Bruxelles – Arriva una netta indicazione da alcune delle più importanti aziende del settore energetico, tecnologico e dei trasporti a sostegno del piano Ue per l’industria verde, per chiudere il lavoro previsto per questa legislatura e per indirizzare quello della prossima sulle stesse basi. “Il Green Deal europeo ha impresso una forte accelerazione alla politica verde dell’Ue, ma il lavoro non è finito“, è l’avviso degli amministratori delegati di 12 aziende riuniti nella Ceo Alliance, contenuto in una lettera sulla raccomandazioni sulla politica dell’industria verde dell’Unione.
I cinque punti del documento di posizione della Ceo Alliance – di cui fanno parte anche gli amministratori delegati di Enel, Flavio Cattaneo, e di UniCredit, Andrea Orcel – parte dalla valutazione positiva del Net-Zero Industry Act, la proposta presentata il 16 marzo scorso per creare mercati europei competitivi sulle tecnologie necessarie per la transizione a zero emissioni. “Tuttavia, non è una panacea per tutte le sfide che l’industria europea deve affrontare“, si legge nel policy paper. È per questo motivo che i 12 Ceo hanno presentato le proprie raccomandazioni sulla politica industriale del Green Deal.
In primis la necessità di “continuare a sviluppare lo slancio per la decarbonizzazione”, a partire dall’adozione “dell’intero pacchetto Fit for 55”, che includa la direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia e sulle energie rinnovabili: “Mentre ci avviciniamo alla fine dell’attuale ciclo legislativo dell’Ue e alla definizione delle nuove priorità politiche per il prossimo mandato, è più importante che mai che i responsabili politici europei tengano gli occhi puntati sull’obiettivo”. Obiettivo che è proprio “continuare a percorrere il cammino verso un sistema energetico privo di fonti fossili e un robusto processo di elettrificazione basato sulle fonti rinnovabili”, mentre si deve “prestare molta attenzione agli effetti reali, alla coesione e alla prevedibilità delle politiche adottate nell’ambito del Green Deal”, con la possibilità di “rafforzare o ripensare ulteriormente la legislazione nel caso in cui alcune di queste politiche innovative non riescano a raggiungere pienamente gli obiettivi prefissati”.
Di fondamentale importanza è anche la mobilitazione del potenziale della digitalizzazione, definita “un fattore critico per la transizione verde e per una moderna politica industriale europea”, dai dispositivi connessi alle reti 5G. L’Europa al momento non sta facendo abbastanza – a fronte di partner e concorrenti globali come Stati Uniti, Giappone e Cina che “stanno investendo molto nelle soluzioni digitali” – e la richiesta per lo sviluppo di un’industria verde è quella di inserire nell’elenco delle tecnologie abilitanti coperte dalla tassonomia sulla mitigazione dei cambiamenti climatici “apparecchiature elettriche, infrastrutture dei centri dati, reti di comunicazione wireless e fibra a banda larga”. A proposito di digitale e snellimento del processo burocratico, la terza raccomandazione riguarda la semplificazione delle procedure di autorizzazione per una più ampia gamma di tecnologie verdi: “Processi lunghi e complicati ritardano o addirittura mettono a rischio la diffusione delle infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici a batteria, la costruzione di impianti per la produzione di batterie, la diffusione di infrastrutture digitali e la rapida espansione delle reti elettriche”. Un passo “nella giusta direzione” sarebbero scadenze “chiare, fisse e ambiziose” per la concessione dei permessi a livello europeo.
La Ceo Alliance pone poi l’accento sulla necessità di colmare il gap di investimenti per trasformare l’economia europea e spingere l’industria verde. Oltre a sovvenzioni dirette, crediti d’imposta, prestiti e garanzie finanziarie, le autorità pubbliche “dovrebbero sforzarsi di utilizzare il loro potere d’acquisto” per spingere il processo industriale del Green Deal “attraverso i processi di appalto pubblico”. Le banche devono “essere messe in condizione di finanziare non solo le attività che soddisfano tutti i criteri della tassonomia, ma anche le industrie ad alta intensità di carbonio con piani credibili e ambiziosi di decarbonizzazione“. Per raggiungere l’obiettivo di riduzione del 55 per cento di emissioni al 2030 sono necessari investimenti annuali aggiuntivi “pari a 360 miliardi di euro in media all’anno” e qui si dovrebbe inserire il lavoro in corso sulla riforma del Patto di stabilità. L’ultima raccomandazione è proprio sulla riduzione delle emissioni delle piccole e medie imprese. Perché se in molti casi “la transizione verso le nuove tecnologie, incentivata da varie politiche nell’ambito del Green Deal europeo, è redditizia nel lungo periodo”, è altrettanto vero che “i costi iniziali possono essere troppo elevati per molte Pmi“. E per questo motivo la Commissione Ue e gli Stati membri sono invitati a “studiare come aiutarle ulteriormente”, si chiude la lettera dei 12 amministratori delegati.