“I commissari europei, pur rappresentando le nazioni, quando svolgono il loro incarico rappresentano l’Ue. Poi è vero che da quando ogni nazione ha un commissario accade che abbia un occhio di riguardo. Penso che sia normale e giusto e sarei contenta se accadesse di più per l’Italia”. Lo ha detto ieri Giorgia Meloni a proposito dell’operato di Paolo Gentiloni, commissario europeo agli Affari economici. Evidentemente la presidente del Consiglio non ha voluto raccogliere il nostro invito alla responsabilità a proposito della riforma del Patto di Stabilità Ue.
Non è sola nella maggioranza, i vice premier Tajani e Salvini (quest’ultimo in particolare) sono andati giù molto più pesanti su questa questione degli interessi nazionali che debbono essere tutelati dai commissari europei.
La questione è grave di per sé e diventa ancora più grave quando evidentemente non si considera che proprio Gentiloni è l’artefice principale della proposta di riforma del Patto, che lo rende il più flessibile possibile, proprio nel senso desiderato da governi come quello italiano, sfruttando ogni possibile spiraglio delle norme europee, e facendo arrabbiare i governi più rigoristi.
E’ grave proprio se Meloni vuole assumere una dimensione di statista vera. Qui sotto riportiamo il testo del giuramento dei commissari, che in maniera esplicita li impegna a non farsi “influenzare” dagli stati membri, così come prevede il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tra l’altro il giuramento, siccome il tema è delicato e va chiarito bene il concetto, impegna “a non chiedere né accettare istruzioni da alcun Governo”. Anche i ministri italiani giurano “nell’interesse esclusivo della Nazione”.
La maggiore gravità è data dal fatto che, oltre a tentare di forzare le regole dell’Unione, l’esplicita richiesta di ‘un aiutino’ dimostra che l’Italia resta attaccata alla sua tradizione di familismo amorale, che non riesce proprio a fare quel salto in vanti che la porti verso quella “credibilità”, quella affidabilità che tanto Mario Draghi invocava lasciando il suo mandato a Palazzo Chigi.
Nell’Unione europea ognuno, naturalmente, difende le sue ragioni, ma l’unico modo per vederne realizzate almeno alcune è il negoziato con gli altri partner, nel quale si concede qualcosa e si ottiene qualcos’altro. Tentare la strada dell’amico che ti da una mano non è il tentativo giusto, fa crollare la credibilità e consegna nell’angolo degli inaffidabili, di quelli che non sono in grado di prendersi un impegno e rispettarlo.
Immaginiamo cosa sarebbe l’Unione se ogni governo invocasse coram populo i favori del ‘suo’ commissario, immaginiamo cosa potrebbe dire un qualsiasi altro governo se il Cancelliere tedesco chiedesse attraverso la stampa un aiuto per il settore delle auto alla presidente von der Leyen, o i francesi un sostegno al nucleare a Breton…
Sarebbe una guerra giorno dopo giorno, e l’Unione finirebbe in un battibaleno.
Meglio è fare la propria parte, avanzare le proprie richieste, prendere i propri impegni e rispettarli. Così di erige la statura di un Paese membro, così si conta nell’Unione europea. E, più in generale, nel quadro internazionale.
Oppure Meloni diventi più esplicita, perché lei queste cose le sa bene, e dica che non crede nelle strutture sovranazionali e che invece predilige le organizzazioni intergovernative, nelle quali ognuno difende il suo senza spirito di solidarietà e condivisione, e proponga la sua riforma (che sarebbe rivoluzionaria) dell’Unione europea.
Il testo del giuramento dei Commissari davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea:
“Essendo stato nominato membro della Commissione europea dal Consiglio europeo, in seguito al voto di approvazione del Parlamento europeo, mi impegno solennemente a rispettare i trattati e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nell’adempimento di tutti i miei doveri; essere completamente indipendente nello svolgimento delle mie responsabilità, nell’interesse generale dell’Ue; nello svolgimento delle mie mansioni, non chiedere né accettare istruzioni da alcun Governo o da qualsiasi altra istituzione, organo, ufficio o entità; astenermi da qualsiasi azione incompatibile con i miei doveri o con lo svolgimento dei miei compiti.
Prendo formalmente atto dell’obbligo previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in virtù del quale ogni Stato membro è tenuto a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri della Commissione nell’esercizio delle loro funzioni.
Mi impegno inoltre a rispettare, sia durante che dopo il mio mandato, gli obblighi derivanti e, in particolare, il dovere di comportarmi con integrità e discrezione nei confronti dell’accettazione, dopo la cessazione del mio incarico, di determinati incarichi o benefici”.