonte, Andrea Tronzano.